Antisemitismo a macchia d'olio in Europa

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  Redazione
  14 May 2021
  8 minutes, 19 seconds

"La parola ebraica timshel – 'tu puoi' – implica una scelta. Potrebbe essere la parola più importante del mondo. Significa che la via è aperta. Rimette tutto all’uomo. Perché se 'tu puoi', è anche vero che 'tu non puoi'."

– John Steinbeck

La libera manifestazione del proprio pensiero è uno dei diritti più cari alla odierna società democratico-liberale. Abbiamo scelto che lo fosse. Abbiamo deciso che dovesse servire da monito all’Occidente, per ricordargli quanto possa essere pericolosa l’oppressione di una dittatura. Conseguentemente, l’introduzione e permanenza nel sistema giuridico italiano del reato di apologia del fascismo non è affatto un affronto alla libera manifestazione del proprio pensiero, ne è invece una delle più importanti attuazioni.

Il pericolo di un ritorno del fascismo, infatti, non è ancora lontano quanto dovrebbe. In Europa sta prendendo sempre più piede un complesso fenomeno sociale e politico che mette in relazione neofascismi, populismi e antisemitismo.

“Certamente il fascismo è stato già sconfitto una volta, ma siamo ben lungi dall’aver sradicato definitivamente questo male supremo del nostro tempo: le sue radici sono infatti profonde e si chiamano antisemitismo, razzismo, imperialismo.”

- Hannah Arendt

    Secondo l’Osservatorio antisemitismo della Fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) di Milano - fondato nel 1975 con il nome di "Archivio del pregiudizio antiebraico" - negli ultimi anni stanno crescendo gli episodi di odio contro gli ebrei.

    L’Osservatorio antisemitismo svolge una costante azione di monitoraggio e studio del fenomeno in tutte le sue molteplici manifestazioni. I risultati delle ricerche sono spaventosi: in Italia, nel 2019, sono stati registrati ben 251 episodi di antisemitismo, dato che risulta ancora più allarmante se confrontato con i 197 del 2018. Nella maggior parte dei casi si tratta di offese arrecate tramite post sul web, diffamazioni e insulti, graffiti e grafiche. Una tendenza preoccupante, specialmente se si considera che questi sono solamente i fatti di cui si è venuti a conoscenza.

    È stato ipotizzato che l’importante aumento degli attacchi durante il 2019 sia attribuibile principalmente a due avvenimenti che, nel corso dell’anno, hanno riguardato il tema dell’antisemitismo e della memoria della Shoah: l’istituzione del Coordinatore per la lotta all’antisemitismo Milena Santerini – e il dibattito infiammatosi attorno alla figura di Liliana Segre alla guida della Commissione anti-odio. È fondamentale evidenziare come si sia stati costretti a questi passi in avanti sul piano istituzionale, innescati dalla recente crescita di intolleranze e negazionismi.

    Il problema è di portata globale, senza esclusione di colpi per l’Europa. Il 24 maggio 2019 venne deturpato un cimitero ebraico a Bordeaux, in Francia. In Germania, il 26 maggio 2019 il Commissario tedesco dell’antisemitismo mise in guardia i cittadini dall’indossare la kippah in luogo pubblico a causa di un picco di attacchi contro gli ebrei. Il 28 maggio 2019 il Regno Unito avviò un’indagine all’interno del partito laburista per possibili discriminazioni contro alcuni cittadini appartenenti alla comunità ebraica. Il 9 ottobre 2019, sempre in Germania, un attacco alla sinagoga di Halle si concluse con due morti e diverse granate lanciate all’interno del cimitero ebraico.

    Lo spettro dei neofascismi si aggira per l’Europa e deve necessariamente fare paura. Nel 2019 infatti, la Commissione europea ha pubblicato i risultati della più ampia indagine continentale sull’antisemitismo: su 27.634 ebrei europei intervistati nei 28 Paesi membri, l’89% ritiene che l’antisemitismo sia cresciuto in maniera significativa negli ultimi cinque anni.

    E l’Italia non è da meno. È sufficiente scorrere le notizie riportate dall’Osservatorio antisemitismo dall’inizio dell’anno ad oggi per rendersene conto. Alcuni titoli: "Tweet antisemiti contro Liliana Segre e di negazione della Shoah" (02 febbraio 2020), "Gruppi di estrema destra diffondono teorie complottiste" (20 aprile 2020), "Utente Facebook invita a sporcare le pietre di inciampo" (11 gennaio 2020), "Insulti contro Anna Frank e aggressione a politico" (02 gennaio 2020), "Scritte naziste sul campanello di casa" (31 gennaio 2020), "Mascherine antivirus con l’effige di Mussolini" (09 maggio 2020). Come può, questa, essere libera manifestazione del proprio pensiero?

    Episodi come quello della notte tra l’8 e il 9 dicembre 2018, quando vennero trafugate venti pietre d’inciampo nel rione Monti a Roma, non possono che essere condannati. Le pietre d’inciampo erano state dedicate alle famiglie Di Castro e Di Consiglio, deportate durante l’occupazione nazi-fascista e assassinate nei campi di concentramento della Germania nazista. Realizzate e posizionate dall’artista tedesco Gunter Deming per ricordare le vittime della Shoah, le pietre ne riportano il nome e il cognome, la data di nascita e data e luogo di deportazione e morte.

