Il racket della prostituzione in Italia

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  Redazione
  04 February 2021
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In materia di violazione dei diritti, attraverso la pratica del sopruso della dignità umana, nel racket della prostituzione si è molto legiferato. In particolar modo a livello internazionale con il Protocollo della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo per ciò che concerne il traffico degli esseri umani, la pornografia e la prostituzione minorile. Il 12 dicembre del 2000 è stato firmato nella Conferenza di Palermo il terzo Protocollo che ha discusso il problema del “trafficking” per individuare mezzi legali e punitivi per i trafficanti e un sistema di recupero socio-assistenziale volto al reinserimento delle persone vittime della tratta.

Cos’é il “trafficking”?

Un editoriale molto interessate stilato dal sito ufficiale dei Carabinieri (vedi fonti) ha descritto un quadro dettagliato del fenomeno, spiegando che si tratta di un fenomeno criminoso, composto essenzialmente da tre fasi: la prima fa spesso leva su quelle che sono le speranze e i desideri delle ragazze migranti, che vengono prelevate dal loro luogo di origine raccontandole un mondo di menzogne a proposito di lavori onesti lontani dallo spettro dello sfruttamento, ma anche spesso minacciando ripercussioni sui familiari, quando spesso non sono addirittura vendute dalla famiglia stessa; il secondo momento che appare durante questa pratica disumana è il trasferimento via mare o via terra che spesso si conclude con violenza fisica e sessuale; infine le giovani donne vengono utilizzate come merce per il soddisfacimento delle frustrazioni sessuali altrui con il ricavo di un grandissimo ritorno economico per i gestori di tale inferno, e spesso vengono anche impiegate in lavori forzati e in schiavitù domestica. Come una vera e propria impresa il sistema criminale è gestito su più livelli: il primo è costituito dalle organizzazioni che gestiscono e pianificano il trasferimento delle vittime dal paese d’origine a quello di destinazione; il secondo livello è formato dalle organizzazioni dei paesi di transito o di frontiera con i paesi di destinazione, le quali assicurano il trasporto, l’alloggio transitorio e l’ingresso clandestino delle vittime; infine, ad un livello più basso, ci sono organizzazioni criminali minori che agiscono a favore dei gruppi di livello superiore nelle attività di reclutamento, trasporto e ingresso delle vittime. L’obiettivo primario del racket, esattamente come per qualsiasi altra realtà che potremmo definire “imprenditoriale”, è la massimizzazione del profitto e la prostituzione è un mezzo che ne produce moltissimo: gli organizzatori non devono fare ulteriori “investimenti”, mentre i clienti vedono soddisfatta ogni volta la propria domanda, senza considerare minimamente la sofferenza delle vite abusate.

In Italia

La legge n. 75/1958, detta anche “legge Merlin” dal nome della Senatrice Lina Merlin, promotrice e prima firmataria, ha abolito la regolamentazione della prostituzione e lotta tutt’ora contro i reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, anche per poter far parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Molte “case di tolleranza” furono adibite a centri di supporto e ricovero di ex-prostitute.

Intorno alla metà degli anni 80’ si registrò un forte crollo del mercato interno della prostituzione in quanto le ragazze italiane tossicodipendenti, per via del dilaniante problema dell’Aids, furono sostituite, soprattutto al Centro Nord, da giovani ragazze in prevalenza di origine nigeriana, con la convinzione che la minore età anagrafica rendesse impossibile il contagio da Hiv. Le ragazze di nazionalità diversa da quella italiana furono esponenzialmente sfruttate coinvolgendo in maniera sempre più globalizzante non solo coloro che provenivano dal continente africano, ma anche dall’Est Europa e da tutti quei Paesi svantaggiati su cui poteva facilmente far leva l’aspetto economico.

Attualmente l’Italia viene considerato sia un Paese di transito che di arrivo, anche per via della strategica posizione geografica.

Spesso le ragazze nigeriane subiscono ricatti psicologici con la promessa di indirizzare particolari “riti woodo” nei confronti di chi decide di recidere i rapporti senza estinguere la somma concordata per il trasporto clandestino. Per loro la prostituzione è il modo più veloce di recuperare la somma che assicuri la propria libertà dagli aguzzini.

Anche dietro ad un’apparente scelta “volontaria” delle ragazze che si prostituiscono si nasconde la necessità di recidere il prima possibile i rapporti con l’organizzazione e gettare le basi per la costruzione di una nuova vita.

Suggerisco la lettura del testo elaborato da Chiara Landolfo su “Lo sfruttamento lavorativo della donna migranti in Italia”: https://mondointernazionale.com/lo-sfruttamento-lavorativo-delle-donne-migranti-in-italia

Le fonti impiegate sono liberamente consultabili:

https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-monocromatica-di-donna-3225796/

https://www.altalex.com/documents/leggi/2013/10/24/legge-merlin

http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna-dell-arma/la-rassegna/anno-2008/n-2---aprile-giugno/studi/il-fenomeno-del-trafficking-e-la-prostituzione-delle-donne-emigranti

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/06/07/i-sessanta-anni-della-legge-merlin-_17d394eb-2b2a-4550-9b22-30b042f1bc17.html

a cura di Francescs Oggiano

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