Chi si arruola per combattere in Ucraina commette un reato?

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  Federico Quagliarini
  09 April 2022
  4 minutes, 26 seconds

Nelle ultime settimane si è sentito parlare di volontari stranieri, per lo più ex militari, andati a combattere in Ucraina sia con le forze di Kiev che con quelle russe. Anche l’italia non fa eccezione alla regola. Si conta infatti che circa una cinquantina di volontari siano partiti per l’ex repubblica sovietica. Il caso sicuramente più celebre è quello dell’ex pilota dell’aeronautica militare Claudia Schiff, la 23enne di Mira che, dopo essere stata espulsa dal corpo dell’aviazione, si è arruolata presso le forze speciali dell’Ucraina. Questo comportamento ha sollevato dei dubbi, in particolar modo di natura penalistica. Infatti ci si può domandare se l’arruolamento nella legione straniera possa costituire rilevanza penale. Per fornire una risposta esaustiva, conviene analizzare le diverse fonti dell’ordinamento italiano che trattano la materia.

Il codice penale italiano e la legge n.210 del 1995

L’articolo di riferimento nell’ordinamento italiano è il 288 del Codice penale, il quale recita:

Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni.
La pena è aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.

Questa disposizione, presente all’interno del Codice sin dalla sua entrata in vigore nel 1930, mira a proteggere due poteri esclusivi spettanti allo Stato: quello della coscrizione militare e quello di inviare militari all’interno di un territorio straniero. La ratio di questa norma consiste per l’appunto di evitare che soggetti privati possano usurpare dei poteri (come quello della coscrizione militare o quello dell’invio di soldati all’estero) che spettano esclusivamente alle istituzioni nazionali. Di conseguenza il 288 del Codice penale si configura come un delitto contro la personalità dello Stato.

Se si va ad analizzare la norma, si può notare come il soggetto attivo (cioè colui che commette il reato) non è il mercenario che si arruola all’interno della Legione, quanto colui che arruola. Dunque non sarà penalmente perseguibile l’arruolato, bensì il reclutatore.

Diverso discorso è invece per quanto riguarda la legge n.210 del 1995, con la quale l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU contro il reclutamento, il finanziamento e l’istruzione dei mercenari del 4 dicembre 1989. La Convenzione infatti non si limita solo a punire colui che recluta i mercenari ma anche il mercenario stesso a differenza dell’art. 288 c.p. Tuttavia si può osservare come, all’art. 3 della legge 210, sussistano parecchie eccezioni che rendono la punibilità dell’arruolato solo ai seguenti casi:

Chiunque, avendo ricevuto un corrispettivo economico o altra utilità o avendone accettato la promessa, combatte in un conflitto armato nel territorio comunque controllato da uno Stato estero di cui non sia né cittadino né stabilmente residente, senza far parte delle forze armate di una delle Parti del conflitto o essere inviato in missione ufficiale quale appartenente alle forze armate di uno Stato estraneo al conflitto, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da due a sette anni

L’art. 3 dunque stabilisce che il soggetto attivo del reato sia anche l’arruolato ma con parecchie eccezioni. Di fatto il fine principale della norma è quello di impedire la nascita di fenomeni legati al mercenarismo.

Il reato di alto tradimento

L’ultima norma che conviene analizzare è quella del reato di alto tradimento prevista dall’art. 77 del Codice penale militare di guerra il quale recita

Il militare, che commette alcuno dei delitti contro la

personalita' dello Stato preveduti dagli articoli 241, 276, 277, 283,

285, 288, 289 e 290-bis del Codice penale, modificati dal decreto

legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 288, e dalla legge

11 novembre 1947, n. 1317, e' punito a norma delle corrispondenti

disposizioni dello stesso Codice, aumentata di un terzo la pena della

reclusione

Seguendo una lettura più analitica, si osserva come il soggetto attivo sia solamente il militare (e quindi non il semplice civile) e che gli illeciti siano menzionati esplicitamente. Questi ultimi si configurano tutti come delitti contro la personalità dello Stato.

Conclusioni

Si può quindi affermare come l’arruolamento nella legione straniera, sebbene possa essere oggetto di stigmatizzazione, non costituisce di per sé un reato secondo l’ordinamento italiano. Il legislatore nazionale ha infatti cercato in un primo momento (con le norme del Codice penale) di tutelare l’integrità dello Stato e successivamente di limitare il fenomeno del mercenarismo recependo la Convenzione ONU.

Si nota inoltre come sussista una grande differenza a seconda del soggetto che faccia parte o meno delle forze armate. Nella sostanza ciò che viene in rilievo dal punto di vista penale è quando un illecito sia configurabile come un delitto contro la personalità dello Stato. L’arruolato nella legione straniera potrà essere perseguibile dall’Autorità giudiziaria italiana soltanto quando avrà commesso un illecito contro le istituzioni dello Stato.

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L'Autore

Federico Quagliarini

Classe 1994, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Milano, Federico Quagliarini è al contempo vice-direttore di Mondo Internazionale POST nonché caporedattore per l'area Società.

Da sempre appassionato di politica e relazioni internazionali, in Mondo Internazionale si occupa principalmente di questioni legali soprattutto inerenti al diritto internazionale.

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