Che cos'è l'impeachment?

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  Federico Quagliarini
  02 February 2021
  6 minutes, 2 seconds

Lo scorso 6 gennaio alcuni manifestanti hanno assaltato la sede del Congresso, mentre era in corso la certificazione dell’elezione di Joe Biden a presidente degli USA. L’attacco al parlamento, oltre ad aver sconvolto gran parte dell’opinione pubblica americana, ha scatenato le reazioni del partito democratico, il quale ha subito accusato l’ex presidente Trump di aver fomentato i rivoltosi. La speaker della Camera dei Rappresentati, Nancy Pelosi, ha dichiarato di voler procedere con la procedura d’impeachment.

L’IMPEACHMENT NEGLI STATI UNITI D’AMERICA

L’impeachment è la procedura prevista della Costituzione degli Stati Uniti secondo la quale, come afferma l’art. 2, "Il presidente, il vicepresidente e tutti i funzionari civili degli Stati Uniti possono essere rimossi dai loro uffici su impeachment, e verdetto di colpevolezza, per tradimento, corruzione o altri gravi crimini e misfatti". Bisogna, però, partire dal presupposto che l’impeachment non è un procedimento giudiziario ma politico. La sua finalità infatti non è quella di applicare una sanzione detentiva come in un normale processo penale, ma piuttosto quella di esonerare definitivamente un soggetto dalla sua responsabilità di governo. Allo stesso modo, però, in caso di condanna si possono applicare una serie di sanzioni accessorie come ad esempio l’incandidabilità.

Tale procedimento si articola in due fasi: la prima si svolge di fronte alla Camera dei Rappresentanti, dove vengono esposte le motivazioni dell’accusa. In questa fase è necessaria la maggioranza assoluta dei membri per procedere. In caso di esito positivo, la parola passa al Senato dove si apre la seconda fase.

Di fronte alla Camera alta infatti si svolge un vero e proprio processo, con interrogazioni, audizioni e dibattimenti. La Corte Suprema presiede le udienze, mentre i senatori svolgono il ruolo di giurati. Quest’ultimi saranno chiamati a decidere col proprio voto se assolvere o condannare l’imputato. A differenza della Camera, però, al Senato è necessaria una maggioranza di 2/3 per confermare le accuse (nel caso specifico sono necessari sessantasette voti).

Nel corso della storia americana, sono stati messi sotto impeachment anche giudici della corte suprema, senatori e membri del gabinetto di governo. Tuttavia si tende a ricordare solamente i processi a cui sono stati sottoposti i presidenti in carica.

I PRECEDENTI

Nella storia degli Stati Uniti solo tre presidenti sono stati sottoposti a questa procedura: Andrew Johnson nel 1868, Bill Clinton nel 1999 e Donald Trump tra il 2019 e il 2020. Il primo per aver abusato del suo ruolo nei confronti del Congresso, Bill Clinton per aver mentito alla nazione a seguito dello scandalo Monica Lewinsky e, infine, Donald Trump per aver fatto pressione su un procuratore ucraino affinché aprisse un’indagine sull’ex vicepresidente (e suo futuro sfidante alle scorse presidenziali) Joe Biden. In tutti e tre i casi ci fu l'assoluzione.

C’è inoltre un ulteriore caso da prendere in considerazione: quello di Richard Nixon. Nel 1974, a seguito dello scandalo del Watergate, la commissione di giustizia della Camera dei Rappresentanti elaborò alcuni articoli d’incriminazione nei confronti del presidente, dando così avvio alla procedura. Tuttavia lo stesso Nixon si dimise una settimana dopo, primo e finora unico presidente americano ad abbandonare volontariamente il proprio incarico. In seguito il suo successore Gerald Ford gli concesse la grazia, facendo cadere definitivamente tutte le accuse.

IL CASO DONALD TRUMP

Oltre ad essere il primo presidente nella storia a subire una procedura di impeachment per due volte, la particolarità nel caso di Donald Trump consiste nel fatto che quest’ultimo sarà sottoposto a processo una volta terminato il suo mandato. La prima udienza al Senato è fissata infatti per il prossimo 8 febbraio.

Potrebbe sembrare un paradosso dal momento che la finalità dell’impeachment è quella di rimuovere dall’incarico politico colui che è sottoposto. La Costituzione degli Stati Uniti non lo prevede espressamente, ma allo stesso tempo non lo esclude. Proprio per questo, non esiste un consenso unanime tra i costituzionalisti americani, anche se la maggioranza di loro sembra orientata verso la possibilità di tenere un processo del genere anche per coloro che non ricoprono più cariche politiche.

A sostegno di questa tesi esistono due precedenti: nel 1797 il senatore William Blount fu sottoposto ad impeachment dopo essere stato espulso dal Senato. Stessa sorte subì nel 1876 il segretario della Guerra, William Belknap dopo le sue dimissioni.

Nonostante questo, e le gravi accuse che gli vengono attribuite, le possibilità che Donald Trump sia condannato (salvo colpi di scena) sono scarse. I repubblicani che si sono dichiarati favorevoli alla condanna attualmente sono solo cinque, in un Senato dove i due partiti politici detengono cinquanta seggi ciascuno. La quota dei sessantasette senatori sembra al momento difficile da raggiungere.

Difatti secondo molti analisti, le ragioni sottostanti a questo procedimento sono esclusivamente di natura politica più che di natura istituzionale. I democratici, oltre al convincimento di agire secondo un loro diritto costituzionale, portano avanti questa battaglia principalmente per cercare di dividere ancora di più l’establishment repubblicano.

L’IMPEACHMENT IN ITALIA

Anche in Italia esiste una procedura di impeachment. Come ogni capo di Stato, il Presidente della Repubblica Italiana gode di immunità funzionale, cioè non è responsabile per gli atti compiuti durante il suo mandato. Tuttavia l’art. 90 della Costituzione stabilisce che il presidente della Repubblica può essere messo in stato d’accusa per alto tradimento o attentato alla Costituzione.

Il procedimento prevede inizialmente la formazione di un comitato composto dai parlamentari membri delle Giunte della Camera e del Senato per l’autorizzazione a procedere dei propri membri. Questo comitato ha il compito di valutare la fondatezza o meno della richiesta di messa in stato d’accusa.

In caso di un suo parere favorevole, successivamente, si riunisce il Parlamento in seduta comune il quale, tenendo conto della relazione del comitato, adotta una deliberazione a maggioranza assoluta per disporre o rigettare l’accusa. Solo qualora quest’ultima venga disposta, si apre il processo di fronte alla Corte costituzionale, la quale viene affiancata da sedici cittadini estratti a sorte da una lista aggiornata ogni nove anni dal Parlamento.

Nel corso della storia repubblicana sono state ventilate più volte ipotesi di messa in stato d’accusa nei confronti del presidente. Il caso più emblematico è sicuramente quello di Giovanni Leone per una sua presunta complicità nello scandalo Lockheed. A differenza di quanto successo negli Stati Uniti però la messa in stato d’accusa non è mai stata attuata in concreto, non essendosi mai celebrato nessun processo.

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L'Autore

Federico Quagliarini

Classe 1994, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Milano, Federico Quagliarini è al contempo vice-direttore di Mondo Internazionale POST nonché caporedattore per l'area Società.

Da sempre appassionato di politica e relazioni internazionali, in Mondo Internazionale si occupa principalmente di questioni legali soprattutto inerenti al diritto internazionale.

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