L'altro 11 settembre

Il racconto del golpe cileno

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  Ludovica Costantini
  10 June 2022
  5 minutes, 33 seconds

“Viva il Cile! Viva la gente! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole, e sono certo che il mio sacrificio non sarà vano, sono certo che, come minimo, sarà una lezione morale che punirà il crimine, la codardia e il tradimento.” Così si chiuse l’ultimo discorso alla nazione di Salvador Allende, la mattina dell’11 settembre 1973.

Alle elezioni presidenziali del Cile del 4 settembre 1970 il candidato di Unidad Popular Salvador Allende vinse, e rimase in carica fino al 1973. Il governo di Allende ha rappresentato un unicum nella storia mondiale per diversi fattori: innanzitutto, questo è il primo caso in cui un governo marxista viene istituito per elezione, sovvertendo la retorica rivoluzionaria classica del modello socialista; ma soprattutto, nel quadro della Guerra Fredda, la vittoria di Allende fu uno shock per i vicini Stati Uniti d’America.

Il Presidente Nixon, eletto nel 1969, fu da subito deciso a porvi fine. Edward Korry, l'ambasciatore degli Stati Uniti a Santiago, riferì a Henry Kissinger, lo stratega estero del presidente Richard Nixon: "Una volta che Allende salirà al potere, faremo tutto ciò che è in nostro potere per condannare il Cile e i cileni alla massima deprivazione e povertà".

Il governo Allende ha compiuto numerosi passi avanti nella società cilena, rendendo possibile una sufficiente crescita economica: ad esempio, il Presidente ha deciso di nazionalizzare l'industria del rame cilena di proprietà straniera, responsabile del 75% delle esportazioni e prima fonte di guadagno del Paese.

Nel suo primo anno, il governo ha nazionalizzato 91 industrie, ridistribuito 5,5 milioni di acri di terra, concesso aumenti salariali alla classe operaia e costruito case di qualità per i poveri. Allende sperava di costruire una nazione sovrana, sviluppata, democratica e umana e la cui politica estera fosse basata sui principi della “via cilena al socialismo”.

L’11 settembre 1973 il governo democraticamente eletto del socialista Allende viene rovesciato da un golpe militare: alle 18 i comandanti delle forze armate del Cile, ossia Pinochet, Guzman, Merino e Duran, diedero vita alla giunta militare che guidò la dittatura rimasta nella storia come un caso eccezionale dell’America Latina.

I giornalisti internazionali presenti ricordano come in quel momento l'ammiraglio Gustavo Carvajal, uno dei golpisti, era al telefono con Allende per offrirgli un aereo per scappare dal Paese, ma la risposta del Presidente è rimasta nella memoria di molti: “Chi vi credete di essere? State parlando con il presidente della repubblica! E il presidente eletto dal popolo non si arrende".

Allende morì suicida durante il golpe, poco dopo aver cercato di contattare il generale delle Forze Armate Pinochet. Pinochet venne nominato Capo Supremo della junta militare e le istituzioni del Paese vennero private dei loro poteri. Il giornalista Alan Macleod ha sottolineato che "il Cile sarebbe stato governato da una raccapricciante dittatura fascista per decenni, le cui cicatrici sono ancora molto fresche".

Nel panorama internazionale le reazioni furono altamente diversificate: come si può facilmente immaginare, gli USA portarono le loro congratulazioni al dittatore cileno e riaprirono i flussi economici verso il Paese. Cuba invece, dove era già importante la figura di Fidel Castro, condannò il golpe esprimendo forte dolore per la morte di Allende. Anche dall’Europa non ci fu una reazione unanime: i Paesi del blocco socialista ruppero le relazioni con il Cile, mentre l’Italia di Aldo Moro scelse inizialmente una linea più moderata, che portò però alla fine alla sospensione delle relazioni bilaterali tra i due Paesi e al non riconoscimento del governo di Pinochet.

La dittatura di Pinochet portò profondi cambiamenti in Cile, ma uno dei principali e più longevi è quello economico: quando si traccia l’origine del neoliberismo, gli storici e gli economisti spesso fanno riferimento ai governi di Ronald Reagan o Margaret Thatcher, tralasciando il fatto già dal 1973 il Cile diventa un vero e proprio laboratorio per l’applicazione di nuovi assetti di politica economica. Si procedette a una importante riduzione della presenza pubblica nell’industria, insieme alla soppressione dei sindacati dei lavoratori. La dittatura poi si affidò ai Chicago Boys, il cui programma si basava sulla centralità del libero mercato e sulla ridefinizione del ruolo dello Stato in economia.

Come sostenuto da Hobsbowm ne “Il Secolo Breve”, “Il capo del regime, generale Pinochet, rimase al potere per diciassette anni, nei quali egli impose una politica economica ultraliberista, dando così dimostrazione, fra l’altro, che il liberalismo politico e la democrazia non sono associati naturalmente con il liberismo economico”.

Oltre il quadro economico, la dittatura militare aveva l’obiettivo di instaurare una “democrazia protetta”, migliore rispetto a quella di Allende. La junta iniziò chiudendo il parlamento, mettendo al bando i partiti, censurando la stampa e riorganizzando le istituzioni politiche che avevano supportato il cosiddetto “cancro marxista”. Il Cile da quel momento è diventato uno stato di polizia, dove la repressione era l’arma preferita della dittatura per rimanere in piedi: l’obiettivo dei militari era di annullare qualsiasi forma di dissenso. Molti cileni lasciarono il Paese, altri furono dichiarati scomparsi (il fenomeno dei desaparecidos), numerosi furono i prigionieri politici e le vittime del regime.

Sebbene ci siano stati diversi tentativi di ricostruire la memoria, e di frenare il fondamentalismo di mercato in Cile dal ritorno alla democrazia nel 1990, la costituzione neoliberista creata durante l'era di Pinochet ha continuato a esacerbare le disuguaglianze e ad erigere barriere alla riforma egualitaria per molto tempo dopo la scomparsa del dittatore. I governi democratici che si sono susseguiti dal 1990 fino ad oggi hanno continuato a lavorare nel quadro legale ed istituzionale tracciato dal regime militare nella Costituzione del 1980. È proprio del 2020 il plebiscito che in Cile ha sancito l’avvio dei lavori per la scrittura della nuova Costituzione da parte di un’assemblea costituente eletta ad hoc, con il fine di rompere definitivamente i legami rimasti con l’eredità politica di Pinochet.

L’11 settembre ha due volti, due storie tragiche e centinaia di vittime in ognuna di esse. Il Cile si sta rialzando, chiudendo un capitolo doloroso. Le ferite lasciate dalla dittatura si chiuderanno ma inevitabilmente rimarranno per sempre nella memoria storica del Paese. Ma questo è un bene per il Cile e per il resto del mondo, poiché ricordare serve affinché non accada più.




Fonti consultate per il presente articolo:

Stabili, M.R., “Il Cile. Dalla repubblica liberale al dopo Pinochet (1861-1990)”, Giunti, 1991

https://www.commondreams.org/news/2021/09/11/other-911-progressives-remember-allendes-chile

https://www.theguardian.com/world/2013/sep/07/chile-coup-pinochet-allende

https://fondazionefeltrinelli.it/le-mostre-digitali/mostra-cile/

https://unsplash.com/photos/hOcbFF76eVA

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Ludovica Costantini

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South America

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Cile pinochet allende dittatura America Latina e Caraibi