Le statistiche dell’EIGE sulla presenza delle donne in ruoli dirigenziali/apicali nell’economia e nella politica

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  Rebecca Scaglia
  26 October 2021
  3 minutes, 42 seconds

L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (European Institute for Gender Equality — EIGE) è un’agenzia dell’Unione europea fondata nel 2010 per promuovere la parità di genere in tutta l’Unione europea.

Tra i più significativi risultati dell’EIGE è annoverabile, senza ombra di dubbio, l’Indice sull’uguaglianza di genere. Tale indice è uno strumento utile per osservare l’evoluzione della parità di genere registrata nell’Unione europea e nei singoli Stati membri nel corso del tempo. L’Indice assegna annualmente un punteggio - da 1 a 100 - all’Unione europea e agli Stati membri per misurare le differenze tra donne e uomini e i traguardi raggiunti in sei domini chiave: lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute. L’Indice comprende anche gli ulteriori domini della violenza contro le donne e delle disuguaglianze intersezionali. L’assegnazione di un punteggio equivalente - o prossimo - a 100, implica che un Paese ha raggiunto o sta per raggiungere la piena parità tra donne e uomini.

Dall’Indice sull’uguaglianza di genere nel 2020 in Italia emerge che, con un punteggio di 63,5 punti su 100, l’Italia si colloca al quattordicesimo posto nell’Unione europea quanto a uguaglianza di genere. Il punteggio, seppure sia di 4,4 punti inferiore rispetto a quello dell’Unione europea, è aumentato di 10,2 punti dal 2010. L’Italia, quindi, sebbene abbia ancora molta strada da fare, avanza verso l’uguaglianza di genere a un ritmo più sostenuto rispetto alla maggior parte degli altri Stati membri dell’Unione europea e ha guadagnato, dal 2010, ben otto posizioni.

Nonostante ciò, nel recente Indice sull’uguaglianza di genere nel 2019 in Italia si legge, con riferimento al dominio del lavoro, che “il punteggio dell’Italia (63.1) è il più basso di tutti gli Stati membri dell’UE”.

L’Italia ha mantenuto il triste primato anche l’anno seguente, come riscontrabile dall’ancora più recente Indice sull’uguaglianza di genere nel 2020 in Italia, il quale riferisce che “le disuguaglianze di genere sono più pronunciate nelle aree del potere (48,8 punti), del tempo (59,3 punti) e della conoscenza (61,9 punti). L’Italia registra il punteggio più basso dell’UE nel settore del lavoro (63,3 punti).”

In particolare, dallo studio è emerso che la stragrande maggioranza delle donne rimane ai margini della carriera, senza riuscire ad occupare posizioni dirigenziali e apicali. A tal proposito, sono di peculiare interesse i dati forniti dall’EIGE, conoscibili da qualsiasi utente semplicemente visitando la sezione “Women and men in decision-making” del sito web eige.europa.eu. Per quanto concerne il “business”, è preoccupante che – a prescindere dal settore economico di riferimento – solamente il 13.4% dei CEO delle maggiori società quotate sia donna, a fronte dell’86.6% di uomini. L’Unione europea nel suo complesso, peraltro, non se la cava granché meglio: solo il 20% dei CEO delle maggiori società quotate risultano essere donne.

La situazione rimane grave anche per quanto riguarda la politica, nonostante ad essere membri dei parlamenti - nazionali e non - vi sia, ad oggi, anche grazie al susseguirsi di una serie di azioni legislative mirate, una percentuale decisamente maggiore di donne rispetto al passato. È però altrettanto vero che, per quanto concerne la presidenza degli esecutivi, la percentuale delle donne che - in tutta l’Unione europea, nel 2020 - ha ricoperto il ruolo di presidente o primo ministro, è pari al misero 18,5% del totale delle cariche.

Tuttavia, nel report “Statistical brief: gender balance in corporate boards 2020” è riscontrabile un dato molto positivo: le azioni legislative promotrici della parità di genere intraprese da alcuni Stati dell’Unione europea negli ultimi anni, che hanno interessato svariati settori dell’economia e della politica, hanno contribuito a diminuire significativamente il divario tra la percentuale delle donne e quella degli uomini in posizioni apicali. Il miglioramento, infatti, è stato decisamente scarso nei Paesi che non hanno adottato alcuna misura o che hanno adottato esclusivamente le c.d. “soft-measures”. Ciò sta a significare che la società, più o meno lentamente, si sta muovendo verso una direzione ben precisa, quella della parità di genere, e che ogni Stato è in grado, anche adottando misure legislative idonee, di spingere per il raggiungimento di questo irrinunciabile obiettivo.

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Rebecca Scaglia

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