L'ipotesi di un suffragio realmente universale

Il professore di scienze politiche all’Università di Cambridge David Runciman propone di abbassare l’età utile per il voto a sei anni, come possibile soluzione al pesante squilibrio generazionale che affligge le nostre democrazie, ancorando la politica al presente più immediato

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  Francesco Marchesetti
  24 November 2022
  3 minutes, 47 seconds

La proposta di Runciman

David Runciman, professore di scienze politiche all' Università di Cambridge ed ex direttore del Dipartimento di Studi Politici, in un episodio molto discusso del suo podcast Talking Politics, ha proposto di estendere il diritto di voto ai bambini di sei anni.

Runciman sostiene che l’eccessivo squilibrio generazionale della popolazione votante sia imputabile per gran parte alle politiche miopi riguardo agli scenari futuri (ad esempio quelle afferenti alla tematica ambientale) portate avanti dalle democrazie occidentali negli ultimi decenni.

Nell’episodio in questione (il numero 129: Democracy For Young People, che potete trovare nelle fonti dell’articolo) il professore affronta l’ipotesi ventilata in molti paesi (tra cui l’Italia) di estendere il diritto di voto ai sedicenni. A tal proposito, Runciman afferma:

“Abbasserei l’età utile per il voto a sei anni, non sedici. E sono serio a riguardo. Vorrei che le persone che votano siano in grado di leggere, quindi escluderei [i bambini] in età prescolare.”

Riguardo invece alle possibili conseguenze, Runciman domanda:

“Qual è lo scenario peggiore che si potrebbe prospettare? Almeno sarebbe tutto più stimolante, e renderebbe le elezioni più interessanti. Non succederà mai, neanche in un milione di anni, ma come strumento per fotografare quanto strutturalmente squilibrate siano diventate le nostre democrazie, seriamente, perché no? Perché non i bambini di sei anni?”

Le origini del problema

Il problema da cui muove la proposta di Runciman è appunto il grande squilibrio generazionale che caratterizza tutte le democrazie moderne.

Il miglioramento delle condizioni di vita dei paesi occidentali nella seconda metà XX secolo (dal punto di vista economico, sanitario e militare, dato che la maggior parte degli stati in questione ha attraversato un lungo e inedito periodo di pace, dal secondo dopoguerra a oggi ha portato ad una crescita dell’aspettativa di vita.

Una conseguenza collaterale di questo fenomeno riguarda appunto lo squilibrio del corpo elettorale.

Come precedentemente illustrato nell’articolo riguardo alla proposta di Letta di estendere il voto ai sedicenni (pubblicato su Mondo Internazionale il 13 aprile 2021), lo squilibrio tra popolazione giovane e anziana è ben rappresentato dalla “tenaglia generazionale”:

Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Istat (fino al 2018) e dati Eurostat per le annate successive.

Negli scorsi anni abbiamo infatti assistito a un impressionante calo percentuale della popolazione giovane (nel caso dello studio Istat intesa come popolazione Under 30) a cui è corrisposta una crescita senza precedenti della popolazione over 60, che in poco più di mezzo secolo (secondo le proiezioni Eurostat) porterà ad un’inversione del peso percentuale delle due categorie: dal 35% di Under 30 contro il 25% di Over 60 del 1995, al 25% di Under 30 contro il 40% di Over 60 previsto per il 2050.

Le altre possibili soluzioni

Runciman respinge le altre proposte di soluzione al problema generazionale, come quella di concedere ai più giovani un maggiore “peso elettorale”, sostenendo che non si debba mai interferire con il principio fondante della democrazia, ovvero quello secondo cui un voto vale uno. Allo stesso modo, continua Runciman, non si dovrebbe mai sottrarre il diritto di voto a una categoria che ne ha goduto fino a quel momento.

Evidenziando tuttavia come la possibilità di andare alle urne venga acquisita a diciotto anni, mentre non ci sia un limite superiore d’età oltre il quale non sia più possibile esprimere una preferenza elettorale, il professore mette in luce la grande asimmetria del sistema, che penalizza unicamente la popolazione giovane.

Quest’ultima, continua Runciman, risulta triplamente discriminata: i ventenni non hanno rappresentanti in parlamento, continuano a perdere le elezioni e viene loro richiesto di occuparsi del futuro e dell’ambiente, problematiche riguardo alle quali le generazioni più anziane sembrano totalmente disinteressate.

Riguardo all’eventualità in cui il diritto di voto non venisse esteso ai più giovani, conclude Runciman, la politica rimarrebbe ancorata a “persone che non si interessano minimamente del futuro, ma solo del presente più immediato”.




Fonti consultate per il presente articolo:

1. Fonte Talking Politics:

    https://www.talkingpoliticspodcast.com/blog/2018/129-democracy-for-young-people

    2. Fonte The Guardian:

      https://www.theguardian.com/politics/2018/dec/06/give-six-year-olds-the-vote-says-cambridge-university-academic

      3. Fonte Report Istituto Cattaneo:

        https://www.sipotra.it/old/wp-content/uploads/2018/11/L%E2%80%99Italia-e-la-%C2%ABtenaglia-generazionale%C2%BB-il-sorpasso-degli-anziani-sui-giovani.pdf

        https://www.pexels.com/it-it/foto/testo-6257771/

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        L'Autore

        Francesco Marchesetti

        Studente di Lettere Moderne.
        Aspirante giornalista, certo che l'informazione libera debba essere un diritto universale.

        Student in Modern Literature.
        Aspiring journalist, certain that freedom of information should be a universal right.

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