Le B-Corporation: il futuro del mondo aziendale?

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  Redazione
  12 February 2021
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Da molti anni ormai, la sostenibilità è diventata sempre più importante e, nell’ultimo periodo, ha cominciato ad avere un impatto anche sulle attività economiche. In un report dedicato alla generazione Millennials, il 40% degli intervistati ha dichiarato che le aziende dovrebbero avere come obiettivo primario quello di generare benessere per la società. È evidente, dunque, come la sostenibilità sia e sarà sempre più al centro delle strategie aziendali, per merito sia della crescente importanza del trend e soprattutto della sempre maggior attenzione che il consumatore dedicherà a queste tematiche. Si sta assistendo alla crescita di un nuovo punto di vista nell’immaginare il mondo e l’economia: lavorare per un mondo migliore, sia a livello di dinamiche sociali che a livello di sostenibilità ambientale. Questi due lati della sostenibilità andranno, nei prossimi anni, a ricoprire un ruolo cardine all’interno delle politiche aziendali.

Tuttavia, ci sono state persone che sono state in grado di riconoscere questa tendenza prima che diventasse “moda”, portando la sostenibilità al centro della visione aziendale fin da prima che questa tematica entrasse a far parte del dibattito pubblico: stiamo parlando del B-Corp Movement, nome preso dall’azienda B-Corp, fondata alla fine del 2006. Questa azienda è nata dalle menti di tre amici, provenienti da due ambiti radicalmente opposti. Uno dei fondatori era un manager di Wall Street, mentre gli altri due avevano fondato un brand di abbigliamento per il basket con un discreto successo, essendo stato acquistato anche dalla Nike. Tredici anni fa, nel 2007, un primo gruppo di diciannove aziende prese parte all’iniziativa, ottenendo la certificazione. Altro anno chiave fu il 2010, durante il quale si cominciò a conferire uno status legale alle B-Corp, partendo dallo Stato del Delaware negli USA, arrivando quindi in Colombia ed anche in Italia, sotto il nome di “società benefit”.

Le aziende certificate B-Corp differiscono dalle altre per il loro obiettivo ultimo. Genericamente, lo scopo di ogni business è quello di ricavare profitti, le B-Corp affiancano gli obiettivi economici a quelli incentrati sulla creazione di valore condiviso per ogni singolo individuo coinvolto nelle azioni aziendali. Si tratta dunque di obiettivi orientati a lungo termine, totalmente differenti rispetto le moderne pratiche aziendali spesso orientate a risultati tangibili in un singolo anno. Oltre a questo, le aziende in grado di ottenere la certificazione devono adottare pratiche di trasparenza e, soprattutto, creare precisi e rigorosi sistemi di misurazione in grado di calcolare l’impatto effettivo delle loro azioni.

Le aziende che sono al centro del progetto B-Corp sono generalmente nuove aziende o start-up. Il motivo è semplice: per aziende relativamente nuove è più semplice implementare queste buone pratiche, inserendole fin da subito nei processi aziendali. Inoltre, sono quelle che beneficerebbero maggiormente dell’impatto comunicazionale della certificazione, attraendo anche eventuali finanziatori.

Nonostante ciò, ad aver acquisito la certificazione sono state anche multinazionali, alcune anche attive sul mercato da molti decenni. Due esempi tra questi sono Patagonia e Danone. Quest’ultima, in particolare, ha introdotto pratiche di sostenibilità fin dagli anni Settanta, ad esempio attraverso programmi di aiuto per Paesi del terzo mondo. Nondimeno, risulta anche fondamentale per Danone attivare queste pratiche per incrementare la loro reputazione, “utilizzando” quindi la certificazione di B-Corp come catalizzatrice per eventuali nuovi investimenti.

A dispetto degli innumerevoli punti a favore di un eventuale processo di certificazione, è chiaro che vi siano altrettanti punti negativi, in particolare andando ad analizzare l’impatto sul management. Alcune aziende, infatti, potrebbero preferire non farsi certificare. Uno dei motivi principali, è che B-Corp è a tutti gli effetti un’azienda. Molte società potrebbero vedere questo assoggettamento alle sue regole come esercitazione di una vera e propria influenza nei loro riguardi, sottoponendosi a lunghe e costanti procedure di analisi che non conducono ad un vero e proprio beneficio economico e che, in un modo o nell’altro, limiterebbe la loro autonomia. Altre, invece, godono già di un’ottima immagine e, dunque, un’eventuale certificazione non porterebbe nessun reale vantaggio in questo senso, come avviene ad esempio per i marchi di proprietà VF Corporation (tra gli altri Vans e The North Face). Ultimo aspetto a sfavore, non per importanza, è l’impatto fiscale. Le società che decidono di certificarsi non ottengono sgravi fiscali di alcun genere e, al contrario, diventano obbligate ad uno sforzo maggiore nelle misurazioni contabili.

È impossibile arrivare a definire un'unica procedura di azione o un unico esito dopo aver ottenuto la certificazione. Per quanto si è analizzato, esistono sia punti a favore che a sfavore. Le aziende dovrebbero in prima persona analizzare l’impatto che B-Corp avrebbe sul proprio modello di business ed in base a questo decidere il da farsi. Cercando di riassumere, a favore ci sarebbe l’enorme impatto comunicazionale e di immagine derivante dal diventare “membro” di una community di aziende rinomate per l’importanza riservata alla sostenibilità. Punto a sfavore, la ovvia diminuzione nella libertà di azione dovuta al sottoporsi a continui controlli e revisioni.

La sostenibilità è al centro delle scelte politiche ed economiche presenti e future; prima o poi ogni individuo o istituzione dovrà comunque fare la propria parte.

a cura di Gianluca Penza 

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