Fake news: semplici burle o strumenti di manipolazione

Come affrontare una crisi di disinformazione

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  Redazione
  15 December 2020
  5 minutes, 19 seconds

A cura di Maria Cristina Prisco

Oltre alle problematiche legate alla pandemia globale che stiamo affrontando, il mondo è contemporaneamente assalito dal fenomeno della disinformazione. Essa può essere assimilata ad una epidemia che ha effetti su una ampia fetta della comunità; è una propaganda mirata a distorcere la realtà dei fatti e la verità per interessi politici ed economici in ogni settore.

Nel passato le notizie false erano facili da riconoscere e consistevano principalmente in falsi articoli web che ruotavano intorno a temi ‘’leggeri‘’. Il metodo utilizzato per individuare fake news era abbastanza semplice: avveniva tramite il rintracciamento degli errori di battitura presenti nel testo e indirizzi web che assomigliavano a indirizzi noti.

Ma la disinformazione si è ormai insinuata in angoli molto più bui e ha assunto diverse forme, ad esempio i meme di internet, cioè un’immagine ritoccata a cui viene aggiunto un testo sensazionale slegato dal contesto della stessa.

Un esempio di meme dannoso è quello in cui si ritrae Breonna Taylor, dottoressa nera uccisa dalla polizia a casa sua, sparare per prima contro gli agenti, al contrario di quanto è accaduto realmente.

Il fenomeno è in aumento. Soprattutto con la pandemia, le persone si recano sempre più sul web a cercare informazioni. Sta diventando sempre più difficile trovare e sentirsi sicuri di leggere fatti veritieri.

Ma la disinformazione non minaccia soltanto il mantenimento di un sistema di informazione sano e plurale, ma presenta dei rischi significativi anche per i diritti umani, che vanno ben oltre la libertà di espressione.

Guardando ai casi in cui la disinformazione ha determinato una compressione di tale diritto, si coglie che gli effetti lesivi del fenomeno incidono direttamente e pericolosamente sulla sfera individuale dei cittadini. Come ampliamente dimostrato da numerosi studi e analisi, infatti, campagne di disinformazione mirate contro alcuni gruppi di individui, soprattutto minoranze etniche, razziali e religiose, vengono spesso messe in atto per impedire o limitare l’esercizio del diritto di voto attivo di questi gruppi di individui.

Per esempio, durante la campagna presidenziale USA del 2016, gli utenti afroamericani sono stati oggetto di una massiccia campagna di disinformazione attraverso la quale venivano diffuse informazioni errate sulle procedure di registrazione nelle liste elettorali per rendere nullo il loro tentativo di partecipare al voto.

Questo configura una violazione del divieto di discriminazione sancito dall’art. 2 della Convenzione.

I social media possono rappresentare uno spazio ostile per determinate categorie di individui, e il dibattito online può diventare talmente aggressivo e "tossico" da spingere addirittura alcuni candidati a ritirarsi dal confronto elettorale.

Di fatto, tale carattere ostile dello spazio digitale, alimentato da campagne disinformative e da notizie false, può avere effetti significativi ed importanti che vanno ben oltre il diritto di voto e di partecipazione politica e può indurre alcuni individui a rinunciare volontariamente all’esercizio dei propri diritti, anche di diversa natura, per paura di subire ulteriori aggressioni online o offline.

Infatti, molto spesso e con molta facilità, gli attacchi effettuati sia verbalmente sia attraverso la diffusione di immagini e video fake, portano a vere e proprie compromissioni della sfera fisica dell’individuo, arrivando potenzialmente a lederne il diritto all’integrità, alla vita, alla sicurezza e alla libertà di movimento.

La disinformazione può quindi essere un danno per il nostro benessere, può alimentare la rabbia e incitare alla violenza. Ne è un esempio, la notizia di un noto giornalista, Saverio Tommasi, aggredito e minacciato da un gruppo di partecipanti alla manifestazione dei negazionisti del Covid-19 a Roma, che, spinti da disinformazione e cospirazionismo, si sono scagliati contro il giornalista minacciandolo verbalmente e fisicamente.

Per sconfiggere tale fenomeno in Europa si è tentato di agire sia a livello di singoli Stati che di Unione Europea. Il Code of practice on disinformation (The Code), il quale illustra una definizione di fake news e le finalità a cui è etimologicamente orientato da parte dell’UE, sembra solo lo step iniziale di una più efficace e futura azione. Quello che ci si auspica, tuttavia, è che la futura azione europea non lasci alle piattaforme social gli stessi ampi margini di gestione dei contenuti informativi attualmente presenti, che altrimenti rischierebbero di incrementare la privatizzazione della censura.

Vi sono molti modi per capire se una notizia è vera o falsa. Il primo passo da compiere è quello di fare una rapida ricerca web, individuando la fonte della notizia e se questa è riportata dalle testate più autorevoli. È rilevante capire se il dominio del sito web è quello della testata oppure è contraffatto; oltre a ciò, occorre verificare se la notizia riporta una firma oppure no.

Inoltre, in caso di immagini, si può procedere alla cosiddetta ‘’ricerca inversa’’: caricando un’immagine dalla barra di ricerca di Google, si troveranno tutte le immagini simili e, così facendo, si riuscirà facilmente ad intuire se l’immagine incriminata è originale o contraffatta.

Un altro metodo per riconoscere una fake news è quello di verificare dati, riferimenti e testimonianze: se vengono citate solo generiche ricerche scientifiche o generici esperti, allora è molto probabile che la notizia in oggetto sia una bufala.

In ogni caso, la regola da seguire è unica: bisogna riflettere e prendersi il tempo di verificare la veridicità di ogni notizia.

C’è un ultimo e importantissimo comportamento da tenere per evitare che la disinformazione si diffonda: leggere gli articoli prima di condividerli, diventare dei veri e propri fact-checker. Il fact-checking non è censura. È nell'interesse comune denunciare notizie false anche se, spesso, il vero scopo delle fake news è renderle virali il più velocemente possibile, prima che possano essere contraddette o etichettate come bufale e affinchè suscitino reazioni nell’opinione pubblica. È importante non condividere tali ‘’notizie’’ sui social o su applicazioni di web-chatting; in questo modo si eviterà che si diffondano e continuino a provocare danni alla società.

In conclusione, il ruolo di tutti, nella partecipazione al dibattito online, è quello di essere utenti responsabili, che utilizzano la tecnologia che gli viene affidata non come un giocattolo ma in modo etico e corretto, valorizzando le infinite possibilità che essa ci offre.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.europarl.europa.eu...

https://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=42125

https://www.altalex.com/documents/news/2020/04/02/fake-news-virus-uccide-democrazia

https://www.nytimes.com/2020/10/14/technology/personaltech/how-to-deal-with-a-crisis-of-misinformation.html

https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/coronavirus-response/fighting-disinformation_it

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