Criptovalute: guadagno o sostenibilità?

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  Nadia Dalla Gasperina
  10 January 2022
  3 minutes, 57 seconds

Il mercato di valute digitali è in costante ascesa. I BitCoin sono di sicuro la cryptocurrency più famosa, ma si stima che ce ne siano più di 15mila, anche se le più usate sono considerevolmente meno. Investire nelle criptovalute è facile e conveniente: fuori dal controllo dei governi e del mercato finanziario formale, le regole sono stabilite da protocolli digitali crittografati, chiamati anche blockchain, creati dagli sviluppatori stessi. Tali protocolli rappresentano la base dell’esistenza delle criptovalute, e possono essere modificati per crearne di nuove o per cambiarne il funzionamento. Per esempio, correntemente il protocollo dei BitCoin stabilisce che ci possono essere solo 21 milioni di BitCoin in tutto, dopo di che non ne verranno più prodotti; le regole del gioco possono però teoricamente essere cambiate in qualsiasi momento. In realtà, ci sono delle condizioni che ne impediscono le modifiche arbitrarie.

Le monete digitali non sono immediatamente disponibili sul mercato; al contrario, devono essere create per poi essere acquistate e scambiate. Il processo di creazione implica il cosiddetto mining, cioè la ricerca del “codice di sblocco” di ogni moneta. Tale ricerca richiede la risoluzione di equazioni più o meno complicate a seconda della valuta. Per esempio, i DogeCoin, la versione di BitCoin inventata da Elon Musk, possono essere estratti anche con un semplice computer; i BitCoin, invece, richiedono procedimenti molto più laboriosi che possono essere sostenuti solamente da computer con dei software speciali e dalla grande potenza perché il loro codice è molto più complesso di quello dei DogeCoin. Per estrarre un DogeCoin ci vuole in media meno di un minuto, un BitCoin richiede invece dieci minuti. L’operazione di mining richiede in ogni caso un computer con una scheda grafica (una delle componenti vitali di un computer) e una CPU (il processore di un computer) adeguati e una costante connessione a internet.

Va da sé che l’estrazione di valute digitali richiede energia, talvolta in quantità enormi: annualmente i BitCoin richiedono dai 90 ai 120 TWh (TeraWatt ora) di energia elettrica. Ciò significa dalle 20 alle 60 milioni di tonnellate in emissioni di anidride carbonica. In confronto, l’Italia consuma circa 280 TWh di energia elettrica per anno (340t CO2), il Cile circa 80 (80t CO2), e la Finlandia circa 70 (40t CO2). Non tutta l’energia usata proviene da fonti rinnovabili. E’ difficile definire quanta energia usata nel mining e nelle transazioni delle cryptocurrencies sia pulita; stime per i BitCoin indicano dal 40% al 75%. Un aspetto positivo di questi mercati digitali è che, a condizione che si abbiano gli apparecchi giusti, si possono estrarre criptomonete da qualsiasi posto nel mondo, rendendo più facile la transizione verso l’uso di energie rinnovabili. Tuttavia, i più grandi siti di mining digitale sono negli Stati Uniti, in Kazakistan, e in Russia, le cui principali fonti di energia sono carbone e gas naturale - quest’ultimo considerato energia pulita, ma non rinnovabile. La Cina ha ufficialmente proibito qualsiasi transazione in criptovalute lo scorso settembre, ma ciò non esclude la presenza di attività illegali anche importanti. Una delle ragioni che ha portato Tesla a non accettare più pagamenti in BitCoin è stato l’eccessivo uso di energia e l’inquinamento che il suo mining porta, contrario ai principi della compagnia; il suo DogeCoin usa molta meno energia, ma non è di certo la valuta più sostenibile in circolazione.

Quando si parla di sostenibilità, due sono i percorsi possibili: da una parte, è possibile creare protocolli e blockchain che richiedono meno dispendio di energia e massimizzano l’efficienza delle transazioni e dell’estrazione; dall’altra parte, ci sono criptovalute come SolarCoin e BitGreen che incoraggiano comportamenti eco-friendly. Per ottenere SolarCoins si possono scambiare MegaWatt di energia creata tramite il solare, mentre BitGreen incoraggia uno stile di vita sostenibile, come fare volontariato o usare il carpooling. Un’altra alternativa abbastanza immediata è usare “miniere”, ossia server per l’estrazione di criptovalute, alimentate solo da energie rinnovabili. La svolta green dipende però solo dagli investitori: in quanto non regolate se non dai propri protocolli e dall’interesse del pubblico, il valore di certe valute rispetto ad altre cresce solo in base a quante monete vengono comprate. Se il pubblico si sposta verso l’acquisto di monete prodotte con energie rinnovabili, queste diventeranno più popolari; se invece la priorità è ottenere guadagni velocemente e facilmente senza riguardo per l’ambiente, il commercio si sposta, o meglio rimane, sulle valute inquinanti.

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Nadia Dalla Gasperina

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Ambiente e Sviluppo

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