Come riconoscere una vittima di tratta? La fase dell'identificazione

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  Redazione
  31 January 2019
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Nel corso degli ultimi quindici anni, la lotta contro la tratta di esseri umani è stata universalmente riconosciuta come uno dei temi più critici e preoccupanti del ventunesimo secolo; infatti, in Europa sono divenute numerosissime le iniziative a supporto di tale questione, al fine di assicurare protezione e giustizia alle vittime trafficate e di esortare il perseguimento delle organizzazioni criminali che traggono profitto da questa sconcertante violazione dei diritti fondamentali dell'individuo.

Così, nel febbraio 2016, il Consiglio dei Ministri ha adottato il “Piano d'azione nazionale contro la tratta e lo sfruttamento di esseri umani”; strumento che vuole fornire delle indicazioni standard su come gestire un caso di tratta, tra cui delle linee guida di rapida identificazione, utili a riconoscere, aiutare e sostenere le vittime. Queste linee guida costituiscono il secondo dei sei allegati da cui è composto il Piano, ed è consultabile online sul sito del governo (http://www.governo.it/).

L’identificazione è un momento cruciale, perché rappresenta il primo passo per poter togliere una persona dalla situazione in cui è intrappolata ed avviene in due fasi: quella preliminare e quella formale. La prima viene effettuata in occasione del primo approccio con una persona e nel momento in cui iniziano ad emergere sospetti di avere a che fare con una potenziale vittima di tratta. Normalmente può essere effettuata dalle Forze dell’Ordine o anche dal personale sanitario (e in generale da tutti coloro che hanno contatto con persone straniere, cittadini di Stati appartenenti o non all’UE, rifugiati e richiedenti asilo).

L’identificazione formale, invece, viene svolta da soggetti qualificati appositamente formati ed è finalizzata a constatare se effettivamente la persona in questione sia vittima di un traffico e se di conseguenza può beneficiare delle misure che le spettano. Questa fase è caratterizzata da un colloquio approfondito con la potenziale vittima, in cui si vanno a indagare vari aspetti.

Inizialmente si fanno domande riguardanti le informazioni di background (Hai una famiglia qui o nel tuo Paese? Puoi cortesemente descrivercela? Che cosa facevi nel tuo Paese prima della partenza? Ecc…); poi si prosegue con quelle relative al reclutamento e al viaggio (Hai deciso liberamente di lasciare il tuo Paese o ti hanno obbligato a farlo? Chi ha organizzato il viaggio e ha predisposto i documenti necessari? Che tipo di lavoro ti era stato promesso o per che tipo di lavoro avevi sostenuto il colloquio? Conoscevi la tua destinazione finale? Sei arrivato/a in autobus, auto privata, imbarcazione o aereo? Ecc…). Infine bisogna fare alla persona una serie di domande molto lunghe, che riguardano nello specifico la sua condizione di vita nel Paese in cui è stata portata e le condizioni di sfruttamento a cui è sottoposta.

Finita questa parte di intervista, si domanda se ha bisogno di un alloggio, di consultare un medico, se c’è un modo specifico in cui può essere aiutata e altre informazioni che consentono di iniziare a capire i suoi bisogni al fine di poter proseguire l’iter regolare per proteggerla e offrirle nuove possibilità.

A cura di Giorgia Mazza

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