Il Brasile di Bolsonaro

Quali le violazioni dei diritti umani?

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  Alice Stillone
  18 September 2021
  4 minutes, 16 seconds

Dal 1° gennaio 2019, data in cui ha assunto la carica di presidente del Brasile, Jair Bolsonaro è nel mirino di molte organizzazioni per i diritti umani.

Dal 2019 ed in particolare dal 2020, contestualmente allo scoppio e agli sviluppi della pandemia da Covid-19, la popolazione brasiliana ha visto i propri diritti significativamente ridotti e ciò può essere attribuito, oltre a condizioni sistemiche preesistenti nella Federazione, alle posizioni assunte dal nuovo Presidente.

In Brasile - stando al rapporto annuale di Human Rights Watch - la libertà d’espressione è stata notevolmente ristretta, a causa di attacchi (circa 449) a giornalisti ed al loro lavoro da parte dei membri del parlamento federale, del Presidente e di alcuni funzionari del governo tra gennaio 2019 e settembre 2020.

Per ciò che attiene i diritti delle donne, l’attuazione della legge “Maria da Penha”, approvata nel 2006 e volta a sanzionare la violenza domestica, nonché a proteggere le donne in ambiente casalingo, è stata ritardata proprio dall’amministrazione Bolsonaro.

Relativamente all’aborto, esso rimane legale in Brasile solamente in caso di stupro, quando il feto ha gravi e specifici problemi, oppure se è in pericolo la vita della madre. Per una donna avere accesso all’aborto negli stati della Federazione è estremamente difficile poiché l’amministrazione Bolsonaro ha ulteriormente inasprito le barriere all’accesso all’aborto e poiché, su circa 210 milioni di abitanti, solo 42 ospedali in Brasile praticano aborti legali durante la pandemia del Covid-19.

Per quanto riguarda i diritti ambientali, nel territorio sono presenti molte organizzazioni no profit che si occupano di tutelare l’ambiente ed in particolare la foresta Amazzonica, altrettanti però sono gli omicidi nel contesto dei conflitti per l’uso dell’acqua, della terra e delle risorse derivanti dall’Amazzonia. Anche in questo contesto l’amministrazione Bolsonaro si è distinta per non avere avuto particolare riguardo per i diritti della popolazione infatti, dal gennaio del 2019 il nuovo presidente ha indebolito l’applicazione delle leggi ambientali. Ciò ha causato un incremento della deforestazione che nel 2019 è aumentata dell’85%, lo stesso dicasi per gli incendi boschivi - da cui deriva un grave inquinamento atmosferico - e per le attività delle reti criminali legate alla deforestazione che uccidono e minacciano gli indigeni o coloro che difendono la foresta e l’ambiente in generale.

Tuttavia, le già precarie condizioni in cui viveva la popolazione brasiliana prima dell’attuale pandemia, sono ulteriormente peggiorate a seguito di quest’ultima. Il Presidente avrebbe infatti minimizzato il Covid-19 definendolo “una piccola influenza” e rifiutando di prendere misure volte a proteggere la popolazione dalla diffusione del virus. Il paese infatti è uno tra i primi per numeri di casi e vittime e, a causa dell’enorme tasso di disuguaglianza, i brasiliani neri sono stati più esposti alla contrazione del virus e, conseguentemente, alla morte in ospedale. Stando al report annuale di HRW, gli esperti attribuiscono tale disparità al più alto tasso di lavori informali svolti dalla popolazione nera che impedisce agli appartenenti a quest’ultima di lavorare da casa. Anche la popolazione indigena ha risentito della pandemia poiché, a causa dello scarso accesso all’assistenza sanitaria e alla presenza di malattie respiratorie e croniche preesistenti, è rimasta particolarmente vulnerabile alle complicanze del virus. Infatti, l’ONG Articolazione dei popoli indigeni del Brasile, fino al 29 ottobre 2020 aveva registrato 38.124 casi e 866 decessi di indigeni nel Paese.

Nel cercare di porre un freno alla limitazione dei diritti messa in atto dal presidente Bolsonaro, hanno giocato un ruolo la Corte Suprema brasiliana e altre istituzioni, nonché le organizzazioni della società civile e per i diritti umani che agiscono in loco. A giugno 2020 infatti il Congresso aveva approvato un disegno di legge che obbligava il governo a fornire assistenza, perlopiù sanitaria, alla popolazione indigena a causa della pandemia. La risposta dell’amministrazione fu quella di porre un veto che, tuttavia, venne ribaltato dal Congresso.

Stando alle informazioni di Amnesty International, le azioni dell’amministrazione Bolsonaro che hanno destato le principali preoccupazioni dei loro osservatori sono, tra le altre, l’ammorbidimento delle leggi sul possesso e l’uso delle armi da fuoco, la nuova legislazione nazionale in materia di droga, le norme volte ad interferire nelle attività delle organizzazioni della società civile e soprattutto l’uso di una retorica anti-diritti umani da parte di alti rappresentanti del governo, incluso il Presidente.

L’impegno così intenso dedicato dalle organizzazioni per i diritti umani alla situazione brasiliana dimostra la precarietà dei diritti della popolazione in questo paese. Data la dimensione geografica, l’alto tasso di disuguaglianze e le diversità sociali, vi è un'alta probabilità che si verifichino violazioni dei diritti umani tra i vari stati della Federazione. Tuttavia, l’attuale amministrazione Bolsonaro sembrerebbe, dagli atti e dalle posizioni assunte pubblicamente, voler propagandare una retorica anti diritti umani, che preoccupa molto coloro che nel mondo si battono per la salvaguardia di tali diritti.

Fonti utilizzate per il seguente articolo:

- https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2020-2021/americhe/

- https://www.amnesty.it/brasile-diritti-umani-bolsonaro/

- https://www.amnesty.org/en/latest/press-release/2018/10/brazil-toxic-speech-must-not-become-government-policy/

- https://it.euronews.com/2021/01/14/bolsonaro-nemico-assoluto-dei-diritti-umani-secondo-hrw

- https://www.hrw.org/news/2021/01/13/brazil-institutions-stand-bolsonaro

- https://www.hrw.org/world-report/2021/country-chapters/brazil

- https://unsplash.com/photos/pS...

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