La ‘Global Britain’ è la nuova politica estera del Regno Unito

  Articoli (Articles)
  Michele Bodei
  15 April 2021
  5 minutes, 53 seconds

Il 16 marzo il governo britannico ha pubblicato un documento – 114 pagine – con la nuova linea strategica della politica estera del Regno Unito. L’idea di dare una svolta agli obiettivi del paese è nata già l’anno scorso, ma a causa della pandemia si è concentrata sulla politica interna – oltre al lungo percorso di ufficializzazione della Brexit. Già a giugno del 2020 il primo ministro Boris Johnson aveva dichiarato in un discorso alla Camera dei Comuni di volere “la più grande revisione della politica estera, di difesa e di sviluppo dalla fine della Guerra Fredda”. Così è stato: la realizzazione è avvenuta a Whitehall, sotto la guida del professor John Bew, direttore del Center for Grand Strategy del prestigioso King’s College di Londra. La nuova strategia è riassunta nello slogan ‘Global Britain’: il suo obiettivo principale è lo svolgimento di un ruolo più attivo nell’ordine mondiale, attraverso l’aumento delle spese militari e della flotta, con strumenti multilaterali e con nuovi accordi commerciali per promuovere il libero scambio. In concreto si ambisce a raggiungere nel 2030 lo status di “superpotenza scientifica e tecnologica”. Si tratta effettivamente della più grande riformazione della politica estera dai tempi della guerra fredda.Quali sono le reazioni nel dibattito pubblico sulla nuova strategia “globale”? Una politica estera più attiva significa aumento delle spese, che pesano sui contribuenti. Ma la storia britannica insegna che un paese isolato riesce a infilarsi negli scenari internazionali per poi svincolarsi senza troppi problemi. Per questo motivo, secondo i sondaggi, quasi un terzo dei cittadini della capitale sono favorevoli a un ruolo più attivo nella politica mondiale, contro solo il 2% orientati all’isolazionismo – con gli altri due terzi che non esprimono una preferenza. Opinioni simili sono state registrate nel Sudest del paese, ma la situazione è diversa in aree più periferiche. In Scozia e nell’East Midlands solo un quinto della popolazione è a favore di un approccio interventista, mentre il 34% è contrario e il restante 34% è neutrale o indeciso.La risposta è sì, ma per più motivi. La separazione dall’Unione Europea garantisce lo svincolo della politica estera del paese dalla PESC, la politica estera e di sicurezza comune, con la quale i paesi dell’Unione fissano obiettivi comuni e coordinano le politiche. Non si può comunque pensare che la Brexit abbia causato problemi di sicurezza per il paese. L’Unione non prevede un piano di difesa comune, infatti il Regno Unito può ancora contare sulla Nato. Il problema principale riguarda la bilancia commerciale, che ha registrato un calo delle esportazioni del 12,7% nel mese di gennaio. La Brexit ha provocato un calo del 40,7% delle esportazioni verso l’Unione Europea – del 56,2% verso la Germania. Parallelamente è cresciuto dell’1,7% l’export verso i Peasi non-Ue, come conseguenza dei diversi accordi commerciali conclusi con i paesi terzi. Per quanto l’Unione sia un partner irrinunciabile per il Regno Unito, i rapporti non sono oggi così sereni. Il 15 marzo l’Unione Europea ha annunciato di voler agire legalmente davanti alla Corte di Giustizia Europea contro il Regno Unito per la deroga sul Protocollo dell’Irlanda del Nord - volto a salvaguardare gli scambi tra i due paesi dell’isola - tradendo l’accordo TCA (Trade and Cooperation Agreement).

La promozione del libero scambio a livello globale è uno dei punti principali del nuovo documento. Lo strumento principale, nonché tipico, è quello degli accordi commerciali: ne sono infatti già stati conclusi 66. Per sbloccare nuovi investimenti si sta valutando l’idea di istituire otto nuovi porti franchi, che però preoccupano Bruxelles: questi porti potrebbero infatti costituire una minaccia in Europa per il riciclaggio e i reati fiscali.

