I diritti collettivi dei popoli indigeni

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  Redazione
  13 April 2021
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I diritti umani possono essere suddivisi in diverse categorie. Ad esempio, possiamo fare una distinzione fra diritti politici, sociali e culturali, oppure tra diritti individuali e collettivi.

Mentre i diritti individuali appartengono al singolo, che sia o meno parte di un gruppo, i diritti collettivi si applicano al gruppo nel suo insieme e non ai singoli componenti.

Il contenuto e la rilevanza dei diritti collettivi sono tutt’ora oggetto di acceso dibattito, soprattutto nel mondo occidentale. La questione principale è identificare quali siano le collettività a cui tali diritti possono applicarsi e quali non lo siano. Nel mondo, i principali gruppi che rivendicano i diritti collettivi sono i popoli indigeni. Non vi è un pensiero concorde internazionalmente su quali popoli siano da considerare indigeni, ma in generale si tratta di società precoloniali che hanno fatto fronte alla specifica minaccia di occupazione straniera data dal colonialismo.

Il testo internazionale di riferimento per i diritti collettivi dei popoli indigeni è la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni del 2007. I principali punti della Dichiarazione sono tre: il diritto di autodeterminazione dei popoli, il diritto di usufruire delle risorse del territorio e il diritto alla conservazione della cultura.

Il diritto collettivo che è stato più universalmente riconosciuto dagli Stati nel corso degli ultimi cinquant’anni è quello all’autodeterminazione dei popoli. Ad esempio, la Carta Africana sui diritti degli uomini e dei popoli afferma che: “Ogni popolo ha diritto all’esistenza. Ogni popolo ha un diritto imprescrittibile e inalienabile all’autodeterminazione. Esso determina liberamente il proprio statuto politico e assicura il proprio sviluppo economico e sociale secondo la via che esso ha liberamente scelto”.

Possiamo fare una distinzione fra autodeterminazione esterna o interna. La prima si riferisce alla liberazione dal dominio coloniale e dallo sfruttamento straniero. La seconda viene raggiunta quando, in uno Stato, il governo rappresenta tutta la sua popolazione senza distinzioni di religione, lingua o cultura. L’autodeterminazione non è azionabile da tutte le minoranze nazionali, bensì unicamente dai soggetti collettivi identificati come popoli.

Per i popoli indigeni, però, il principio di autodeterminazione non è quello tipico: non sempre si tratta di popoli stanziati in territori coloniali, sottoposti a dominazione straniera o a regimi basati sulla discriminazione razziale. A titolo di esempio, è famoso il caso dei popoli indigeni che vivono nella Foresta Amazzonica e lottano contro la deforestazione attuata dal governo brasiliano a favore delle grandi industrie, tra cui quella della carne. Piuttosto che una vera e propria indipendenza, questo genere di popoli hanno necessità di un’autodeterminazione interna, con il riconoscimento dell’autonomia nei campi fondamentali ad assicurare la conservazione del gruppo e della sua identità. Questo tipo di autodeterminazione si configurerebbe come l’unico modo efficace di assicurare la tutela dei diritti umani dei popoli indigeni all’interno degli Stati in cui risiedono.

L’autodeterminazione, nell’esempio amazzonico, serve a garantire il mantenimento delle terre, da cui deriva la cultura e l’identità del gruppo. Infatti, nella Dichiarazione del 2007, dopo il diritto all’autodeterminazione, viene stabilito il divieto di assimilazione forzata dagli Stati e l’obbligo per questi di garantire meccanismi atti ad evitare azioni che privino i popoli della propri identità, delle terre e delle risorse.

Il tema della terra è stato già trattato nella Dichiarazione di Seattle dei popoli indigeni del 1999, da cui emerge il diritto di mantenere un rapporto spirituale e materiale con il territorio, utilizzando le risorse conformemente alle proprie credenze e tradizioni. Per questi motivi esistono i diritti alla restituzione delle terre confiscate, occupate o danneggiate ai popoli indigeni, e alla compensazione in caso di impossibilità a restituirle.

Importante, ai fini del mantenimento della propria cultura, è la possibilità di creare istituzioni scolastiche nella propria lingua indigena e la partecipazione ai processi decisionali dello Stato che riguardano il popolo indigeno attraverso i propri rappresentanti.

Non tutti questi principi sono universalmente riconosciuti nel mondo, tanto che molti popoli nativi sono oggi minacciati. In riferimento all’esempio precedente, la deforestazione in Amazzonia rischia di lasciare senza risorse le popolazioni indigene in Brasile. Gli attivisti e le attiviste indigene lottano duramente e sono spesso detenuti per ottenere il rispetto dei diritti del proprio popolo.

Infine, una delle principali problematiche quando si parla di diritti collettivi è la scelta dei rappresentanti degli interessi di un popolo. Non essendovi dei processi ben definiti ed equi per la scelta di questi ultimi, c’è la possibilità che essi non siano in grado di riportare gli interessi collettivi del popolo, bensì quelli personali.

A cura di Chiara Landolfo

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Fonti:

https://www.filodiritto.com/i-...

Cammarata, Roberto, 2004. I diritti dei popoli indigeni. Lotte per il riconoscimento e principio di autodeterminazione. In “Working Papers” 6/2004.

Cobo Martínez, Josè R., 1983. Study of the problem of discrimination against indigenous populations.

Ted, Moses. Non chiamateci “Popolazioni”. http://www.gfbv.it/3dossier/po... [19 maggio 2016].

Santamaria, Maya, 2013. I popoli originari dell'America Latina: diritti e rivendicazioni. In “I Report dell’IsAG” 20/December 2013.

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