Libia al bivio: la transizione democratica è possibile?

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  Sara Oldani
  18 December 2021
  9 minutes, 7 seconds

Il cammino verso le elezioni, previste verso la fine dell’anno in base alla road-map stabilita dalle Nazioni Unite, è a rischio. La commissione elettorale preposta al monitoraggio del processo democratico ha infatti annunciato la mancata pubblicazione della lista dei candidati presidenti, ufficialmente per “motivi tecnici” e la difficoltà a verificare i requisiti di eleggibilità previsti dalla legge elettorale [1]. I "motivi tecnici" riguarderebbero anche un avvenimento non di poco conto: pochi giorni fa la Brigata al-Samoud ha tentato di assaltare gli edifici nei quali risiedevano il premier Dbeibah e il presidente del Consiglio presidenziale al-Menfi. Tale "attacco alle istituzioni" probabilmente farà slittare il calendario democratico del Paese nord africano, con evidenti implicazioni sul piano securitario ed economico, ma più complessivamente per le prospettive di peace-building.


Gli antefatti del processo democratico libico

Prima di analizzare le prospettive di un rinvio delle elezioni, descriviamo meglio il contesto storico-politico. Il progetto di transizione democratica libica, dopo un decennio di ostilità a seguito dell’ ”intervento umanitario” per deporre il ra’is Gheddafi e dello scoppio della sanguinosa guerra civile, ha finalmente avuto un momento di svolta a partire da marzo 2021. Si è giunti all’istituzione di un Governo di Unità Nazionale al cui vertice è stato posto un premier ad interim, Abdul Hamid Dbeibah, con il compito di portare il Paese ad elezioni libere, giuste e democratiche previste per il 24 dicembre 2021 [2]. Secondo il piano ONU e delle potenze messe a tavolino durante le ultime conferenze diplomatiche, si sarebbero dovute svolgere le elezioni presidenziali, nell’ottica di avere un leader con un largo consenso che potesse riunificare le differenti identità e realtà libiche, e in seguito le elezioni legislative per riunire i due parlamenti divisi anche territorialmente a partire dal 2014 [3].

Fin da subito però, il processo sotto egida ONU, ha presentato numerosi intoppi e ostacoli. Le Nazioni Unite hanno faticato ad avere un ruolo decisivo, a causa delle differenti posizioni dei singoli attori implicati nella questione libica e al “doppio gioco” delle potenze che hanno perseguito una propria agenda. Una nota positiva c’è comunque stata, infatti si è riusciti a mantenere una certa attività diplomatica, mettendo la maggior parte degli interessati al tavolo delle trattative [4]. Le criticità però superano di gran lunga gli aspetti favorevoli: se si è raggiunto un importante consenso per la previsione elettorale, così non è stato per quanto riguarda due aspetti fondamentali della crisi libica, il ritiro di tutte le milizie straniere presenti sul territorio e il reintegro delle milizie “autoctone” all’interno dell’esercito nazionale. Citando come esempio le ultime conferenze internazionali, quella del 21 ottobre organizzata proprio dal Governo di Unità Nazionale e quella del 12 novembre di Parigi, esse hanno formulato raccomandazioni in merito alla necessità di un corretto svolgimento delle elezioni, ma hanno faticato a trovare delle azioni concrete per la stabilità securitaria del Paese [5].

Uno dei motivi principali è l’ambiguità di Turchia e Russia, le quali alla conferenza internazionale del 21 ottobre hanno inviato rispettivamente un vice-ministro e un funzionario del ministero degli esteri, mantenendo un basso profilo. Le due potenze, le quali perseguono interessi formalmente antagonistici in Libia, sono parte attiva al conflitto: la Turchia con le sue milizie islamiste e mercenari siriani o provenienti dal Sahel e la Russia con il gruppo Wagner, il quale ufficialmente appartiene ad una società privata, per cui il Presidente Putin continua a dichiarare che il gruppo armato non persegue interessi russi [6].

