ONU, giornata mondiale contro l’Aids

Ancora troppe disuguaglianze

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  Lorena Radici
  08 December 2021
  4 minutes, 15 seconds

Il primo dicembre è stata celebrata la giornata mondiale contro l'AIDS, una ricorrenza istituita nel 1988 che ha segnato un cambiamento decisivo per la prevenzione dell’HIV e per la promozione di una corretta informazione sulla malattia.

Dell’AIDS si iniziò a parlare nel 1981, esattamente quarant’anni fa, quando i Centers for Disease Control and Prevention segnalarono un inspiegabile aumento di polmoniti in pazienti giovani. Il virus venne poi isolato tre anni dopo da Robert Gallo; in meno di sei anni si arrivò al primo farmaco antivirale per controllare l’infezione.

Oggi sono tanti i traguardi raggiunti nelle cure, ma restano ancora molti problemi nella gestione della malattia. Nella giornata mondiale di quest’anno, in particolare, si è celebrata la necessità di raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, il primo dei quali è sconfiggere l’epidemia entro il 2030.

Il direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per l’Europa, Hans Kluge, ha affermato che “da quando il virus HIV è stato identificato per la prima volta nel 1984, ha causato più di 35 milioni di morti, rendendola una delle pandemie più distruttive della storia […] mentre l’attenzione del mondo è concentrata su Covid-19, non possiamo dimenticare quest’altro virus mortale che ha devastato vite e comunità per quasi 40 anni”.

Secondo i dati dell’UNAIDS (Programma delle Nazioni Unite per l’HIV/AIDS), 38 milioni di persone convivono con la malattia, di cui 36,2 milioni sono adulti e 1,8 milioni sono bambini con meno di 15 anni. Il 60% delle nuove infezioni si verifica in Africa, dove il peso dell’Aids continua a gravare in modo rilevante sulle fasce d’età più giovani. Negli ultimi anni, sono stati registrati importanti progressi nel contrasto alla malattia non solo nei Paesi più ricchi, ma anche in quelli a basso e medio reddito, passando da 2,8 milioni di nuovi infetti nel 1988 a 1,7 milioni nel 2019. Inoltre, a fine 2020 erano 27,5 milioni le persone con HIV che avevano accesso alle terapie antivirali; nel 2010 erano solo 7,8 milioni.

Le disuguaglianze sono ancora troppe

Stop alle disuguaglianze. Stop all’Aids”, è questo lo slogan che l’OMS ha scelto per l’edizione della giornata mondiale contro l’AIDS di quest’anno. Slogan non scelto a caso, in quanto la pandemia da Covid-19 ha reso ancora più difficile l’accesso ai servizi per la prevenzione e la cura della malattia, soprattutto nelle zone colpite più duramente. Ma anche perché, proprio in queste zone, i vaccini contro il Covid-19 stentano a raggiungere i malati di AIDS, che hanno difese immunitarie molto basse e sono quindi più vulnerabili. I progressi nella lotta contro l’HIV sembrano messi a rischio dalla pandemia anche in Italia dove, secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), le diagnosi si sono ridotte del 47% nel 2020 rispetto al 2019.

Le disuguaglianze non sono solo geografiche; sono i giovani coloro che accedono con più difficoltà alle terapie antivirali. Inoltre, l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), in occasione della giornata mondiale, ha rilevato che “miti e idee sbagliate” sull’HIV e l’AIDS continuano ad alimentare la discriminazione sul posto di lavoro. L’organismo ha citato un sondaggio effettuato su 55.000 persone in 50 Paesi, i cui risultati mostrano che solo una donna su due sapeva che l’HIV non può essere trasmesso condividendo un bagno. L’ILO sottolinea che gli atteggiamenti discriminatori sono alimentati da una mancanza di conoscenza sulle modalità di trasmissione dell’HIV.

L’indagine dell’organizzazione ha rilevato poi che la disponibilità più bassa per lavorare direttamente con le persone con HIV è stata riscontrata in Asia e nel Pacifico, seguita dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Le regioni con gli atteggiamenti più positivi, invece, sono state l’Africa orientale e meridionale, dove quasi il 90% degli intervistati ha dichiarato che si sentirebbe a proprio agio a lavorare direttamente con le persone con HIV. I livelli di istruzione superiore sono stati associati ad atteggiamenti positivi nei confronti del lavoro con persone affette da HIV.

Chidi King, capo del settore Genere, uguaglianza, diversità e inclusione dell’ILO, ha dichiarato: “È scioccante che, a 40 anni dall’inizio dell’epidemia di HIV e AIDS, miti e idee sbagliate siano ancora così diffusi. La mancanza di conoscenze di base su come viene trasmesso il virus sta alimentando discriminazioni […] Il posto di lavoro ha un ruolo chiave in questa educazione. I lavoratori e i datori di lavoro hanno certamente un ruolo da svolgere. Il dialogo sociale è un meccanismo chiave attraverso il quale possono elaborare politiche, materiali e prodotti al fine di aumentare la consapevolezza, garantendo che le politiche di reclutamento non discriminino le persone con HIV/AIDS. Anche i governi hanno un ruolo da svolgere in termini di impegno più ampio”.

Dal rapporto dell'ILO, quindi, emerge come superare la discriminazione sia fondamentale per cercare di porre fine all’AIDS, in particolare durante la pandemia da Covid-19.

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L'Autore

Lorena Radici

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AIDS