Lo smaltimento dei rifiuti sanitari

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  Lorena Radici
  26 November 2021
  4 minutes, 8 seconds

Tra i vari settori di produzione di rifiuti, quello delle strutture sanitarie si differenzia dagli altri in quanto necessita di una gestione specifica. In particolare, l’emergenza causata dalla diffusione della pandemia da Covid-19 ha comportato, nel settore dei rifiuti, numerose criticità relative alla garanzia della tutela della salute pubblica e della tutela dell’ambiente.

Che cosa si intende con l’espressione “rifiuti sanitari”?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce come “rifiuti sanitari” (RS) quelli prodotti da strutture che effettuano prestazioni sanitarie (ospedale, pronto soccorso, studio medico, laboratorio di ricerca, ecc.)

In Italia, la gestione dei rifiuti sanitari è regolata dal D.P.R. 15/07/2003, che definisce RS quei rifiuti che derivano da strutture pubbliche e private che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca. In sostanza, quindi, tutti i rifiuti prodotti da attività sanitarie, indipendentemente dalla natura degli stessi.

I rifiuti sanitari vengono distinti in:

  • non pericolosi (tra questi vengono compresi anche quelli assimilati agli urbani);
  • pericolosi non a rischio infettivo;
  • pericolosi a rischio infettivo, ovvero quei rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali è presente il rischio di trasmissione biologica aerea.

Il Regolamento disciplina anche i rifiuti da esumazioni e da altre attività cimiteriali. Inoltre, individua metodi di gestione diversi a seconda della tipologia di rifiuti. I rifiuti non pericolosi vengono smaltiti sulla falsa riga dei rifiuti urbani (si parla, per esempio, dei rifiuti dei pasti provenienti dalle strutture sanitarie, oppure delle lenzuola monouso che non provengono dalle stanze di pazienti affetti da malattie infettive). Al contrario, i rifiuti pericolosi a rischio infettivo devono essere smaltiti solo in impianti di incenerimento per rifiuti pericolosi, avendo cura di evitare la manipolazione diretta degli stessi durante le operazioni di caricamento dei rifiuti nel forno. Tuttavia, vi è anche la possibilità di smaltire i rifiuti a rischio infettivo allo stesso modo dei rifiuti non pericolosi, a patto che vengano prima sterilizzati in modo da abbattere la carica batterica.

L’impatto della pandemia sulla gestione dei rifiuti

Se precedentemente i reparti a rischio infettivo degli ospedali erano limitati, dall’inizio della pandemia sono aumentati sia i posti letto dedicati ai malati affetti da Covid-19, sia quelli in terapia intensiva, il che ha portato ad un forte incremento della quantità di prodotti da trattare con processi speciali. Secondo Valeria Frittelloni - Responsabile del Centro Nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale) - “facendo una stima a occhio sul numero dei posti letto, possiamo aspettarci almeno un raddoppio, soprattutto considerando che, per questioni precauzionali, il Ministero della Salute ha ora classificato tutti i rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie come a rischio infettivo. Si parla di una produzione che in condizioni ordinarie si aggira intorno alle 200mila tonnellate annue su tutto il territorio nazionale. Una dimensione abbastanza contenuta, se la si confronta con quella dei rifiuti speciali che arrivano a 150 milioni di tonnellate all’anno. Ma ci aspettiamo, quando arriveranno i dati, un aumento importante”.

Il problema maggiore, tuttavia, non riguarda i rifiuti proveniente dalle strutture sanitarie, ma la gestione di materiali altamente infettivi prodotti al di fuori del circuito sanitario. Sulla questione è intervenuto direttamente l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Sempre secondo Valeria Frittelloni, “per le utenze domestiche con un soggetto in quarantena o un malato Covid, l’ISS ha raccomandato di trattare i rifiuti alla pari di quelli provenienti dalle strutture sanitarie. Ha chiesto quindi di interrompere la raccolta differenziata per quelle utenze e ha raccomandato ai cittadini l’utilizzo del doppio o triplo sacchetto per la raccolta. Nello stesso tempo ha dato indicazioni circa la formazione degli operatori, che devono essere forniti di tutti i dispositivi di protezione individuale per proteggersi dal rischio contagio”. Tuttavia, non sempre gli operatori possono sapere chi è in quarantena e quali siano le utenze altamente infettive. Inoltre, ogni regione ha scelto metodi di gestione diversi. La Toscana, per esempio, ha previsto una raccolta dedicata con operatori specializzati per i soggetti in quarantena. La Liguria, invece, ha classificato tutti i rifiuti urbani come infettivi. La Lombardi, soprattutto nel primo periodo dell’emergenza sanitaria, ha interrotto la raccolta differenziata e i rifiuti sono stati inceneriti.

Un’altra questione importante riguarda l’elasticità del sistema di rifiuti. In fase emergenziale, infatti, la corretta gestione dei rifiuti è ancora più importante. Tuttavia, il sistema italiano è un sistema ancora molto rigido. “Abbiamo bisogno che il sistema diventi più elastico, così da poter rispondere in modo resiliente a qualsiasi crisi” - queste le parole usate da Valeria Frittelloni.

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Immagine: https://pixabay.com/it/photos/...

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Lorena Radici

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Ambiente e Sviluppo

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