    Caso altrettanto sconvolgente, anche se per motivazioni diverse, è stato quello della figuraccia del Comune di Napoli in occasione della Festa dei Lavoratori di quest’anno. L’assessorato al Lavoro e alle Politiche sociali ha pubblicato sulla propria pagina Facebook una locandina con le parole “1 maggio virtuale, solo il lavoro rende liberi”. Uno slogan tristemente noto per gli stermini di Auschwitz, dove all’ingresso c’era proprio la scritta “Arbeit macht frei” (in italiano, “Il lavoro rende liberi”). L’assessore si è giustificato, spiegando che si è trattato di una semplice disattenzione. La superficialità con cui l’errore è stato commesso, però, è preoccupante. L’ignoranza sul tema e l’indifferenza a riguardo lo sono ancora di più.

    Sarebbe ora irrispettoso non ricordare le scritte neonaziste comparse – e per ben due volte – sul campanello della figlia di un partigiano a Torino, o la Stella di David con la didascalia antisemita comparsa sulla porta di una casa di Cuneo. Si tratta di due fatti gravissimi, che hanno avuto entrambi luogo durante i primi mesi del 2020.

    La nostra Costituzione prevede, ex articolo 21, il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero. La stessa Costituzione, con la disposizione XII transitoria e finale, vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.” L’articolo 4 della Legge Scelba del 1952, peraltro, sanziona il reato di apologia del fascismo punendo “chiunque promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.

    A un occhio disattento, queste due norme potrebbero porsi in apparente contrasto. L’antinomia, però, è per l’appunto soltanto apparente. Per far luce sulla questione, può essere utile volgere un rapido sguardo a due casi di specie.

    Con sentenza n. 341/2001, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di alcuni membri di un’associazione denominata “Base autonoma” che, giudicati colpevoli – tra gli altri reati – di apologia del fascismo, si appellavano al diritto di libera manifestazione del pensiero protetto dall'ex articolo 21 della Costituzione italiana. L’associazione, operante a Milano e in altre città italiane, aveva lo scopo di difendere la razza bianca e ariana e di contrastare l’ingresso in Italia di persone appartenenti ad altre razze. Proprio così, razze. In questa occasione, la Corte ha precisato che il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero “(…)non può essere esteso fino alla giustificazione di atti o comportamenti che, pur estrinsecandosi in una esternazione delle proprie convinzioni, ledano tuttavia altri principi di rilevanza costituzionale ed i valori tutelati dall’ordinamento giuridico interno ed internazionale.” Nell’ottica del bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, insomma, non è ammissibile che l’esercizio di un proprio diritto possa mantenere lo stesso peso quando fine a se stesso e quando volto allo sminuimento dell’altrui dignità e libertà.

    Anche il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) della Lombardia, respingendo il ricorso promosso dall’Associazione di Promozione Sociale Casapound Italia per l’annullamento di una delibera della Giunta comunale di Brescia (Ordinanza n. 68/2018), ha stabilito che la richiesta di dichiarare di ripudiare l’ideologia fascista al fine di ottenere la concessione di uno spazio pubblico per lo svolgimento della propria attività non possa essere qualificata come lesiva della libertà di pensiero.

    "Il fascismo non è un’opinione: è un crimine."

    - Sandro Pertini

    Il fascismo non è un’ideologia, è la morte delle ideologie. È un agglomerato confuso di stereotipi, pregiudizi, asservimento e violenza che non può trovare spazio in una società liberale e democratica. Il fascismo è la morte della stessa democrazia, perché ha basato la sua politica nell’oppressione della dittatura. La repressione del fascismo – e così del nazismo – non è censura, ma strenua difesa dei valori costituzionali.

    Nessuno si stupisce del fatto che il diritto di disporre liberamente del proprio corpo termini con l’inizio dell’integrità fisica altrui, o che il diritto di disporre del proprio patrimonio possa incontrare il limite di esigenze di carattere pubblico. Il nostro è un sistema che si fonda sull’equilibrio di pesi e contrappesi, volto a tutelare l’interesse della maggioranza senza imporre sacrifici eccessivamente gravosi alle minoranze. Anzi, fa di più: il nostro sistema ambisce a integrare gli interessi dei più con quelli di alcuni. Non è di certo perfetto e non sempre riesce nei propri intenti, ma è anche grazie allo stesso se ci sentiamo legittimati a provare indignazione di fronte a una diffamazione, a episodi di bullismo, a minacce e così via.

    Perché, allora, dovremmo stupirci del fatto che la nostra libertà di espressione incontri il limite del reato di apologia del fascismo? La libertà di espressione non va confusa con la libertà di essere intolleranti. Il fascismo non sarà mai sconfitto fino a quando gli sarà permesso di insinuarsi all’interno delle istituzioni, di diffondere la cultura dell’odio e del razzismo, di uccidere lo spirito critico, di promuovere l’ignoranza e di modificare la memoria.

    "Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica. Sembra assurdo quello che dico, ma è così: il fascismo a mio avviso è l’antitesi delle fedi politiche, il fascismo è in contrasto con le vere fedi politiche. Non si può parlare di fede politica parlando del fascismo, perché il fascismo opprimeva tutti coloro che non la pensavano come lui."

    - Sandro Pertini


    a cura di Rebecca Scaglia 

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