Non c'è pace per i curdi in Siria

Dall'annuncio di Trump di ritirare le truppe dalla Siria, alla fine del 2019, i curdi sono spariti dalla stampa internazionale

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  Redazione
  24 April 2021
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Dopo aver catturato l'attenzione della stampa internazionale e dell’opinione pubblica di tutto il mondo (specialmente negli ambienti della sinistra), i curdi del Rojava – la zona che corrisponde al Nord-Est della Siria – sembrano essere scomparsi da ogni radar. L’ultima volta in cui se ne è parlato in maniera estesa è stato nell’ottobre del 2019. L’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, annunciò il ritiro definitivo delle truppe americane dalla regione in cui i curdi conquistarono l’indipendenza, mai riconosciuta, nel lontano 2012.

Dal 2015, con la formazione delle Forze Democratiche Siriane – un collettivo laico, multietnico e multireligioso, di varie milizie moderate e progressiste – i curdi hanno potuto beneficiare di un miglioramento significativo nei rapporti con gli Stati Uniti. La presidenza Obama trovò la scusa perfetta per poterli sostenere sul territorio (in modo da sottrarli dalla sfera di influenza russa) senza risultare esplicitamente ostile con gli alleati nella zona, in particolar modo con la Turchia. In passato, infatti, l’affiliazione dei curdi siriani con i membri del PKK turco (partito marxista più volte in guerra col governo di Ankara) aveva impedito agli Stati Uniti di prendere le parti dei miliziani del Rojava, i quali continuamente rischiavano di essere decimati dalle truppe governative di Assad, dai gruppi jihadisti, nonché dal potente esercito di Erdogan. La protezione garantita dall’esercito americano è stata di vitale importanza per la minoranza siriana nordorientale, in un periodo in cui la Turchia aveva intensificato notevolmente le proprie offensive militari al fine di garantirsi un ruolo da protagonista nella futura ricostruzione del Paese, possibile solo una volta deposte le armi. La decisione di Trump, giustificata dalla necessità di mantenere la promessa fatta in campagna elettorale di riportare a casa i soldati americani, e dall’idea che non fosse più necessario combattere data l’apparente scomparsa dell’ISIS dagli scenari bellici, fu un trauma per l’amministrazione del Rojava.

Da allora, la situazione per i curdi è precipitata nuovamente. Dopo l’annuncio di Trump, furono costretti a concedere un accordo ad Assad con il patrocinio di Putin (alleato del presidente siriano). Le truppe di Damasco si fusero con le Forze Democratiche Siriane, prendendo di fatto possesso della sicurezza nella regione del Rojava. Il rischio, chiaramente, è quello di vedersi strappare la tanto agognata indipendenza, con l’apparato di potere di Assad pronto a fare ciò che vuole, persino a porre i curdi "alla mercé" della Turchia, nel caso in cui i rapporti tra i due Paesi dovessero migliorare. Inoltre, i rapporti dei curdi siriani con i loro vicini del Governo Regionale del Kurdistan Iracheno non sono mai stati rosei, principalmente per ragioni ideologiche. Infine, è vero che l’ISIS è stato formalmente battuto sul campo, ma la sua influenza e la sua pericolosità non sono state intaccate. Anzi, in un periodo di crisi come quello contemporaneo, l’odio che fomenta le cause jihadiste può solo fiorire.

Per tutto il 2020, il governo siriano ha limitato l’accesso umanitario internazionale alle aree controllate dalle varie opposizioni, sintomo di uno sforzo per riprendere il controllo dell’intero Paese. Grazie alla collaborazione di Mosca e Pechino, il regime Baathista è stato in grado di sfruttare l’esplosione del Covid-19 per giustificare l’eliminazione di ogni accesso al nord della Siria, impedendo a chiunque di varcarne i confini. Il valico di frontiera per motivi umanitari fu istituito dalle Nazioni Unite nel 2014, con le risoluzioni di sicurezza 2139 e 2165. Il blocco di Damasco ha escluso le operazioni in Siria sia per le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite che per altre ONG che si occupano di diritti umani. Assad si è servito della pandemia da coronavirus per eseguire le centralizzazioni delle operazioni di controllo territoriale da parte del governo. Ad esempio, proibendo alle ONG siriane di lavorare con le Forze Democratiche, di fatto costringendole ad operare unicamente al di fuori della regione del Rojava.