Anche da parte occidentale però, abbiamo visto una mancanza di convergenza delle potenze europee, specialmente da parte francese che per anni ha adottato una politica a sé, sostenendo la linea del generale Haftar e non riconoscendo il governo legittimato dalla Comunità Internazionale di al-Sarraj. Ora però sul lato europeo si vede finalmente un’unione di intenti, anche se l’assenza di una politica estera e di difesa comune mostra le sue lacune. In particolare si vede un avvicinamento tra Francia e Italia sul versante libico, da vedersi più ampiamente in un rinnovato ruolo dell’Unione Europea in Africa [7], specialmente sul dossier migratorio. Il premier Draghi e il presidente Macron hanno stressato sull’importanza di investire non solo in Libia, ma più ampiamente nel Sahel, in quanto ci si è resi conto che gli Stati del Nord Africa sono perlopiù Paesi di transito dei migranti e una fascia africana stabile dal punto di vista della sicurezza e dello sviluppo economico potrebbe rallentare la pressione migratoria sul continente europeo. La presenza di idrocarburi in Libia e delle più importanti aziende energetiche rendono sempre più necessaria un’azione condivisa e la tempestiva risoluzione del conflitto libico. Anche i Paesi limitrofi, come Tunisia, Niger, Ciad, premono per la fine delle ostilità in quanto sono oggetto di traffico di armi e mercenari al confine. Nonostante il cessate il fuoco sia ufficialmente in auge da mesi ci sono ancora delle “terre di nessuno” in mano ai signori della guerra, milizie locali, milizie straniere, tribù che sfuggono al controllo del governo centrale; la permanenza di queste aree di crisi è anche rafforzata dalla continua violazione dell’embargo di armi [8].


I “controversi” candidati alle elezioni

Gli aspetti problematici delle elezioni libiche non si registrano solo a livello internazionale, ma anche a livello interno. L’”entusiasmo” elettorale si è diffuso tra la popolazione libica, specialmente tra coloro i quali hanno registrato la candidatura per concorrere alla presidenza (circa 100 candidati). Ci concentreremo per rilevanza sui candidati alle elezioni presidenziali: si tratta di personaggi alquanto divisivi che mal riusciranno a creare unità e stabilità nel Paese.

Primo tra tutti è Saif al-Islam Gheddafi, figlio di Mu’ammar Gheddafi, sul quale pende un mandato d’arresto da parte della Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, avvenuti durante la repressione delle proteste popolari nel 2011. Egli era stato arrestato da una milizia di Zintan e condannato a morte da un tribunale locale, la milizia però l’ha poi liberato nel 2017; a causa della sua parentela e per la sua fedina penale (requisito secondo la legge elettorale è l’assenza di reati) l’Alta Commissione Elettorale non aveva accettato la sua candidatura, ma a seguito della richiesta d’appello al Tribunale di Sebha da parte di Gheddafi junior, egli stava per essere reinserito nella lista dei candidati [9]. L'udienza però non si è potuta svolgere a causa di un blitz di alcuni uomini armati.

Un’altra personalità controversa risulta quella del generale Haftar, a capo dell’Esercito Nazionale Libico, il quale si è ritirato dal suo ruolo di militare (entro 90 giorni secondo la legge di cui sopra), ma sarebbe in possesso della doppia nazionalità americana per cui ufficialmente non potrebbe essere inserito in lista [10]. Anche la sua candidatura verso fine novembre era stata considerata invalida , ma secondo fonti risalenti al 6 dicembre sembrerebbe riammesso alla corsa elettorale. Chi altro non rispetterebbe i requisiti formali è l’attuale premier Dbeibah, il quale proprio per mandato non dovrebbe candidarsi essendo a capo di un governo di transizione e non avendo ceduto i suoi incarichi entro 90 giorni dalle elezioni [11].

La presenza di questi individui ha delle dirette conseguenze sulla credibilità e la legittimità delle elezioni: il problema è che ci troviamo ancora in una situazione assai volatile e magmatica, oltre al fatto che anche la legge elettorale non si basa su un’intesa comune, ma è stata approvata dal parlamento di Tobruk (Cirenaica) e non dal Consiglio di Stato (Tripolitania) [12]. Promotore della legge elettorale e della sua legalità è appunto lo speaker del Parlamento, Aguila Saleh, il quale sembrerebbe uno dei candidati più quotati, in quanto ottimo conoscitore della politica e delle dinamiche tribali libiche; nonostante volesse rovesciare il precedente governo di al-Sarraj, è meno “famoso” per crimini di guerra a differenza di Gheddafi e di Haftar e per corruzione in confronto a Dbeibah [13]. Altri candidati sono l’ex ministro dell’interno Fathi Bashagha, il vicecapo del precedente Consiglio presidenziale Ahmed Maitig e l’ex ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Aref Ali Nayed.

La presenza di candidati discutibili, la molteplicità dei centri di potere, le dinamiche securitarie sul territorio e le interferenze estere minano il processo di transizione democratica della Libia. Essendo una situazione in divenire, vedremo se si svolgeranno le elezioni previste per il 24 dicembre e in tal caso che cosa succederà dopo. Il rischio di un nuovo capitolo della guerra civile è molto alto, data la probabilità del rinvio delle elezioni o, nel caso di svolgimento, del mancato riconoscimento di un candidato vincitore da parte dell’opposizione. Palese evidenza di ciò è stato proprio l'attacco della Brigata al-Samoud sopra menzionata, a seguito della decisione del Consiglio presidenziale di sollevare dall'incarico il precedente comandante del distretto militare di Tripoli con il maggiore generale Abdel Qader Mansour. Le dichiarazioni della milizia non sono rassicuranti e riassumono l'incertezza della questione libica - "in Libia non ci saranno elezioni presidenziali e chiuderemo tutte le istituzioni statali" [14].

