Il Carcere di Guantanamo

Cosa accade in un carcere statunitense nel XXI secolo?

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  Alice Stillone
  16 April 2021
  5 minutes, 51 seconds

Guantanamo è una porzione di territorio cubano ceduto tramite un trattato bilaterale dallo stato di Cuba agli Stati Uniti nel 1903. Tale territorio venne originariamente ceduto in affitto perpetuo per essere utilizzato come base navale a seguito della guerra ispanico-statunitense di fine ottocento che aveva reso Cuba uno stato ufficialmente indipendente.

Tuttavia, ben presto gli Stati Uniti iniziarono ad utilizzare il territorio dato in affitto dai cubani come una base militare e non navale, violando i termini dell’accordo.

Pertanto, dal 1903 gli USA hanno ottenuto, in affitto perpetuo, il territorio cubano di Guantanamo, avendone di fatto la giurisdizione ed il pieno controllo (seppur formalmente la sovranità rimanga nelle mani di Cuba), trasformandolo da base navale in una base militare.

La situazione diventa più complessa quando nel 2002 l’amministrazione americana, allora guidata da George W. Bush, apre un campo di prigionia nella base militare di Guantanamo, destinato ad accogliere i sospettati di terrorismo.

É doveroso analizzare anzitutto il contesto, bisogna ricordare infatti che appena un anno prima, l’11 settembre del 2001, gli USA avevano subito il durissimo attacco terroristico alle torri gemelle che scosse estremamente tutto l’occidente.

Pertanto, dagli inizi degli anni 2000 gli stati occidentali hanno iniziato a vedere il terrorismo islamico come una minaccia pericolosissima, cercando di rafforzare gli strumenti di difesa. Su questa scia, l’amministrazione Bush aprì il campo di prigionia a Guantanamo; tale scelta però non fu priva di contraddizioni: se è comprensibile la volontà degli Stati Uniti di agire in maniera concreta contro i terroristi, è anche vero che la costruzione e lo sfruttamento di questo ''supercarcere'' non sono legittimi dal punto di vista del diritto internazionale sotto moltissimi aspetti, primo fra tutti la violazione dei diritti umani.

Secondo il diritto umanitario (cioè quel settore del diritto internazionale che si applica in situazioni di conflitto), fatte delle specifiche eccezioni, tutti coloro che partecipando legittimamente al conflitto vengono catturati dall’altra parte belligerante hanno diritto allo status di prigioniero di guerra. Tale status conferisce a coloro che vengono catturati una serie di diritti aggiuntivi, sanciti nella Terza Convenzione di Ginevra che non spetterebbero a dei detenuti comuni. Tra questi ricordiamo, per esempio, il diritto a non essere processati per omicidio dai tribunali ordinari dello stato che li detiene. La ratio che sta dietro a tale norma è individuabile nel fatto che coloro che partecipano al conflitto (e che sono internazionalmente riconosciuti come ''legittimi combattenti''), al contrario dei carcerati comuni, non possono essere puniti per le loro azioni, che rientrano nell’esercizio militare.

Nel caso specifico, il problema che viene in rilievo è relativo al fatto che tale Convenzione è applicabile solo ai conflitti internazionali cioè a quei conflitti che, ai sensi del diritto internazionale, sono in corso tra due o più stati.

Nel caso in cui uno stato sia oggetto di un attacco terroristico, non si troverebbe di fronte ad un conflitto internazionale bensì ad una fattispecie non giuridica nota come “conflitto internazionalizzato” o “guerra asimmetrica”. Con tali concetti s’intende un conflitto tra uno stato ed un’entità non statale (per esempio un’organizzazione terroristica). Da ciò deriva che, essendo l’organizzazione terroristica un ente non statale, il conflitto tra stato e organizzazione terroristica non è un conflitto internazionale e pertanto la Convenzione di Ginevra non risulta applicabile. Attualmente, secondo il diritto internazionale, i terroristi catturati non vengono considerati prigionieri di guerra perché la prassi e l’opinio iuris in merito differiscono da stato a stato. Pertanto si ritiene che questi non abbiano diritto a ricevere lo status di prigionieri di guerra perché, non partecipando ad un conflitto internazionale, non sono riconosciuti come legittimi combattenti.

