Il fenomeno globale della “period poverty”

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  Sara Scarano
  19 July 2021
  4 minutes, 29 seconds

Secondo le più recenti stime dell’UNICEF [1], la mancanza di adeguati servizi igienici è una condizione in cui versano globalmente circa 2.3 miliardi di individui residenti nei paesi in via di sviluppo, di cui solo il 27% dispone di appropriati dispositivi per l’igiene personale in casa. Il fenomeno della “period poverty” deriva proprio dall’impossibilità per milioni di donne di avere accesso ad adeguate strutture per l’igiene personale durante il periodo delle mestruazioni, oltre alla mancanza di prodotti sanitari ed una generica carenza di educazione sul tema per le più giovani generazioni. Frequentemente, pur avendo accesso ai giusti prodotti sanitari, tale accesso risulta limitato, spesso a causa dello stigma che ancora oggi accompagna il fenomeno delle mestruazioni in molti paesi del mondo. La conseguenza è l’uso eccessivamente prolungato di uno stesso assorbente, che può causare infezioni e malattie dell’apparato genitale femminile. Inoltre, donne e ragazze affette da disabilità risultano maggiormente oppresse dalla mancanza di accesso a strutture adatte a necessità specifiche in materia di igiene mestruale.

Le cause di tale fenomeno – diffuso nei paesi in via di sviluppo come in quelli più sviluppati – spaziano dal vivere in aree soggette a conflitti armati, o zone vessate da disastri naturali, al costo eccessivo dei prodotti sanitari per il ciclo mestruale. Come già ricordato (Mestruazioni, assorbenti e IVA nel mondo - Mondo Internazionale), la tassa sugli assorbenti o “tampon tax” incide sul costo complessivo di specifici prodotti per l’igiene femminile, considerati come prodotti di lusso, con la conseguenza che l’acquisto di tali prodotti è frequentemente condizionato dalla disponibilità economica e, toppo spesso, non accessibile a tutte. Nel mondo si stima che una donna su dieci non è in grado di sostenere il costo degli assorbenti ed un 12% è costretto a ricorrere a metodi improvvisati per gestire i giorni del proprio ciclo, con risultati inefficaci o poco igienici.

Le conseguenze sono molteplici. Oltre ad un evidente rischio di danni alla salute riproduttiva della donna, la “period poverty” impatta anche sull’accesso all’educazione per le giovani, che quindi risultano molto più soggette a rischi quali gravidanze premature, malnutrizione, violenza domestica, oltre a quello di essere date via come spose bambine.

In paesi quali Nepal o India, per esempio, le donne sono considerate impure durante il periodo del ciclo mestruale e spesso vengono forzate a lasciare le loro abitazioni durante quei giorni, a causa dello stigma sociale ancora estremamente presente. Tra le comunità Hindu in Nepal è ancora fortemente diffusa la pratica del “chhaupadi” che proibisce alle donne hindu di partecipare alle normali attività familiari durante le mestruazioni perché considerate impure, forzandole a vivere lontane da casa e rendendole soggette a pericoli di stupro, attacco da parte di animali selvatici o fenomeni atmosferici avversi. In più, a causa di tale stigma le giovani perdono più giorni di scuola durante il loro ciclo: nell’Africa Sub-Sahariana molte ragazze perdono circa il 20% dell’intero anno accademico e alcune abbandonano del tutto il percorso scolastico.

Oltre a danni di natura fisica, il senso di vergogna e le vessazioni sociali che le donne subiscono a causa di normali funzioni fisiologiche mina profondamente anche il benessere psicologico: ansia e depressione risultano essere spesso connessi alle conseguenze dello stigma sulle mestruazioni, insieme ad un elevato livello di stress derivante dalle difficoltà nella gestione del proprio ciclo. Una survey condotta nel 2018 negli Stati Uniti [2] ha rivelato come il 42% delle donne intervistate abbia sperimentato una qualche forma di umiliazione da parte di un uomo a causa delle mestruazioni, mentre il 60% ha rivelato di provare imbarazzo durante il periodo mestruale a causa dei tabù ad esso connessi.

Durante l’era Covid, poi, si è registrato un aumento dei problemi derivati dalla “period poverty” a causa di un accesso ancor più ristretto ai materiali sanitari dovuto a carenze o ritardi nelle forniture durante i vari lockdown, con conseguente aumento dei prezzi che ha reso l’acquisto ancor più proibitivo.

Oltre ad assicurare sia l’accesso ai prodotti per l’igiene mestruale (anche tramite una riduzione delle tasse) sia la disponibilità di adeguati servizi igienici, la soluzione più frequentemente proposta riguarda la distruzione dei tabù sulle mestruazioni tramite una migliore educazione al riguardo. Grazie alla pressione esercitata da organizzazioni di beneficienza, alcuni governi hanno già compiuto passi avanti verso la normalizzazione del ciclo mestruale: nel 2014 l’India ha lanciato una campagna di sensibilizzazione all’educazione femminile chiamata “Save the Girl Child”, mentre in Nepal il governo ha intrapreso un lungo percorso verso l’eliminazione della pratica del “chhaupadi”, arrivando ad imporre, nel 2018, una pena di tre mesi di reclusione ed una multa di 3.000 rupie a chiunque costringa una donna all’allontanamento dalla propria abitazione durante il ciclo mestruale. Ciononostante, in molte aree del mondo il problema maggiore resta correlato alla mancanza di accesso a strutture sanitarie ed acqua pulita.

Fonti consultate per il presente articolo:

[1] FAST FACTS: Nine things you didn't know about menstruation (unicef.org)

[2] Nearly 60% Of US Women Still Feel Period Shame: Survey (globalcitizen.org)

Period Poverty: Everything You Need to Know (globalcitizen.org)

Let's Talk About Menstrual Hygiene | UN Dispatch

What is it? | period poverty (periodpovertyawareness.ga)

Period poverty | ActionAid

Period Poverty: What Is It & How Can We Help? | Yoppie

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Sara Scarano

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