Challenge, social network e bambini

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  Redazione
  15 February 2021
  4 minutes, 44 seconds

Il 21 gennaio 2021 una bimba di 10 anni è morta a Palermo in seguito ad un’asfissia prolungata provocata da una sfida mortale: un “gioco” che spinge fino al limite tra la vita e la morte. La sfida in questione è nata sul social network Tik Tok ed è nota con il nome Blackout Challenge o Hanging Challenge. L’obiettivo di questo genere di sfide è provocarsi uno svenimento, il cosiddetto black out, togliendosi aria con una sciarpa o una corda, per riprendere tutto con il telefonino e postarlo in rete.

La sfida punta a dimostrare quanto si è in grado di resistere senza ossigeno. La challenge circola in rete da parecchio tempo: una vera e propria trappola piuttosto ambita dagli adolescenti, impazienti di far conoscere a tutti il proprio coraggio, desiderosi di farsi notare e guadagnare followers, raggiungendo quel senso di euforia che si proverebbe poco prima del black out.

Ciò che è avvenuto alla bimba di 10 anni è tutto fuorché una sfida divertente o ridicola, è una vera menzogna che continua a essere rimbalzata sul web e a trovare sostenitori sempre più giovani. La Blackout Challenge non è il primo caso, ricordiamo il Blue Whale, una sorta di assurdo rituale che ebbe lo scopo di condurre qualcuno, prevalentemente giovane, debole e depresso, verso il suicidio, e la Skullbreaker Challenge, nella quale si provocava la violenta caduta di schiena dell’amico o del compagno di scuola con uno sgambetto.

Secondo il Regolamento europeo n. 2016/ 679 sulla privacy e sul trattamento dei dati personali, precisamente l’articolo 8, prevede il divieto di offerta di servizi digitali ai minori di 16 anni. Tale limite è stato ulteriormente ridotto dall’Italia, con il decreto sul GDPR 101/2018, entrato in vigore il 20 settembre 2018. Il decreto ha fissato il limite ai 14 anni come l’età minima di iscrizione ad un social o ad un servizio di messagistica.

Il Garante per la protezione dei dati personali, dopo la morte della bimba di Palermo, ha disposto nei confronti di Tik Tok il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica.

Il Garante già a dicembre aveva contestato a Tik Tok una serie di violazioni: scarsa attenzione alla tutela dei minori; facilità con la quale è aggirabile il divieto, previsto dalla stessa piattaforma, di iscriversi per i minori sotto i 13 anni; poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni rese agli utenti; uso di impostazioni predefinite non rispettose della privacy.

L’utilizzo degli smartphone è sempre più precoce nel mondo odierno e ha delle conseguenze importanti. Essere costantemente in vetrina e psicologicamente dipendenti dal giudizio degli altri rende così insicuri da modificare a tal punto il modo di comunicare con altre persone. La maggior parte dei ragazzi riceve il primo cellulare tra i 10 e gli 11 anni. L’adesione ai social network inizia tra gli 11 e i 12 anni e, per la maggior parte dei casi, anche prima dei 10 anni. Ciò che si denota è una precocizzazione dell’accesso ai media e una scarsa conoscenza degli strumenti. La generazione dei nativi digitali è nata già con lo sviluppo delle nuove tecnologie. I ragazzi sono ormai circondati da computer, videogiochi, lettori di musica digitali, smartphone e tutti gli altri strumenti dell’era digitale. Il problema è come usarli e come saper distinguere contenuti inappropriati da quelli appropriati.

Un aspetto fondamentale di questo episodio è il ruolo educativo dei genitori e della scuola. I genitori non sono, molto spesso, in grado di assumere, per i loro figli, un ruolo di guida su come comportarsi in rete, sia perché non medialmente competenti, sia perché di fatto vivono online una vita molto simile a quella dei loro figli. È essenziale, quindi, per la sicurezza in rete dei propri figli, sostenere l’uso corretto del web in famiglia attraverso un confronto competente e momenti di reale condivisione e non attraverso un atteggiamento punitivo e restrittivo. Parlare dà l’opportunità di aiutare i propri figli e concede la possibilità di essere incisivi anche nell’ambito scolastico. Il ruolo dei genitori è cruciale perché il mondo virtuale è seduttivo, immediato e allettante, spesso la manipolazione è a portata di mano e può sfuggire e colpire le menti dei piccoli fruitori inconsapevoli.

Anche la scuola è un vettore essenziale per la crescita e la consapevolezza di quello che sono i social. Può aiutare a far comprendere i rischi connessi all’uso dei social media, come trattare le altre persone ed essere trattati online, imparare a gestire i rischi e a comunicare i propri dati personali. Tutto ciò è un inizio, è una strategia indispensabile per rendere i ragazzi dei cittadini più consapevoli e attivi.

Sorge spontanea una domanda: che funzione hanno i social network nelle nostre vite?

Il mondo virtuale ci permette ogni giorno di essere connessi con qualsiasi parte del mondo, lo abbiamo sperimentato in maniera più incisiva durante il lockdown forzato nel 2020 per contrastare la pandemia da Covid-19. Ma allo stesso tempo si notano difficoltà di comunicazione, mancanza di gestione dei propri profili e anche mancanza di una vera e propria educazione all’utilizzo. Ciò che spaventa è il non saper distinguere il mondo reale da quello virtuale.

Serve una regolamentazione più concreta che dia possibilità di un uso più giusto e consapevole del social media e che possa permettere l’uso positivo di questi mezzi di comunicazione ormai radicati nella società odierna.

Fonti consultate per il seguente elaborato:

https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9524224

https://www.orizzontescuola.it/lassurda-morte-di-una-bimba-per-una-sfida-su-tik-tok-cruciale-lopera-di-controllo-dei-genitori/

https://protezionedatipersonali.it/regolamento-generale-protezione-dati

https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/il-consenso-digitale-del-minore-dopo-il-decreto-gdpr-101-2018/

https://unsplash.com/it/foto/O...

A cura di Valeriana Savino 
 

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