L'applicazione della pena di morte

Una panoramica mondiale

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  Alice Stillone
  27 April 2021
  6 minutes, 4 seconds

La pena di morte è una pratica in voga sin dall’antichità attraverso cui lo stato punisce il colpevole del crimine commesso togliendogli la vita. La prima prova scritta dell’esistenza di questo istituto risale al Codice di Hammurabi (1792-1750 a.C.) che prevedeva tale punizione per svariati reati tra cui omicidio, furto e sacrilegio.

Nonostante le più che remote origini, contrariamente a molti altri istituti ormai abbandonati, ancora oggi, nel XXI secolo, seppur circa 2/3 degli stati al mondo abbiano abolito la pena di morte, alcuni continuano a praticarla.

Durante il periodo dell’illuminismo, Cesare Beccaria, uno dei massimi esponenti dell’Illuminismo Italiano si è espresso in maniera molto critica nei confronti della pena di morte. Nella sua opera più celebre, “Dei delitti e delle pene”, egli ritiene che la pena dovrebbe essere certa più che crudele, in quanto l’obiettivo dello stato dovrebbe essere quello di rieducare e di reinserire il detenuto in società e non quello di ottenere una pubblica vendetta. Inoltre l’autore sostenne che la pena dovrebbe assolvere due funzioni principali: offrire al reo l’opportunità di redimersi e tutelare la collettività. Beccaria notò che la pena di morte, seppur potrebbe raggiungere l’obiettivo di tutela della collettività, renderebbe impossibile la rieducazione del criminale e la sua conseguente reintroduzione in società.

La parentesi storica fatta finora costituisce solo una piccola parte delle riflessioni politiche e sociali fatte a riguardo e sottolinea come la pena di morte sia stata spunto di riflessione di studiosi di alto profilo. Tuttavia, ciò non è bastato per giungere alla sua abolizione.

Infatti, gli strumenti di diritto internazionale che disciplinano la materia sono diversi ma nessuno di questi ha messo al bando la pena capitale. Considerando il settore dei diritti umani, la pena di morte risulta in evidente contrasto con il diritto alla vita, sancito nell’art.3 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Tuttavia, i trattati internazionali ammettono la possibilità che la pena di morte venga applicata in vari casi pur rispettando certi limiti. Il Patto sui diritti civili e politici infatti all’art.6, che sancisce il diritto alla vita come un diritto inerente alla persona umana, al paragrafo 2 specifica che “nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata soltanto per i delitti più gravi…purché ciò non sia in contrasto con le disposizioni del presente patto”. Al paragrafo 5 poi sono presenti dei limiti “una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti commessi dai minori di 18 anni e non può essere eseguita nei confronti di donne incinte”.

Inoltre, l’Assemblea Generale dell’ONU nel 2007 ha approvato la Risoluzione per la moratoria universale della pena di morte tramite la quale si invitano tutti gli stati che ancora la prevedono all’interno dei propri ordinamenti a: rispettare gli standard internazionali sulle garanzie che consentono la protezione dei diritti di chi è condannato a morte, limitarne progressivamente l’uso, ridurre i reati per i quali la pena di morte può essere comminata, stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.

Tuttavia, come si evince dal testo della risoluzione, tale atto non risulta vincolante ma costituisce piuttosto un’esortazione che l’Assemblea Generale rivolge agli stati restii ad abolire tale pena.

Vi sono però dei protocolli facoltativi allegati a diversi trattati che prevedono l’abolizione della pena di morte per i paesi che li ratificano. Ricordiamo anzitutto i protocolli n. 6 e 13 allegati alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), per cui gli stati membri del Consiglio d’Europa e i firmatari dei suddetti protocolli si impegnano ad abolire la pena di morte senza possibilità di ammettere deroghe o riserve. Inoltre il Patto sui diritti civili e politici dell’ONU è completato da due protocolli facoltativi tra cui il n.2 che comporta, per gli stati parte, l’abolizione della pena di morte.

