Diritti violati: Giulio Regeni e Patrick Zaki

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  Redazione
  30 March 2021
  5 minutes, 19 seconds

Il 25 gennaio del 2011 in Egitto milioni di egiziani scesero in piazza Tahir per ribellarsi al sistema di corruzione e di mancanza di diritti e prospettive implementato dal regime di Hosni Mubarak. A seguito della rivoluzione sono seguite le prime elezioni democratiche della storia del Paese con la vittoria del leader della "Fratellanza Musulmana" Mohamed Morsi, il quale rimase in carica per circa un anno, fino al 3 luglio 2013, quando venne deposto da un colpo di Stato militare. Al potere salì il presidente Abd al-Fattah al-Sisi, il quale ha represso tutti i movimenti e le forze politiche contrarie al suo governo arrestando molti dei suoi oppositori. Oggi l’Egitto è un Paese sotto accusa per grave abuso di potere e per le sistematiche violazioni di diritti umani perpetrate ai danni di attivisti, studenti, ricercatori e oppositori del regime.

Secondo Human Rights Watch, oggi nel Paese almeno 30 giornalisti sono in carcere, mentre sono tra i 60mila e 100mila i prigionieri politici detenuti arbitrariamente. La pandemia da Covid-19 ha esasperato la repressione dei critici pacifici del governo e della gente comune durante il 2020, cancellando virtualmente qualsiasi spazio per riunioni, associazioni o espressioni pacifiche.

La situazione in Egitto in materia di diritti umani è decisamente preoccupante. Una situazione che coinvolge direttamente anche l’Italia che viene accusata di non aver fatto abbastanza per la morte di Giulio Regeni e per la scarcerazione del ricercatore Patrick Zaky.

Giulio Regeni era un giovane ricercatore italiano appassionato della cultura medio-orientale. Dopo la laurea in Scienze Politiche presso l’Università di Leeds, si recò nel 2013 al Cairo come stagista presso un’agenzia delle Nazioni Unite, ma dovette abbandonare presto il Paese e partì per l’Inghilterra, dove cominciò a lavorare per "Oxford Analytica". Da lontano, Regeni seguiva con attenzione il governo di al-Sisi e scriveva rapporti sul Nord Africa analizzando le tendenze politiche ed economiche. Nel settembre 2014, decide di interrompere il lavoro all’"Oxfors Analytica" per intraprendere il dottorato in Studi dello Sviluppo a Cambridge. Da quel momento la sua ricerca si focalizzò sul lavoro dei sindacati in Egitto studiando come queste organizzazioni venissero regolate prima delle rivoluzioni del 2011 e analizzò i cambiamenti dopo i moti rivoluzionari. Dopo i suoi primi studi, Regeni decise di tornare nuovamente in Egitto, nel 2015, e si stabilì all’Università Americana del Cairo come ricercatore esterno. La sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni si trovava Al Cairo e stava percorrendo la strada che lo avrebbe portato dal suo appartamento a Yanbaa Street, fino alla fermata della metro. Le strade erano piene di polizia e di militari poiché ricorreva il quinto anniversario della rivoluzione che depose Mubarak. Quella stessa sera Giulio non fece più ritorno al suo appartamento. Giulio era scomparso. La mattina del 3 febbraio 2016 fu ritrovato un corpo privo di vita lungo la strada, precisamente sopra un cavalcavia, nel deserto fra il Cairo ed Alessandria. Il corpo di Giulio era completamente sfigurato, la sua pelle era butterata da bruciature di sigaretta, le ossa di polsi, spalle e piedi erano frantumate. Regeni era stato picchiato, bruciato, pugnalato, era stato torturato a lungo. La sua morte e le torture subite, per cui la procura di Roma accusa quattro membri dei servizi segreti egiziani, rimangono senza colpevoli a causa del rifiuto dell’Egitto a collaborare.

L’Italia è il maggior partner commerciale europeo dell’Egitto. Dopo l’uccisione di Regeni l’Italia ha continuato a vendere all’Egitto armi e sistemi di sorveglianza nonostante l’aumento delle prove di abusi di diritti umani.

La vicenda di Giulio Regeni richiama quella di Patrick Zaky. Patrick Zaky è un giovane attivista presso l’iniziativa egiziana per i diritti personali e ricercatore egiziano. Studente di un master internazionale in Studi di genere all’Università di Bologna., il 7 febbraio 2020 è stato arrestato all’aeroporto del Cario, dove era appena atterrato con un volo proveniente dall’Italia. Dopo averlo preso in consegna e interrogato, la polizia lo ha condotto alla procura di Mansoura, dove è tuttora in stato di fermo, contestandogli i reati di “istigazione a proteste e propaganda di terrorismo sul proprio profilo Facebook”. Il giovane attivista era rientrato in Egitto per trascorrere un breve periodo di vacanza nella sua città natale. Le condizioni di detenzione sono preoccupanti: non gli è stato permesso di ricevere visite dall’esterno, non gli è stato consentito di presenziare ai processi e il carcere in cui si trova è noto per le pessime condizioni in cui i detenuti versano. Dopo un anno Patrick è ancora incarcerato in Egitto.

Il 18 dicembre 2020 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui viene chiesta un’indagine indipendente e trasparente su tutte le violazioni dei diritti umani in Egitto. Vengono citati i casi di Giulio e Patrick, esortando le autorità egiziane a collaborare con la giustizia italiana sul caso Regeni e a scarcerare Zaki. La risoluzione non è vincolante dal punto di vista giuridico e la discussione sul testo è avvenuta il 25 gennaio 2021 durante il Consiglio dei ministri degli Esteri, nel quale l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri ha dichiarato che si continuerà a fare appello all’Egitto affinché cooperi pienamente con le autorità italiane per le responsabilità nelle vicende di Regeni e Zaki.

Sia nei confronti della morte di Regeni, sia nei confronti della carcerazione forzata di Patrick, l’Italia ha mantenuto un basso profilo nei confronti del dispotico regime di al-Sisi. I rapporti economici che intercorrono tra l’Italia e l’Egitto dovranno essere motivo di massimo impegno nella ricerca di collaborazione. All’Egitto si chiede maggiore e più proficua collaborazione per giungere all’identificazione dei responsabili dell’omicidio di Giulio e per la scarcerazione di Patrick. In più si auspica di conoscere la verità concernente i fatti che hanno portato alla morte del ricercatore italiano.

Le vicende di Giulio Regeni e Patrick Zaki rappresentano delle gravi violazioni dei diritti umani che non possono essere trascurate o ignorate dai Governi nazionali, soprattutto da quello italiano, e dall’opinione pubblica. I due ragazzi rappresentano la voglia di sapere, di difendere i valori democratici e di lottare contro sistemi che negano la libertà dei propri cittadini.

Fonti consultate per il seguente elaborato:

https://www.nytimes.com/2017/08/23/magazine/perche-un-ricercatore-universitario-italiano-e-stato-torturato-e-ucciso-in-egitto.html

https://www.corriere.it/esteri/20_giugno_07/zaki-carcere-egitto-regeni-italia-verdelli-5adae03a-a81b-11ea-b900-84da2a1f22a9.shtml

https://www.hrw.org/news/2021/01/13/egypt-no-end-escalating-repression

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/egitto-10-anni-dopo-rivoluzione-e-sogni-infranti-29056

https://www.osservatoriodiritti.it/2019/01/28/egitto-diritti-umani/

https://unsplash.com/it/foto/y...

a cura di Valeriana Savino 



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