L’annuncio del ritiro delle truppe statunitensi si è rivelato ben presto impraticabile. Le tensioni non sono affatto diminuite. Dal settembre del 2020, a seguito di una collisione di veicoli militari americani e russi che hanno riacceso le diatribe col Cremlino, gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro presenza militare in Siria per non lasciarla nelle mani già influenti di Putin. Per di più, Erdogan continua a minacciare la vita di tutti i presenti nelle regioni autonome curde, alla ricerca di un’egemonia regionale che miri a spodestare l’Iran. Il 3 febbraio scorso, la Turchia, in concordanza con le milizie dell'Esercito Libero Siriano, ha arrestato e trasferito illegalmente almeno 63 cittadini siriani dal nord-est della Siria alla Turchia per essere processati con gravi accuse che potrebbero condurre all’ergastolo. Human Rights Watch ha riportato che l’arresto e lo spostamento dei detenuti costituiscono una violazione degli obblighi della Turchia nei confronti della Quarta Convenzione di Ginevra in qualità di potenza occupante, che ne impediva di fatto decisioni arbitrarie che avrebbero minato i diritti fondamentali della popolazione locale.

C’è, inoltre, la volontà di assicurarsi che l’ISIS e altri gruppi jihadisti non riescano a riconquistare alcun territorio. Lo dimostrano i bombardamenti operati dall’amministrazione Biden lo scorso 25 febbraio su dei siti occupati da milizie filoiraniane, atti a contrastare un attacco contro Erbil, capitale del governo curdo in Iraq. La paura di un ritorno di fiamma da parte dell’ISIS è concreta, soprattutto se si considera che nel Nord-Est siriano - nelle aree a conduzione curda - si concentrano gran parte dei prigionieri (o sospetti tali) legati a Daesh. Quanto a lungo ancora i curdi saranno in grado di gestire questa delicata situazione è impossibile sostenerlo con certezza.

Il governo curdo del Rojava non gode di buona fama. Nonostante l’ottimo esperimento di organizzazione sociale messo in piedi (basato sull’egualitarismo e la coesistenza di diverse etnie), la comunità internazionale ha sempre faticato a riconoscerne la legittimità. Questo per via delle passate vicinanze con il già citato PKK, ma anche perché il partito che governa la zona, il Partito d’Unione Democratica (PYD), si è spesso distinto per una gestione alquanto autoritaria del territorio, soprattutto per quanto riguarda gli arresti e la detenzione di presunti antagonisti. Questo non cancella però il fatto di essere di fronte ad un teatro di guerra decennale, dove nessuno si è mai mosso per tentare di aiutare i curdi, a meno che non vi fosse un evidente tornaconto su cui poter far leva. L’epidemia da coronavirus ha chiaramente peggiorato ogni condizione di vita del posto (già precaria). Attualmente, le autorità dell’Amministrazione Autonoma hanno dichiarato un coprifuoco di dieci giorni per contrastare l’impennata di contagi e la conseguente pressione sulla sanità locale.

A cura di Edoardo  Cappelli

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Fonti consultate per il presente articolo:

“Biden takes first military action with Syria strike on Iran-backed militias”, bbc.com, https://www.bbc.com/news/world... Humud, Christopher Blanchard, Armed Conflict in Syria: Overview and U.S. Response, Congressional Research Service Report, July 27th, 2020

Celia López, “The United States strengthens its presence in Syria after a confrontation with Russia”, Atalayar, September 19th, 2020, https://atalayar.com/en/conten... J. Trump, discorso alla sala Roosevelt, Firma accord commerciale Stati Uniti-Giappone, 7 ottobre 2019.

Human Rights Watch, Under Kurdish Rule: Abuses in PYD-run Enclaves of Syria, 19 giugno 2014, https://www.hrw.org/report/201... Aziemah Azman, “Islamic State’s Narrative of Resilience and Endurance”, in Counter Terrorist Trends and Analyses, Vol. 12, No. 1, January 2020

United Nations Council for Human Rights, Syria Refugee Crisis Explained, June 30th, 2020, https://www.un-refugees.org/ne... Todman, Cross-border Aid, Covid-19, and U.S. Decisions in Syria, Center for Strategic and International Studies (CSIS), maggio 2020.

https://www.ctvnews.ca/health/coronavirus/kurds-impose-10-day-curfew-in-northeast-syria-amid-coronavirus-wave-1.5385216

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