La crisi della laicità nel mondo

Nonostante vari Paesi abbiano intrapreso un tentativo di instaurare approcci di partecipazione pubblica alla loro vita politica, i recenti sviluppi minacciano uno dei capisaldi delle pluralità democratiche globali: quello della laicità.

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  Redazione
  14 September 2021
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Allo scoccare dell’anniversario della strage dell’11 settembre, è davanti agli occhi di tutti la drammatica scena della ripresa del potere in Afghanistan da parte dei talebani. Non è questo, tuttavia, l’unico caso in cui una forza reazionaria ultrareligiosa arriva a governare un Paese che aveva intrapreso la strada per la laicità. Non è sufficiente, ovviamente, professare la necessità di separare politica e fede per raggiungere dei risultati sufficienti in questo senso. Alcune zone del mondo sono dilaniate da secoli di lotte intestine tra tribù e gruppi etnici diversi, in cui la religione è parte integrante dell’identità degli individui e in cui, spesso, l’idea laica di Stato viene fatta coincidere con un’intromissione di comunista memoria o un ennesimo tentativo imperialista di decimare le culture locali. Sono vari gli interventi che fanno coincidere, ad esempio, la volontà di allontanare la sfera spirituale dalla vita pubblica con un diniego della libertà di culto.

Qualche mese fa, in Europa, la camera bassa del Parlamento francese aveva approvato a stragrande maggioranza un disegno di legge che avrebbe rafforzato la supervisione di moschee, scuole e club sportivi per salvaguardare la Francia dagli islamisti radicali e promuovere il rispetto per i valori francesi. La legge prevedeva dei corsi di diritto e un maggior controllo dei leader religiosi presenti nel Paese. Tale provvedimento era arrivato in seguito a diversi attacchi che hanno caratterizzato la Francia negli anni. Non ultimo, l’uccisione del professore Samuel Paty, decapitato per aver diffuso vignette satiriche sull’Islam durante una sua lezione. Il dibattito che ne è seguito è stato intenso, in quanto la legge si rivolgeva in modo particolare al mondo musulmano. Dopo due settimane, il voto nella sede dell’Assemblea nazionale è stato il primo ostacolo critico per la legislazione che è stata a lungo in fase di elaborazione. Con la Francia insanguinata da attacchi terroristici, con centinaia di cittadini che sono andati in Siria negli anni passati e migliaia di truppe francesi che ora combattono gli estremisti in Mali, pochi dissentono sul fatto che la radicalizzazione sia un pericolo. Ma i critici vedono anche la proposta di legge come uno stratagemma politico per attirare l’ala destra nel partito centrista di Macron in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno. L’ampio disegno di legge è stato quindi fortemente contestato da alcuni musulmani e da gran parte della sinistra, i quali temono che lo Stato si intrometta nelle libertà essenziali e punti il ​​dito contro l’Islam, la seconda religione della nazione per numero di fedeli.

Una prima evidente differenza di interpretazione, in questo senso, è facilmente riscontrabile nell’etimo che, a seconda del contesto, viene attribuito al termine “laicità”. La traduzione comune e prevalente della parola nelle quattro principali lingue del mondo musulmano significa “non religioso”, quindi, implicitamente, “non islamico”. In vari Paesi a maggioranza islamica, il mondo ortodosso concorda addirittura nella necessità di non menzionare neppure il termine, considerandolo blasfemo e un’offesa ai valori tradizionali. Tuttavia, se osserviamo il significato e la definizione di questa parola nelle lingue occidentali, diventa ovvio che in nessuna di esse questa parola significa antireligioso. Significa piuttosto “riguardante gli affari del mondo, non spirituale” e “non interessato alla religione o alle credenze religiose”. In Occidente, fondamentalmente, il concetto di laicità non significa “anti-Dio”. Ne deriva che tutti i Paesi occidentali sono “costretti” (fortunatamente) a consentire la completa libertà di religione a ogni singolo individuo o gruppo di individui che vivono all’interno dei propri confini nazionali. Questa è diventata una caratteristica integrante della loro politica: in nessuno Stato che si dichiari laico può mancare nella propria Costituzione una garanzia di completa libertà di religione ai suoi residenti, compresi gli stranieri. Il governo ha il dovere di rimanere neutrale in materia di religione, a meno che questo non comporti dei problemi per la sicurezza pubblica. Ogni Paese è inoltre tenuto a fornire uguale diritti religiosi a tutti e ad usare il potere dello Stato per proteggere questa libertà.

