Nel corso della storia numerosi eventi bellici sono iniziati con clamorosi errori di sottovalutazione delle forze avversarie.
Per ci9tarne sono alcuni, gli Stati Maggiori militari della Prima guerra mondiale avevano pianificato le loro operazioni militari ed esigenze logistiche per una durata massima di un anno.
Per venire ai giorni nostri, nella guerra di aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina il Cremlino pensava illusoriamente di poter concludere vittoriosamente il conflitto addirittura entro pochi giorni, supponendo la scarsa capacità di azione e reazione delle forze ucraine. Di certo nessuno si aspettava che la tanto propagandata “operazione militare speciale” durasse ancora oggi dopo oltre sei mesi di aperto e brutale conflitto.
Il sorprendente progresso raggiunto in molti settori della articolata tecnologia militare renderà più facile la frequenza di questi errori. Infatti, i conflitti generano sempre più spesso da capacità umane che sono difficili da individuare e dimostrare prima dell'inizio delle ostilità.
Gli aspiranti dittatori che aspirano ad emulare Vladimir Putin potrebbero contare magari su intere divisioni di carri armati o centinai di silos missilistici ma dovrebbero pensarci più e più volte prima di intraprendere un’azione armata.
Ma le guerre in Azerbaigian(2020) e oggi in Ucraina hanno dimostrato che la vittoria spesso si basa su condizioni che hanno ben poco di concreto ma sono in buona parte di natura immateriale come la capacità di comunicare informazioni concrete all’avversario e/o la capacità di superare la velocità e qualità decisionale del nemico.
Questi elementi cruciali sono difficili da valutare fino a quando le ostilità armate non sono già iniziate.
I leaders sono all’altezza della situazione?
E’ una problematica che si pone ogni volta che i leaders, non solo in campo militare, sono all’altezza oppure no delle proprie spesso smisurate ambizioni.
L’ebrezza che a certi esseri umani da il potere li fa credere come appartenenti ad una razza superiore al punto di ritenersi nel diritto di agire nel quadro generale della politica internazionale ed interna privandosi di ogni dovere e scrupolo etico. Ma, c’è di peggio. Ogni dittatore di qualunque nazione esso sia è nella assoluta convinzione di essere “legibus solutus”, cioè di poter fare a meno della osservanza delle Leggi.
Se i leaders o i capi che dir si voglia non mostreranno le molteplici capacità intellettuali e professionali che occorrono per valutare le complesse dinamiche dalle quali dipendono i mutamenti spesso imprevedibili che incorrono nel campo di battaglia, si va incontro ad eventi bellici con stupefacenti e gravi valutazioni grandemente sottostimate.
I rapporti ufficiali sui conflitti descrivono gli eventi bellici come il semplice risultato di vittime, feriti e talvolta di militari fatti prigionieri.
Sono cronache spoglie ridotte alla descrizione dei bersagli e il relativo lancio di un ordigno esplosivo. Ma le operazioni effettuate sono di gran lunga più complesse: è necessario rilevare, tracciare e ingaggiare un obbiettivo. Quindi informare in sicurezza le forze più pertinenti per il tiro finale.
Attualmente la disponibilità di munizionamento “intelligente” dotato di un sistema di guida nel finale della traiettoria ha ridotto, semplificato e reso ancora più preciso il raggiungimento e la distruzione o l’annientamento del bersaglio. Laddove in altri tempi sarebbero occorse centinaia di bombe non guidate per ottenere il medesimo risultato.
Una volta preso atto che il moderno campo di battaglia è in gran parte della sua superficie saturato dalle armi convenzionali di precisione, rimane da praticare l’arte più difficoltosa della raccolta e condivisione con le proprie del maggior numero d’informazioni sugli obiettivi avversari. La migliore padronanza della situazione da parte della più elevata catena decisionale determinerà a quel punto la vittoria o sconfitta finale della battaglia.
Le singole prestazioni offerte dai vari anelli della catena operativa sono di minore importanza: ad esempio la traduzione di un codice di traduzione di un segnale radar emanato da un aereo intercettore o bombardiere oppure altri codici relativi ad informazioni provenienti dall’intelligence.
Di fatto si tratta di elementi informativi e di localizzazione dei bersagli dei quali l’Ucraina fa costantemente uso esperto laddove la Russia invece dimostra gravi e persistenti carenze.
In che modo il da farsi ?
Il primo quesito che si pongono i difensori è come possiamo scoraggiare futuri aggressori se la nostra capacità militare si basa su sistemi difficili da dimostrare?
I protocolli che riguardano i sistemi di comunicazione, le capacità di intelligence in campo avversario e negli anelli della catena operativa quasi sempre non possono essere rivelati agli avversari senza comprometterne l'efficacia. Il vero equilibrio di potere può diventare invisibile anche ai leader nazionali.
In futuro, per queste ragioni potrebbero verificarsi più guerre caratterizzate da un’importante componente di sottovalutazione. Più in particolare sono conflitti nei quali se l’attaccante fosse stato al corrente della effettiva forza del loro avversario, potrebbero non essere neanche iniziati.
Cosa occorre per rimediare?
E’ necessario iniziare con un intenso sforzo di potenziamento del proprio sistema informativo, l'acquisizione di nuovi strumenti satellitari, l’innovazione dei sistemi di comando e controllo, lo sviluppo di più perfezionati metodi e strumenti di guerra sia informatica che elettronica.
Come segnalare queste implicazioni e capacità agli eventuali avversari?
E’ di certo un compito che non spetta ai capi militari. Solo l'azione delle alte sfere della politica potrebbe rompere tale ostacolo.
La comunità politica potrebbe istituire una commissione indipendente per esaminare la questione e creare obblighi di segnalazione sugli impatti della classificazione degli armamenti sulla deterrenza e/o finanziare un loro resoconto completo.
Il modo in cui un paese vince una guerra è sempre stato una questione a dir poco complessa perché in sintesi si tratta di una combinazione di beni tangibili e di una determinazione invece intangibile.
I cambiamenti tecnici e tecnologici durante le ostilità – dove l'intelligence, la sorveglianza, la ricognizione e le comunicazioni sono un punto focale – lo renderanno ancora più complesso.
Va da sé che il rischio di una guerra accidentale è in aumento.
Solo un'attenzione costante al problema, posto anche alle radici invisibili del potere militare può impedire che questi rischi diventino realtà.
Redazione