L’evoluzione delle unioni civili in Italia

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  Redazione
  14 January 2021
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La lotta per l’uguaglianza matrimoniale per le coppie omosessuali è un dibattito diffuso nell’opinione pubblica italiana ed europea.

L’associazione ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) ha affermato nel suo ultimo rapporto che l’Italia si trova in fondo alla classica dei paesi dell’Unione Europea per i diritti delle persone LGBT, collocandosi al ventitreesimo posto su ventotto.

Nel 2016 è stata approvata in Italia la Legge Cirinnà sulle Unioni Civili e le convivenze di fatto, sia etero che omosessuali (Legge n.76/2016). Tale legge permette alle coppie dello stesso sesso di unirsi civilmente e riconosce alcuni, ma non tutti, i diritti e i doveri delle coppie unite in matrimonio. Quest’ultimo rimane in Italia riservato alle coppie eterosessuali, mentre in 16 paesi dell’Unione Europea le persone dello stesso sesso possono sposarsi. Per alcuni paesi si tratta ormai di una conquista assodata nel tempo: ad esempio nei Paesi Bassi il matrimonio tra due persone dello stesso sesso è stato introdotto nel 2000, in Belgio nel 2003 e in Spagna nel 2005. Nel 2010 l’Austria ha parificato il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso e di sesso opposto, non molto tempo dopo, nel 2017, è stata la volta della Germania e della Finlandia. Il primo paese nel mondo ad approvare una legge che riconosceva alle coppie omosessuali il diritto di farsi registrare, acquisendo una parte dei diritti e degli obblighi del matrimonio, fu la Danimarca nel 1989.

Tra il matrimonio e l’unione civile, tuttavia, permangono importanti differenze, sia sostanziali che simboliche. In particolar modo, nelle unioni civili viene a mancare un aspetto fondamentale della formazione famigliare: il diritto all’adozione che è riconosciuto invece alle persone sposate.

Il testo della Legge Cirinnà ha previsto l’introduzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la regolamentazione delle coppie di fatto, sia etero sia omosessuali. L’unione civile è un legame diverso dal matrimonio, anche se presenta molti diritti e doveri in comune. Le differenze le troviamo: nell’assenza dell’obbligo di fedeltà, nell’assenza dell’obbligo di usare il cognome del coniuge, non c’è obbligo di attendere sei mesi prima dello scioglimento dell’unione (ne bastano solamente tre), non c’è possibilità di adottare il figlio del proprio partner.

Le coppie, eterosessuali o omosessuali, possono stipulare un contratto di convivenza sebbene non siano sposate. E' possibile stipulare un contratto per regolare le questioni patrimoniali, avere gli stessi diritti del coniuge nei casi previsti di malattia, ricovero, e morte. Non è prevista la reversibilità della pensione.

La legge introdotta nel 2016 rappresenta una riforma storica per l’Italia, infatti può essere paragonata all’introduzione del divorzio negli anni Settanta del secolo scorso, sia per quel che riguarda la tutela di fondamentali diritti civili, sia per la sua rilevanza sistematica all’interno della disciplina complessiva del matrimonio e della famiglia.

Nell’ultimo rapporto Istat sulla popolazione per sesso, età e stato civile, risalente al 20 novembre 2019, in Italia, al primo gennaio del 2019, risiedevano 11 mila 800 uomini uniti e 5 mila 700 donne unite o già unite civilmente. Il numero di uomini e donne è simile fino ai 35 anni di età, poi il numero di uomini continua a crescere fino ai 50-55 anni, restando relativamente elevato anche per le età successive, quando le donne sono molte di meno.

I dati della Figura 1 permettono di constatare che le unioni civili fra uomini sono il doppio di quelle fra donne e questa differenza è tutta dovuta all’alto numero di unioni civili maschili in età matura. All’inizio del 2019 le lesbiche in età 18-69 residenti in Italia erano 143 mila, appena il 44% rispetto ai 323 mila gay. Questo divario è stato registrato anche in altri paesi come Danimarca, Svezia, Norvegia, Francia e Regno Unito, nei primi anni di applicazione di leggi sulle unioni civili. Col passare del tempo il rapporto si è riequilibrato o addirittura rovesciato, specialmente quando agli omosessuali è stato consentito di adottare un figlio e/o di sposarsi, rendendo quindi pienamente praticabile un progetto genitoriale di coppia, perseguito in maggiore misura dalle coppie lesbiche piuttosto che dalle coppie gay.

Una seconda questione è legata all’entità numerica delle unioni civili. Nel 2018 la probabilità di sposarsi per un uomo non gay in stato libero di età 18-69 è stata del 2,2% e quella di celebrare una unione civile per un gay in stato libero dell’1,1%; la probabilità di sposarsi per una donna non lesbica in stato libero è stata del 2,1%, quella di celebrare un’unione civile per una lesbica in stato libero dell’1,3%. Questo basso numero delle unioni civili in Italia sembrerebbe esser legato al fatto che molte coppie omosessuali, anche se conviventi, vedano pochi vantaggi nel sugellare la loro unione in municipio, se poi quest’ultimo non è collegato ad un progetto genitoriale comune o non includa il/la partner nell’asse ereditario.

A cura di Valeriana Sabino 

Fonti consultate per il presente elaborato:

https://blog.openpolis.it/unioni-civili-litalia-nel-contesto-europeo-linfografica

https://giuricivile.it/unioni-civili-europa/#_ftn2

https://www.neodemos.info/2020/06/23/le-unioni-civili-omosessuali-in-italia-un-bilancio-2016-18/?print=pdf

https://www.istat.it/it/files//2019/11/Report_Matrimoni_Unioni_Civili_2018.pdf

https://www.echr.coe.int/documents/convention_ita.pdf

https://

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