La stagione dei referendum

Durante gli ultimi mesi abbiamo assistito a nuove proposte per referendum di tipo abrogativo, previste dalla Costituzione. Sebbene vi sia un rinnovato interesse, non mancano nuove problematiche, specialmente riguardo alla raccolta delle firme

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  Federico Quagliarini
  10 October 2021
  4 minutes, 20 seconds

Nell’ultimo periodo abbiamo assistito a un rinnovato interesse da parte della politica e della società civile per i referendum. Le ragioni di questa “primavera referendaria” sono molteplici e tali iniziative toccano gli ambiti più svariati: dall’eutanasia legale alla giustizia, fino alla legalizzazione della coltivazione della cannabis. Tuttavia, conviene prima comprendere la tipologia di referendum in questione.

Il referendum abrogativo

Il referendum abrogativo è previsto dall’articolo 75 della Costituzione italiana. In particolare, è indetto referendum popolare per deliberare labrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali”. Successivamente alla richiesta di referendum fanno seguito due controlli: uno di rito da parte della Corte di Cassazione, e uno di merito da parte della Corte costituzionale.

Il primo controllo è operato dall’ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione, presso il quale deve essere depositata la richiesta. Tale verifica è volta ad accertare che le modalità di richiesta di referendum siano conformi alla legge e che non vi siano vizi di procedura (come ad esempio una raccolta di firme false). L’ufficio centrale ha altresì il compito di definire il quesito referendario, cioè di formulare la domanda oggetto del referendum stesso.

Il secondo controllo, invece, accerta che il referendum non sia costituzionalmente illegittimo. Infatti, l’articolo 75 della Costituzione recita: “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. La Corte costituzionale, in base alla legge cost. 1/1953, ha di fatti il compito di valutare se la richiesta di referendum sia compatibile con il secondo comma dell’art. 75.

Se entrambi i controlli sono superati, viene indetto un referendum abrogativo, che per essere valido dovrà avere un’affluenza del 50% più uno degli aventi diritto al voto. Normalmente la data viene fissata tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Un risveglio non casuale

Il rinnovato interesse di associazioni, partiti, comitati ma anche degli stessi cittadini verso l’utilizzo del referendum abrogativo non è un caso a sé stante e trova principalmente la sua ragione nell’inerzia del Parlamento italiano.

Sono anni che molte iniziative legislative di proposta popolare non trovano spazio in Parlamento. I cittadini, sentendosi messi in disparte dalla politica, hanno preso in mano la situazione utilizzando l’unico strumento che la Costituzione consente loro di modificare una legge (nel caso di specie di abrogare totalmente o parzialmente una disposizione legislativa).

Inoltre, secondo Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni e promotore del referendum sull’eutanasia legale, “le restrizioni hanno di fatto sospeso le normali attività politiche faccia a faccia per un anno e mezzo. Ora, con la ripresa, gli italiani sentono molto di più rispetto a prima l’esigenza di impegnarsi su queste battaglie”.

La firma elettronica: opportunità o problema?

È importante notare come da quest’anno, grazie all’emendamento del deputato Riccardo Magi approvato in Commissione Affari Costituzionali la scorsa estate, sia possibile raccogliere adesioni a un referendum tramite l’uso di firme elettroniche. Grazie allo SPID (per coloro che ne sono in possesso) è possibile esprimere un consenso equivalente a quello di una firma su carta.

Bisogna inoltre considerare che l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere questa tipologia d’adesione. Ad esempio, in Svizzera, nazione che fonda la propria democrazia sull’uso del referendum, esiste una raccolta di firme “semi-digitale”, comunque non comparabile a quella italiana.

Questo ha entusiasmato i promotori, ma ha anche sollevato parecchi dubbi: da un lato la firma digitale può agevolare la raccolta di un numero più elevato di firme, ma dall’altro è da considerare l’ipotesi che tale raccolta si riveli troppo semplice; ci sarebbe quindi il rischio che, negli anni avvenire, la Corte di Cassazione e la Corte costituzionale siano sommerse di richieste referendarie.

Nei prossimi anni il Parlamento dovrà occuparsi proprio di questo. Bisogna ricordare che i referendum abrogativi non possono tenersi nello stesso anno in cui sono state indette le elezioni politiche, di conseguenza i referendum potranno tenersi a partire dal 2024. Spetterà all’organo legislativo nazionale affrontare la questione inserendo delle manovre correttive.

Una tra queste potrebbe essere la modifica dello stesso art. 75 della Costituzione; sono infatti anni che i costituzionalisti sono concordi nel ritenere la soglia di 500.000 elettori troppo bassa. Basti pensare che quando fu inserito nel 1948 l’Italia contava una popolazione di 46 milioni di abitanti, mentre oggi ne conta circa 60. Un innalzamento di questo numero potrebbe essere una possibile soluzione.

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L'Autore

Federico Quagliarini

Classe 1994, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Milano, Federico Quagliarini è al contempo vice-direttore di Mondo Internazionale POST nonché caporedattore per l'area Società.

Da sempre appassionato di politica e relazioni internazionali, in Mondo Internazionale si occupa principalmente di questioni legali soprattutto inerenti al diritto internazionale.

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Società

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Referendum abrogativo Costituzione