La situazione del carcere di Guantanamo è singolare e sotto molti punti di vista vìola il diritto internazionale e, più specificatamente, quello umanitario.

Come già ricordato in precedenza, a seguito dell’attacco alle torri gemelle gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione George W. Bush, costruirono il carcere a Guantanamo in territorio cubano ma sotto controllo e giurisdizione statunitense, portandovi coloro che vennero fatti prigionieri in Afghanistan e che si supponeva avessero legami con Al Qaeda o con i talebani.

Il punto critico risiede nel fatto che, quando questi prigionieri sono portati a Guantanamo, non essendo ‘legittimi combattentinon vengono riconosciuti come prigionieri di guerra, pertanto sono privi della protezione giuridica che deriva da tale status. Per questo motivo, l’amministrazione Bush creò la figura dell''enemy combatant'' per riferirsi a tale categoria di prigionieri. Tale denominazione si riferisce ai prigionieri che non rientrano nella protezione giuridica della Terza Convenzione di Ginevra e neanche in quella che spetterebbe alla normale popolazione civile.

Si viene pertanto a creare una sorta di “limbo” in cui i carcerati che finiscono a Guantanamo non vengono trattati come prigionieri di guerra né tantomeno come prigionieri comuni a cui chiaramente spetterebbero le tutele dei diritti umani, in osservanza del diritto interno dello stato che li detiene.

Gli Stati Uniti ritengono che nel carcere di Guantanamo, non trattandosi di territorio statunitense, non potrebbe applicarsi il diritto interno degli States nonostante di fatto, con il trattato Cuba-USA, questi ultimi avessero ottenuto la giurisdizione e il pieno controllo del territorio. Inoltre, ai sensi del diritto internazionale, ciascuno stato risponde delle persone sotto la propria giurisdizione indipendentemente dal fatto che i cittadini in questione siano della nazionalità dello stato in cui si trovano. Ne deriva che giustificare la mancata applicazione delle garanzie dei diritti umani fondamentali solo perché i prigionieri non sono detenuti in suolo americano è un’argomentazione che non regge giuridicamente.

Durante la detenzione a Guantanamo i prigionieri, spesso incarcerati con il solo sospetto di essere stati affiliati ai responsabili dell’attacco terroristico dell' 11 settembre, subiscono sconcertanti violazioni dei loro diritti. Anzitutto non hanno diritto ad un equo processo scontando pene interminabili senza che sia accertato il loro coinvolgimento. Secondariamente, tali prigionieri sono oggetto di torture scientificamente organizzate. Infatti, due psicologi statunitensi, Jessen e Mitchell, sono stati incaricati dalla CIA di ideare delle tecniche avanzate di interrogatorio che comprendessero il waterboarding, l’isolamento in celle di dimensioni minuscole, pestaggi e privazione del sonno. Le precedenti tecniche equivalgono tutte ad atti di tortura e costituiscono una palese violazione di innumerevoli trattati internazionali, primo fra tutti la Convenzione di New York contro la tortura del 1984, ratificata dagli USA il 21 ottobre del 1994.

Il carcere di Guantanamo, che ancora oggi rimane aperto nonostante l’executive order dell’amministrazione Obama che ne ordinava la chiusura, rappresenta un fallimento inaccettabile di molti strumenti del diritto internazionale e costituisce una triste realtà che merita di essere conosciuta.

Gli USA, noti come gli esportatori della libertà nel mondo nonché come la nazione “culla della democrazia”, nel XXI secolo applicano la tortura cercando escamotage giuridici e giustificazioni insostenibili.

A cura di Alice Stillone

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Fonti consultate per il presente articolo:

-Terza Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei prigionieri di guerra

- https://www.amnesty.it/usa-gli-artefici-del-programma-di-torture-della-cia-per-la-prima-volta-testimoni-a-guantanamo/

- https://www.amnesty.it/usa-gli-artefici-del-programma-di-torture-della-cia-per-la-prima-volta-testimoni-a-guantanamo/

- https://www.amnesty.it/usa-gli-artefici-del-programma-di-torture-della-cia-per-la-prima-volta-testimoni-a-guantanamo/

- https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-in-camicia-arancione-che-tiene-sul-recinto-di-legno-marrone-6069351/

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