Antartide: si stacca A-76, l’iceberg più grande del mondo

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  Redazione
  05 June 2021
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Lo scorso 13 maggio, in Antartide, l’iceberg rinominato A-76 si è staccato dalla piattaforma di ghiaccio Filchner-Ronne. Attualmente, con i suoi 170 chilometri di lunghezza, 25 di larghezza e 4.320 chilometri quadrati di superficie totale, risulta l’iceberg più grande del mondo. Le sue dimensioni, infatti, sono paragonabili a quelle del Molise o dell’isola di Maiorca. Dopo essersi staccato, ha iniziato a navigare nelle acque del mare di Weddell.

Perché è stato ribattezzato “A-76”?

Il gigantesco ghiacciaio è stato chiamato “A-76” per una ragione molto semplice: gli iceberg vengono, per consuetudine, chiamati a seconda del quadrante antartico in cui vengo avvistati per la prima volta. Nel caso in cui dovessero rompersi in più pezzi, i loro nomi vengono seguiti da un altro numero o lettera. È il caso, per esempio, dell’iceberg A-23A (grande circa 3.380 km quadrati) che, fino al 13 maggio - data in cui è avvenuto il distacco di A-76 - deteneva il primato di iceberg più grande del mondo. Tuttavia, è probabile che anche A-76 perda il suo primato nei prossimi giorni, rompendosi in due o più pezzi: fa parte del ciclo di vita naturale delle piattaforme di ghiaccio.

L’avvistamento del ghiacciaio

La prima segnalazione è arrivata dal programma antartico britannico, British Antarctic Survey, ed è stata poi confermata dall’US National Ice Center, il centro americano per la sorveglianza dei ghiacci. Le immagini sono state catturate da un satellite europeo, il Sentinel 1, che fa parte del programma Copernicus gestito dalla Commissione Europea e dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA).

È doveroso precisare che, a causare il distacco del ghiacciaio, non è stato il cambiamento climatico. Il glaciologo del dipartimento di Scienze dell'Università Roma Tre Massimo Frezzotti, ha infatti affermato che: “E' attualmente l'iceberg più grande, ma non è anomalo in quanto iceberg di queste dimensioni si staccano dalle piattaforme di ghiaccio antartiche all'incirca ogni due anni. Il distacco degli iceberg è un fenomeno ciclico, che rientra nella fisiologia”.

Questo distacco, quindi, non è altro che un fenomeno fisiologico legato al comportamento dei ghiacciai e al loro spostamento periodico lungo le coste dell’Antartide. Tuttavia, Frezzotti ha poi aggiunto: “Non c'è relazione con il riscaldamento globale, ma questo non significa che in Antartide non stiano avvenendo cambiamenti climatici. Il problema che stiamo osservando è che la criosfera sta cambiando e in Antartide non sappiamo se alcuni ghiacciai siano arrivati al punto di non ritorno.[1]

La scomparsa di A-68

La notizia del distacco di A-75 è arrivata a un mese esatto dall’annuncio della scomparsa dell’enorme iceberg rinominato A-68. Il suo distacco dalla piattaforma antartica Larsen C avvenne nel 2017 e, negli anni, è andato frantumandosi mentre andava alla deriva verso la Georgia del Sud.

La sua frammentazione progressiva è stata causata dal contatto tra superfice ghiacciata, acque sempre più calde e temperatura dell’aria sempre più elevata.

A-68 è stato monitorato negli anni, tanto che la BBC News l’aveva definito una “star dei social”. Infatti, gli aggiornamenti sui suoi spostamenti e sulla sua frammentazione erano stati diffusi su Twitter e Instagram, attirando così l’attenzione del grande pubblico.

Anche in quest’occasione, gli scienziati hanno evidenziato che si è trattato di un fenomeno naturale e che non c’è nessuna correlazione con i cambiamenti climatici. Hanno inoltre sottolineato che, se si pensa alla durata della sua sopravvivenza (4 anni), A-68 è stato sorprendentemente resistente.

Se il distacco di A-76 e la scomparsa di A-68 non vanno letti come dei disastri legati ai cambiamenti climatici, non bisogna tuttavia sottovalutare, come ha rimarcato anche Frezzotti, ciò che sta succedendo in Antartide. Un recente studio della University of Reading ha infatti evidenziato un aumento della instabilità delle piattaforme artiche, un terzo delle quali potrebbe collassare con un aumento ulteriore della temperatura di 4°C. Le piattaforme più a rischio sembrerebbero essere Larsen C, Shackleton, Pine Island e Wilkins. La coordinatrice dello studio, Ella Gilbert, ha spiegato in parole molto semplici quali potrebbero essere le conseguenze: “Le piattaforme glaciali sono dei veri e propri tamponi, in grado di prevenire che i ghiacciai vadano liberamente alla deriva negli oceani, contribuendo sensibilmente al loro innalzamento. Una volta collassate, è come se un enorme tappo di sughero venisse rimosso da una bottiglia agitata, riversando inimmaginabili quantità di acqua dai ghiacciai nel mare”. [2]

a cura di Lorena Radici 

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