Ad oggi molti paesi utilizzano ancora la pena di morte, tra questi, a titolo esemplificativo, molti stati degli USA (in Ohio è in vigore ma viene applicata solo in casi eccezionali, in altri è in vigore ma non viene applicata da più di 10 anni, in altri ancora è applicata ma con una moratoria), l’Egitto, l’Arabia Saudita, il Pakistan, il Bangladesh, l’Iraq, l’Iran, la Bielorussia, il Giappone, la Corea del Nord e la Cina (per le quali però i numeri dei condannati e delle esecuzioni sono protetti da segreto di stato).

Secondo il rapporto di Amnesty International del 2020, sono state almeno 483 le esecuzioni registrate globalmente nello scorso anno con una diminuzione del 26% delle esecuzioni complessive rispetto al 2019 e circa l’88% delle esecuzioni capitali sono state eseguite in 4 paesi (seguono in ordine decrescente): Iran, Egitto, Iraq ed Arabia Saudita. Se questo dato potrebbe risultare sotto certi aspetti positivo, secondo quanto riportato nel report molte delle esecuzioni capitali avvenute nel 2020 non sono state eseguite nel rispetto del diritto internazionale. Infatti, circa 3 persone sono state messe a morte per reati commessi quando avevano meno di 18 anni, persone con disabilità mentali o intellettive sono state condannate o messe a morte in paesi tra cui Giappone, Maldive, Pakistan e USA ed inoltre la pena capitale è stata a volte comminata dopo procedimenti giudiziari che non risultano in linea con gli standard internazionali sul giusto processo.

Analizzando infine la situazione per macro aree geografiche, risulta che in America sono principalmente gli USA che vengono in rilievo quanto ad applicazione della pena capitale. Pertanto, negli Stati Uniti da un lato sono diminuite le esecuzioni a livello statale che infatti hanno raggiunto la cifra più bassa rispetto agli anni precedenti, ma dall’altro con l’amministrazione Trump sono aumentate considerevolmente le esecuzioni a livello federale: 10 uomini sono stati condannati a morte a livello federale in 5 anni e mezzo (fino a quel momento erano state effettuate 3 esecuzioni a livello federale nei quattro decenni precedenti).

Nell’area dell’Asia e del Pacifico, per la quale l’attendibilità dei dati diminuisce a causa della segretezza dei dati in Cina, in Corea del nord ed in Vietnam, India e Taiwan hanno ripreso le esecuzioni dopo qualche anno di pausa, e il Giappone, il Pakistan e Singapore non hanno registrato esecuzioni.

Infine, per l’area dell’Europa e dell’Asia centrale il Kazakistan, la Russia e il Tagikistan hanno continuato ad osservare la moratoria sulle esecuzioni ed in particolare il Kazakistan ha proceduto con la ratifica del Secondo protocollo al Patto Internazionale sui diritti civili e politici avente lo scopo di abolire della pena di morte.Ancora oggi nel XXI secolo, nonostante la pratica dell’esecuzione capitale sia estremamente datata, la pena di morte rimane in vigore in troppi paesi. Indipendentemente dalla natura, dalle circostanze del reato e dal metodo utilizzato dal reo per commetterlo, la pena di morte costituisce comunque una violazione del primo tra tutti i diritti umani, quello alla vita.

A cura di Alice Stillone

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Fonti consultate per il presente articolo:

-https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/world/20190212STO25910/la-pena-di-morte-in-europa-e-nel-mondo-i-fatti-chiave

- https://www.opiniojuris.it/pena-di-morte-nel-mondo-antico-e-contemporaneo-dal-codice-di-hammurabi-agli-strumenti-di-diritto-internazionale/

- rapporto di Amnesty International sull’uso della pena di morte nel mondo: condanne a morte ed esecuzioni nel 2020

- Convenzione Europea sui diritti dell’uomo

- Risoluzione per la moratoria sulla pena di morte, dell’Assemblea Generale nell’ONU

- Patto sui diritti Civili e Politici.

- https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-in-cappotto-marrone-e-cappello-nero-in-piedi-vicino-alla-parete-floreale-bianca-e-nera-4874503/

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DirittiUmani Death penalty