Per potersi definire globali in un mondo di grandi nazioni emergenti non si può di certo trascurare il tema dei rapporti multilaterali. Delle occasioni importanti per il Regno Unito sono la presidenza di turno al G7 - in cui si discuterà sulla pandemia e di un piano di distribuzione dei vaccini anche per i paesi meno sviluppati - e la Conferenza delle Nazioni Unite contro il cambiamento climatico.

La nuova strategia individua due minacce per la sicurezza mondiale: la Russia e la Cina. Come possono essere affrontate? Un modo può essere la promozione del rispetto dei diritti umani, ma Londra non vuole e non può permettersi di rinunciare alla partnership commerciale con questi due paesi. La sfida a Pechino continua con la proiezione militare nel Mar Cinese Meridionale attraverso operazioni congiunte con gli Stati Uniti – a cui stanno aderendo anche la Francia e la Germania.

Il Regno Unito si è reso conto che il baricentro commerciale si sta spostando dall’Atlantico al Pacifico, per questo motivo non vuole perdere occasione per stringere rapporti con le economie emergenti dell’Indo-Pacifico. Non rinuncia alla Nato, nella quale vuole riaffermare la leadership, e allo storico rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, che sono un alleato importantissimo per inseguire le ambizioni globali – anche se il governo Johnson era molto più in sintonia con Trump rispetto a Biden. Per raggiungere i suoi obiettivi il Regno Unito ha bisogno di una disponibilità militare più ampia; nel programma quindi sono previsti il rafforzamento della flotta e l’ampliamento dell’arsenale atomico, però bisognerà stare attenti a non far innervosire gli americani e gli altri stati contraenti del Patto di non proliferazione nucleare.Raggiungere un raggio d’azione globale non è un’impresa facile: finora solo gli Stati Uniti ci sono riusciti. La Cina ha imparato a proiettarsi a lunga distanza, con gli aiuti economici in Africa e attraverso il progetto Belt and Road Initiative in Europa, ma non a livello militare e non abbastanza da definire il suo raggio d’azione globale. Non è un’impresa facile per uno stato la cui popolazione comprende soltanto l’1% di quella mondiale. Sebbene il prodotto interno lordo britannico sia il sesto al mondo, bisogna considerare che stanno emergendo le economie di altri paesi molto più vasti e molto più popolati. Si ricorda, infine, che durante la crisi di Suez del 1956 è bastato un cenno degli Stati Uniti per convincere il Regno Unito a ritirare le sue truppe e a ridimensionare il suo tradizionale approccio imperialista nella politica internazionale.

A cura di Michele Bodei

Copyright © 2021 - Mondo Internazionale APS - Tutti i diritti riservati

FONTI:

https://www.geopolitica.info/la-popolazione-del-regno-unito-e-il-desiderio-di-global-britain/

https://marconiada.blog.ilsole24ore.com/2021/03/20/fate-largo-arrivo-global-britain/?refresh_ce=1

https://www.foreignaffairs.com/articles/europe/2021-03-23/delusions-global-britain?utm_medium=referral&utm_source=www-foreignaffairs-com.cdn.ampproject.org&utm_campaign=amp_kickers&_gl=1*7qd115*_ga*V05zY05WVkNldjN5REN1R0cyVVBDNkxCeUlkbWExUnBEVzE1NjZKaGRUWXR1VmZiTjROaU50UXkxaWNyVmd6Sw

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/trade-regno-unito-isolato-colpa-di-brexit-29658

https://www.affarinternazionali.it/2021/03/la-global-britain-nello-scenario-internazionale/

https://www.nytimes.com/2021/03/16/world/europe/boris-johnson-uk-usa.amp.html

https://www.gov.uk/government/publications/global-britain-in-a-competitive-age-the-integrated-review-of-security-defence-development-and-foreign-policy/global-britain-in-a-competitive-age-the-integrated-review-of-security-defence-development-and-foreign-policy

https://www.theguardian.com/uk-news/2021/mar/03/eight-free-ports-low-tax-zones-created-england

&fm=jpg" class="redactor-autoparser-object">https://images.pexels.com/phot...

Share the post

L'Autore

Michele Bodei

Categories

Europe

Tag

Britain geopolitics