Sono ormai alcuni anni che lo Sri Lanka sta sperimentando una grave crisi economica, assistendo inerme al lento prosciugamento delle proprie riserve finanziarie e all’operato di un governo incapace di permettersi il costo delle importazioni essenziali. Già nel 2021, tale governo aveva dichiarato l’emergenza economica a causa dell’aumento dei costi alimentari e del costante decremento del valore della moneta. L’inflazione nel mese di marzo è arrivata a toccare uno sconcertante 18,7%, mentre, secondo gli ultimi dati forniti dal governo, l’inflazione alimentare è salita al 25,7%.
Lo Sri Lanka è un paese che dipende in modo estremamente significativo dalle merci importate: carburante, scorte alimentari, carta, zucchero, farmaci e attrezzature di trasporto sono solo alcune delle prime necessità che il Paese riceve dall’esterno, eppure, a causa della mancanza di denaro straniero, le importazioni sono ferme. Le riserve di valuta estera del Paese asiatico, infatti, sono aumentate negli anni solo a causa di ingenti prestiti e non a causa dell’esportazione di beni e servizi, per cui ad oggi si registra un calo regolare di tali riserve iniziato ad agosto 2020, ma sceso ad un livello estremamente precario solo verso novembre 2021.
I motivi della crisi sono in realtà molteplici: primo fra tutti, l’impatto della pandemia su un paese retto per il 10% del suo PIL dalle attività turistiche, che sono state interrotte non solo a causa del Covid in sé, ma anche a causa di problematiche riscontrate nei cambi di valuta, che hanno spinto diversi paesi, tra cui il Canada, ad emettere restrizioni di viaggio per i loro cittadini in visita nel paese insulare. Non solo, l’impatto della guerra in Ucraina sul turismo del Paese è stato massiccio, poiché lo Sri Lanka ha registrato circa un 25% di afflusso turistico fino a metà febbraio composto interamente da cittadini russi e ucraini. D’altro canto, la guerra Russia-Ucraina ha già causato un aumento del prezzo globale del petrolio, comportando ulteriori problemi allo Sri Lanka per l’import di carburante per il suo fabbisogno giornaliero. L’escalation della guerra potrebbe anche avere un impatto sulle esportazioni, in quanto Russia e Ucraina sono entrambi mercati importanti per il tè proveniente dallo Sri Lanka.
Il colpo più forte sull’economia del Paese, però, deriva dall’enorme onere del debito estero di circa cinque miliardi di dollari con la sola Cina. Lo Sri Lanka sta rimborsando un prestito di 1 miliardo di dollari acquisito da Pechino nel 2021, mentre deve anche una grande somma di denaro ad India e Giappone. Le riserve in valuta estera del paese erano di circa $1,58 miliardi a novembre, in calo rispetto a $7,5 miliardi quando l’attuale presidente Gotabaya Rajapaksa è entrato in carica nel 2019. L’offerta di valuta estera è stata danneggiata definitivamente quando le riserve valutarie sono scese da oltre $7,5 miliardi nel 2019 a circa $2,8 miliardi nel luglio 2021, aumentando la quantità di denaro che gli srilankesi hanno dovuto pagare per acquistare il cambio necessario per importare merci. Di conseguenza, il valore della rupia dello Sri Lanka è crollato.
Un altro fattore da tenere in considerazione è il quantitativo di Foreign Direct Investment ricevuti: la diminuzione progressiva a $548 milioni nel 2020 da $793 milioni nel 2019 e $1,6 miliardi nel 2018 è evidente, e ciò ha inciso ulteriormente sulle riserve di denaro straniero. Lo Sri Lanka rifiuta inoltre di accettare un prestito dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Ajith Nivard Cabraal, il governatore della banca centrale, ha detto ai giornalisti a gennaio che “in questo momento, le altre opzioni sono migliori che andare al FMI”, riferendosi implicitamente ai prestiti ancora provenienti dalla Cina.
La situazione di crisi ha contribuito a peggiorare gradualmente le condizioni di vita della popolazione. Nel 2019, la Banca Mondiale aveva classificato lo Sri Lanka come una nazione a medio reddito, fiorente anche dopo aver superato una guerra civile ed un attacco terroristico. Eppure, ad oggi, la situazione è ben diversa. A causa della mancanza di sufficienti quantità di carburante, le interruzioni di elettricità sono ormai una realtà quotidiana, mentre per le restrizioni all’importazione si registra forte carenza di medicinali salvavita, e alimenti di base come riso e latte sono difficili da trovare. La situazione è ulteriormente precipitata quando la società petrolifera statale dello Sri Lanka ha annunciato il razionamento del carburante per i veicoli con effetto da venerdì 15 aprile. Le lunghe code alle stazioni di rifornimento hanno provocato una massiccia rabbia pubblica con violente proteste in tutta l’sola, mentre le famiglie sperimentano periodi di mancanza di energia ormai di quasi 12 ore al giorno.
Considerando l’attuale status economico e sociale del Paese, non è chiaro se lo Sri Lanka possa permettersi di andare alle urne in anticipo. Tuttavia, lo slogan delle proteste ormai in corso da inizio aprile è “Go home Gota”, un mantra che viene ripetuto ad ogni manifestazione, esortando il presidente Gotabaya Rajapaksa a farsi da parte a causa della sua incompetenza nella gestione della crisi.
Fonti consultate per il presente articolo:
Inside Sri Lanka's worst economic crisis, people are dying in line for fuel - ABC News
Sri Lanka starts fuel rationing amidst severe economic crisis (indiatimes.com)
What’s happening in Sri Lanka? All you need to know about its economic crisis - BusinessToday
Sri Lanka economic crisis: Debt-ridden country starts fuel rationing - BusinessToday
Sara Scarano
Sara Scarano, classe 1996, è laureata con lode in International Cooperation on Human Rights and Intercultural Heritage all’Alma Mater Studiorum di Bologna, dove ha conseguito anche la Laurea Triennale in Sociologia. Femminista, ambientalista, con un forte interesse per la cooperazione e la politica internazionale, la questione migratoria, e in generale i Diritti Umani. Sogna una carriera negli organi internazionali o nelle ONG.
Sara Scarano, class 1996, graduated with honors in International Cooperation on Human Rights and Intercultural Heritage at the Alma Mater Studiorum of Bologna, where she also graduated in Sociology. Feminist, environmentalist, with a strong interest for international policy and cooperation, migration, and Human Rights in general. She dreams of a career in international bodies or NGOs.