“Govcoins” parte 2: le conseguenze

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  Davide Bertot
  30 June 2021
  5 minutes, 48 seconds

Le valute digitali di stato, o CBDC (Central Bank Digital Currencies), sono ormai una realtà in molti paesi del mondo e rischiano di sconvolgere non solo il modo con cui utilizziamo e pensiamo il denaro, ma anche il ruolo delle banche nell’economia e quindi l’intero sistema finanziario, con risvolti economici ma anche politici difficili da valutare nella loro interezza.

Nel primo articolo sull’argomento abbiamo visto qual è stato il ruolo classico di banche e banche centrali e il fatto che la digitalizzazione ha rivoluzionato anche questo settore, mettendo alle strette il sistema tradizionale e delineando un futuro radicalmente diverso. Ma quanto è desiderabile questo futuro? In questo secondo appuntamento sui “govcoins” ci focalizziamo sugli effetti di un’adozione massiccia di queste valute digitali e sulle opportunità e i pericoli che ne conseguono.

I vantaggi

Come abbiamo già discusso nell'articolo precedente, una valuta digitale sarebbe un metodo di pagamento sicuro e veloce, che utilizzerebbe i vantaggi delle criptovalute con la stabilità di una moneta di stato e permetterebbe la creazione di un sistema finanziario più efficiente e conveniente. Le transazioni e i processi sarebbero snelliti e semplificati per tutti gli utenti, e i costi sarebbero ridotti perché una CBDC non necessita di intermediari che devono essere retribuiti per i loro servizi (con un guadagno di oltre 350 dollari all’anno per ogni persona sul pianeta).

Questo porterebbe ad una maggiore inclusione finanziaria, perché la disintermediazione e il rapporto diretto con la banca centrale renderebbe la finanza accessibile per l’1,7 miliardi di persone che non hanno un conto bancario.

Inoltre, l’introduzione di una CBDC potrebbe anche ampliare il ruolo e le capacità delle banche centrali, con svariati risvolti positivi. La politica monetaria sarebbe più efficiente e mirata, dal momento che le banche centrali controllerebbero sia la quantità che la remunerazione della moneta digitale circolante. Questo permetterebbe loro di agire direttamente su consumi e investimenti modificando i tassi d’interesse sui depositi digitali, ma anche di fornire sostegno immediato ai cittadini accreditando direttamente soldi sui loro portafogli virtuali e quindi sostenendo la domanda aggregata con misure ad hoc. Nel caso estremo di una sostituzione completa della moneta fisica con quella digitale, le banche centrali potrebbero persino adottare tassi d’interesse negativi sulla moneta circolante, aumentando drasticamente l’efficienza della propria azione stabilizzatrice contro crisi, recessioni e deflazioni. Infine, la possibilità di controllo e tracciamento delle transazioni eseguite con CBDC ridurrebbe drasticamente il rischio di riciclaggio di denaro, evasione fiscale e altri reati finanziari.

E’ quindi chiaro quale sia l’attrattiva di un tale sistema di pagamento conveniente, sicuro, istantaneo e universale. Ma questa attrattiva cela anche dei pericoli.

I rischi

I “govcoins” potrebbero quindi diventare una forza dominante nella finanza internazionale, grazie anche all’effetto network (i benefici di stare all’interno di un network, così come i costi di non farne parte, aumentano all’aumentare del numero di persone presenti al suo interno). Ma questa egemonia delle CBDC avrebbe ripercussioni preoccupanti, in particolare nell’ambito della privacy e nel nuovo ruolo delle banche commerciali.

