Carenza dei chip: una nuova corsa all’oro?

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  Redazione
  05 July 2021
  4 minutes, 33 seconds

A cura di Stefano Cavallari

Ormai non ci facciamo quasi più caso, ma la tecnologia è diventata parte integrante della nostra quotidianità. Al lavoro, a casa o mentre stiamo facendo un giro siamo sempre a contatto con il cellulare, la televisione, il computer e probabilmente con una miriade di altri apparecchi elettronici che, tra le altre cose, condividono la stessa caratteristica: la presenza di un chip, considerato un po’ come il “cervello” di questi strumenti.

La maggior parte dei chip sono infatti gruppi di circuiti che eseguono software, manipolano dati e controllano le funzioni dei dispositivi elettronici. La disposizione di questi circuiti conferisce loro uno scopo specifico. I chip, comunque, sono costituiti da decine (a volte anche centinaia) di strati di materiali; questi vengono depositati, quindi parzialmente rimossi, per formare complesse strutture tridimensionali che collegano tutti i minuscoli transistor. Inoltre, alcuni di questi strati sono sottili quanto un atomo, una meraviglia dell’ingegneria che sembra quasi provenire direttamente dalla fantascienza.

Purtroppo nell’ultimo anno vi è stata una forte carenza di questi chip e ciò rischia di incidere su milioni di persone nel mondo, soprattutto nelle aree più povere. Sebbene il Covid-19 abbia sicuramente svolto un ruolo importante, esso in realtà ha solamente peggiorato una situazione che minacciava di irrigidirsi da anni. La mancanza di queste componenti, infatti, è stata causata in primis dall’esponenziale crescita della domanda, benché non seguita di pari passo da un aumento della produzione globale.

Inizialmente il problema sembrava essere solamente un temporaneo ritardo nelle forniture, causato dalla chiusura delle fabbriche durante i primi mesi della pandemia. Tuttavia, sebbene la produzione sia praticamente tornata alla normalità, la fornitura dei chip continua a essere limitata. Le case automobilistiche che investono sempre più in veicoli elettrici ad alto contenuto tecnologico, il boom delle vendite di TV e computer domestici, provocato anche da un cambiamento delle abitudini avvenuto durante il lockdown, nonché il lancio di nuove console di gioco e telefoni cellulari abilitati al 5G. Questi sono solo alcuni dei fattori che hanno provocato questa impennata nella domanda.

Anche la potente Apple – una società da 2 mila miliardi e il più grande acquirente mondiale di semiconduttori –, per circa 60 miliardi di dollari all’anno, è stata costretta a ritardare il lancio del tanto acclamato iPhone 12 di due mesi, proprio a causa della carenza di questi componenti.

Com’è possibile che il problema ancora non sia stato risolto? Perché semplicemente non produciamo più chip?

In realtà non è così semplice, in quanto ci possono volere anni per costruire strutture per la fabbricazione di semiconduttori e diversi miliardi per il loro mantenimento, un lusso che non molti Stati e/o aziende possono permettersi. Sono tre i big del settore: Intel, Samsung e TSMC; essi rappresentano la maggior parte della produzione di chip mondiale e le loro fabbriche sono tra le più avanzate, costando anche oltre 20 miliardi di dollari ciascuna. Quest’anno, inoltre, TSMC spenderà fino a 28 miliardi di dollari solo in nuovi impianti e attrezzature. Se dovessimo confrontare questo titanico investimento con il tentativo del governo degli Stati Uniti di approvare una legge a sostegno della produzione nazionale di chip – la quale offrirebbe solo 50 miliardi di dollari in cinque anni –, possiamo accorgerci del perché è difficile per nuove aziende entrare e soprattutto rimanere in questo settore. Queste società (Intel, Samsung e TSMC) hanno generato nel 2020 quasi le stesse entrate dei successivi 12 maggiori produttori di chip messi insieme, mantenendo un quasi-monopolio sulle materie prime e il know-how necessario per produrre i chip. Per di più, l’economia è così brutale che i produttori potrebbero rimetterci pesantemente, se non sono in grado di stare al passo con la concorrenza; lo stesso ex CEO di Intel Corp., Craig Barrett, ha definito i microprocessori come i dispositivi più complicati mai realizzati dall’uomo.

Questo è il motivo per cui i vari Paesi affrontano una tale difficoltà nel soddisfare la domanda dei semiconduttori a livello nazionale, tanto che si sta velocemente trasformando in una vera e propria corsa all’oro del XXI secolo. La Cina ha stabilito che il raggiungimento dell’autosufficienza dei chip sarà infatti una delle principali priorità nazionali nel suo ultimo piano quinquennale, mentre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso di costruire una catena di approvvigionamento efficiente e sicura, favorendo così la produzione nazionale. Anche l’Unione Europea sta valutando diverse misure per produrre i propri chip, ma il successo è tutt’altro che assicurato.

Purtroppo, se la situazione dovesse rimanere invariata, è anche realistico pensare che nei prossimi mesi potremmo assistere a un aumento generale dei prezzi di tutti quei dispositivi che utilizzano questi microprocessori. Le conseguenze della carenza di questi componenti fondamentali potrebbe pertanto colpire duramente i consumatori, in un periodo in cui la crisi economica e finanziaria causata dalla pandemia ha già provocato miliardi di dollari di perdite nei risparmi privati, e milioni di nuovi disoccupati.

M. Daniele, Perché la fame mondiale di chip sta diventando un problema, Wired.it, 2021

Ian K. Adrian L. Demetrios P., The chip shortage keeps getting worse. Why can’t we just make more? Bloomberg.com, 2021

S. Mark, Global shortage in computer chips reaches crisi point, Theguardian.com, 2021

S. Sam, The global chip shortages is starting to have major-real world consequences, Cnbc.com, 2021

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