L’esempio contemporaneo di laicità nel mondo musulmano più evidente è stato rappresentato dalla Turchia. Nel 1934, il governo del leader turco Mustafa Kemal Atatürk intraprese un percorso in cui la Turchia (all’indomani della disgregazione dell’Impero Ottomano) sarebbe risorto come Stato sovrano laico. Decretò, ad esempio, che Hagia Sofia, una basilica bizantina architettonicamente e simbolicamente significativa, convertita in moschea dopo la conquista ottomana di Costantinopoli nel 1453, diventasse un museo. La decisione di aprire a museo questo antico edificio religioso è stata ampiamente considerata come un simbolo di pacifica convivenza all’interno della Repubblica Turca. La recente sentenza del Consiglio di Stato turco invalida questo decreto del 1934 e concede al presidente della Turchia l’autorità di ripristinare il museo al suo status di moschea funzionante, osservando che i titoli di proprietà del sito classificano l’edificio come moschea. Subito dopo la decisione del Consiglio di Stato, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato la conversione di Hagia Sophia in moschea, con la preghiera del venerdì organizzata per più di mille fedeli il 24 luglio 2020. Ha anche posto l’edificio sotto la direzione dell’amministrazione degli affari religiosi. Erdoğan ha anche respinto le critiche internazionali, dichiarando la decisione una questione di sovranità turca.

Un nazionalismo conservatore confessionalista comporta spesso azioni militari deprecabili. Diversi rapporti del Parlamento Europeo hanno condannato le operazioni militari turche in Siria; l’assistenza turca alla Libia; e altre questioni geostrategiche, come la trivellazione del gas nelle acque territoriali di Cipro e le controversie marittime sulle aree del Mediterraneo orientale con Cipro e la Grecia; nonché il calo degli standard democratici dopo il fallito colpo di stato militare nel 2016. Nella sua risoluzione dell’ottobre 2019 sull’azione militare turca in Siria, il Parlamento ha invitato il Consiglio a considerare la sospensione delle preferenze commerciali. La relazione dell'UE risalente a luglio 2017 sulla relazione 2016 della Commissione sulla Turchia chiedeva la sospensione formale dei negoziati di adesione con la Turchia “senza indugio”, sulla base del calo degli standard democratici e dei diritti umani. Questo rapporto ha anche ricordato che il governo turco ha la responsabilità di proteggere tutti i suoi cittadini, “indipendentemente dalle loro origini e credenze culturali o religiose”; e ha deplorato “la diffusa pratica dell’espropriazione, anche di proprietà comunali e anche di proprietà ecclesiastiche, che costituisce una violazione dei diritti delle minoranze religiose”.

Spostandoci dalla contrapposizione (mai eccessivamente adeguata alla realtà) tra Occidente e mondo Islamico, troviamo una preoccupante ascesa verso il confessionalismo anche in altri Paesi importanti per lo scacchiere globale, quali l’India. Ciò preoccupa ancora di più, se si considerano i rapporti notoriamente deteriorati col vicino Pakistan. Il confessionalismo di Stato ha sempre portato ad animosità con altre fedi (rappresentative di Stati confinanti o simbolo di minoranze interne). La laicità come principio e pratica in India è in “pericolo” e la dispensa al potere potrebbe persino provare a rimuovere la parola dalla Costituzione, ha detto sabato il leader senior del Congresso Shashi Tharoor, ma ha affermato che “le forze dell’odio” non possono alterare il carattere laico del Paese. Da molti anni, tuttavia, il Paese è governato dal conservatore Narendra Modi, che ha portato il suo BJP (Partito Popolare Indiano) a trasformarsi in un’entità dai forti sentimenti nazionalisti, che rivendica la tradizione induista come parte fondante del vivere collettivo nel Paese.

Fa spavento considerare come nel mondo politico, ormai pochissimi abbiano il coraggio di prendere posizione riguardo questo argomento, temendo accuse di mancanza di rispetto per le libertà di culto altrui. E mentre diritti sociali acquisiti in seguito all’allontanamento della sfera spirituale da quella politica (come ad esempio il diritto all’aborto) sono minacciati in varie parti del mondo; mentre in Italia il premier Draghi nomina il Monsignor Vincenzo Paglia a capo della commissione per la riforma dell’assistenza sociosanitaria della popolazione anziana, va ricordato che la laicità dovrebbe essere elemento fondante di qualsiasi democrazia pluralista funzionante, l’unica caratteristica in grado di mantenere un equilibrio tra le diverse sensibilità in gioco.

Fonti consultate per il presente articolo:

Ashutosh Varshney, The right turn for BJP, The Indian Express, 25 giugno 2012.

Gangley Elaine, France passes anti-radicalism bill that worries Muslims, AP News, 16 febbraio 2021.

Hagia Sophia, Turkey’s secularism under threat, European Parliament Documents, https://www.europarl.europa.eu... Alam, Islam and Secularism, in “Pakistan Horizon”, July 2013, Vol. 66, No. 3 (July 2013), pp. 37-49.

Press Trust of India, Secularism as a principle and practice is in ‘danger’ in India, New Delhi, 31 ottobre 2020.

Paolini Alessandra, Monsignor Paglia consegna a Draghi la "Carta dei diritti degli anziani", La Repubblica, https://www.repubblica.it/cronaca/2021/09/01/news/premier_draghi_monsignor_paglia_anziani-316131761/

A cura di Edoardo Cappelli 

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