Fonti consultate:

[1] P. Wintour, The Guardian, Libya: plan for presidential election on 24 December close to collapse, https://www.theguardian.com/world/2021/dec/12/libya-plan-for-presidential-election-on-24-december-close-to-collapse, 12/12/2021

[2] Y. Abouzzohour, Brookings, Libya’s peace process: What’s at stake for the Maghreb, 10 years after Gadhafi’s overthrow, https://www.brookings.edu/blog/order-from-chaos/2021/08/19/libyas-peace-process-whats-at-stake-for-the-maghreb-10-years-after-gadhafis-overthrow/, 19/08/2021

[3] Inizialmente il piano ONU era di attuare prima le elezioni legislative e in seguito quelle presidenziali; con una decisione di real-politik e di comune accordo tra le grandi potenze, è prevalso il piano di cui sopra. Non c’è un’idea comune sulle tempistiche per il processo elettorale. Alcune istituzioni libiche optavano per svolgere elezioni presidenziali e parlamentari lo stesso giorno, altri tra i 15 e i 50 giorni dopo.

[4] La differenza con il caso siriano è dimostrabile, di fatti gli incontri del Comitato costituzionale di Ginevra non sono giunti alla creazione di una costituzione né ad una comunione di intenti tra le parti interessate al conflitto.

[5] ISPI, Libia: appuntamento a Parigi, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-appuntamento-parigi-32304, 10/11/21

[6] L. Pretto, CESI, Libia, la Conferenza internazionale sulla Libia rilancia il voto del 24 dicembre e sollecita il ritiro delle forze straniere, https://www.cesi-italia.org/articoli/1459/cesi-update-libia-la-conferenza-internazionale-sulla-libia-rilancia-il-voto-del-24-dicembre-e-sollecita-il-ritiro-delle-forze-straniere, 26/10/2021

[7] ISPI, Libia gioco di sponda, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-gioco-di-sponda-30606, 26/05/2021

[8] International Crisis Group, Keeping a Libya Settlement on Track, https://www.crisisgroup.org/middle-east-north-africa/north-africa/libya/keeping-libya-settlement-track, 29/01/2021

[9] Al-Jazeera, Libyan court reinstates Saif Gaddafi as presidential candidate, https://www.aljazeera.com/news/2021/12/2/libya-court-reinstates-gaddafis-son-as-presidential-candidate, 2/12/2021

[10] France24, Libyan strongman Haftar announces presidential election bid, https://www.france24.com/en/africa/20211116-libyan-strongman-haftar-announces-presidential-election-bid, 16/11/2021

[11] Al-Jazeera, Interim leader Abdul Hamid Dbeibah to run for Libyan presidency, https://www.aljazeera.com/news/2021/11/22/interim-leader-dbeibah-to-run-for-libyan-elections, 22/11/2021

[12] L. Pretto, CESI, Libia, la Conferenza internazionale sulla Libia rilancia il voto del 24 dicembre e sollecita il ritiro delle forze straniere, https://www.cesi-italia.org/articoli/1459/cesi-update-libia-la-conferenza-internazionale-sulla-libia-rilancia-il-voto-del-24-dicembre-e-sollecita-il-ritiro-delle-forze-straniere, 26/10/2021

[13] Al-Jazeera, Speaker of Libya’s parliament says he will run for president, https://www.aljazeera.com/news/2021/11/18/speaker-of-libyas-parliament-says-he-will-run-for-president, 18/11/2021

[14] ANSAMed, Milizie assediano il governo di Tripoli, voto a rischio, https://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/libia/2021/12/16/milizie-assediano-il-governo-di-tripoli-voto-a-rischio_3068e5f3-80e4-499a-bad0-aab61e239688.html, 16/12/2021

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L'Autore

Sara Oldani

Sara Oldani, classe 1998, ha conseguito la laurea triennale in Scienze politiche e relazioni internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e prosegue i suoi studi magistrali a Roma con il curriculum in sicurezza internazionale. Esperta di Medio Oriente e Nord Africa, ha effettuato diversi soggiorni di studio e lavoro in Turchia, Marocco, Palestina ed Israele. Studiosa della lingua araba, vuole aggiungere al suo arsenale linguistico l'ebraico. In Mondo Internazionale Post è Caporedattrice dell'area di politica internazionale, Framing the World.

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Libia