Se uno dei motivi delle banche centrali è la paura di perdere il proprio controllo sull’economia, un utilizzo massiccio delle valute digitali concentrerebbe troppo potere nelle mani di una sola istituzione, che avrebbe accesso ad una mole di dati sensibili sui propri cittadini e che potrebbe attivamente controllare il loro comportamento economico. Se il denaro contante è una forma di pagamento intrinsecamente anonima, il suo sostituto digitale potrebbe essere facilmente monitorato e programmato: basti pensare a multe istantanee o congelamenti di conti per comportamenti “inappropriati”, o ad una moneta programmata per obbligare o vietare determinate categorie di spesa (ad esempio impedire l’acquisto di certi beni d’importazione o certi servizi come un aborto).

Ma il controllo sociale non sarebbe l’unico problema legato alla privacy: concentrare una tale quantità di informazioni in un solo posto, e legarla all’utilizzo di una valuta digitale, renderebbe questi dati molto più vulnerabili. Se già oggi un attacco informatico può causare gravi danni, un simile attacco che comprometta l’utilizzo o la sicurezza di una valuta digitale sarebbe devastante per l’economia di uno stato.

L’altro grande problema legato alle CBDC è relativo alla scomparsa delle banche commerciali. L’attuale sistema finanziario ha molti difetti, ma anche l’alternativa pone dei problemi: se la maggior parte delle persone depositasse i propri soldi direttamente nelle banche centrali, le banche commerciali potrebbero ritrovarsi improvvisamente senza fondi con cui fare prestiti, causando effetti negativi su consumi e investimenti e costringendo le banche centrali a occuparsi anche di questo (con la prospettiva tutt’altro che rosea di burocrati che decidono l’allocazione del credito). E questa fuga di capitali dalle banche potrebbe anche accelerare in concomitanza con crisi finanziarie, perché i risparmiatori potrebbero vedere nelle valute digitali un’alternativa più sicura ai depositi bancari, inasprendo ulteriormente la recessione.

Inoltre, spesso le banche centrali non vogliono occuparsi dell’allocazione del credito: è più facile essere garanti della stabilità finanziaria se si può lasciare ad altri il rapporto quotidiano coi privati ed intervenire solo per correggere le inefficienze del sistema. Tuttavia, un uso massiccio delle CBDC porterebbe le banche centrali ad essere più vicine all’azione, esponendosi a rischi maggiori legati alle più larghe fluttuazioni del proprio bilancio.

Il contesto internazionale

Non bisogna nemmeno sottovalutare le conseguenze geopolitiche di un mondo dominato dalle valute digitali di stato. Le CBDC potrebbero diventare una valida alternativa all’attuale egemonia del dollaro a livello mondiale: oggi il dollaro è la prima valuta di riserva del pianeta, anche grazie alla libera circolazione dei capitali che il colosso cinese non può rivaleggiare, e questo contribuisce all’influenza globale degli USA. Ma il suo predominio si basa su sistemi tradizionali, che verrebbero meno una volta adottate le valute digitali come principale metodo di pagamento internazionale. Alcuni commentatori si spingono persino a considerare un euro digitale come un modo per sfidare l’egemonia statunitense, con effetti positivi sul ruolo internazionale dell’euro e dell’Europa.

Tuttavia, Paesi più piccoli e deboli temono lo sconvolgimento geopolitico causato dalle CBDC, immaginando che la popolazione, invece di utilizzare la moneta locale, passi ad una valuta estera digitale sicura e facilmente accessibile, scatenando il caos per il sistema economico e finanziario locale.

In conclusione, una tale gamma di opportunità e pericoli richiede cautela e raziocinio, ed è rivelatorio che i burocrati cinesi, che considerano il controllo più importante di ogni altra cosa, stiano limitando l’espansione dello e-yuan. I governi e le istituzioni finanziarie devono prepararsi a un cambiamento epocale del ruolo del denaro e ad un ridimensionamento importante del ruolo delle banche. Rinforzare le leggi sulla privacy e riformare il sistema finanziario e il funzionamento delle banche centrali sono solo alcune delle contromisure che devono essere adottate tempestivamente per combattere i rischi della transizione digitale.

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Davide Bertot

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Economia