Agenda 2030 e Africa: cenni sullo “stato dell'arte”

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  Redazione
  24 January 2020
  4 minutes, 22 seconds

Eccoci giunti al quarto capitolo della serie inerente lo “stato dell'arte” dell'Agenda 2030 nelle varie regioni del globo.

Dopo aver analizzato la situazione nelle Americhe e nell'Unione Europea, ora è il turno del continente africano.

Esso è composto da 54 Stati generalmente riconosciuti, oltre tremila gruppi etnici e circa duemila lingue parlate.

Considerando la varietà e vastità del territorio e della popolazione, è facile comprendere le enormi differenze esistenti dal punto di vista politico, culturale, economico, sociale e ambientale.

Nonostante queste diversità, i decisori politici sono comunque meritoriamente riusciti ad adottare due progetti di largo e lungo respiro: Agenda 2063 e Agenda 2030.

Se la prima è del 2013 e contempla la costruzione di una “nuova” Africa in cinquant'anni, la seconda (firmata nel 2015) ha contribuito a “completarla e precisarla” su alcune tematiche (anche grazie alla posizione comune africana al tavolo delle trattative, basata su un documento intitolato “Common African Position”).

Le questioni che vengono trattate da ambedue le Agende riguardano il miglioramento delle condizioni di vita delle persone, la trasformazione dell'economia verso la sostenibilità e l'inclusività, la difesa dell'ambiente e la promozione della pace e del “buon governo”. Oltre a ciò, l'Agenda 2063 contempla l'unità africana, istituzioni monetarie e finanziarie continentali, la garanzia della pace e della stabilità, lo sviluppo e la promozione della cultura del continente e il riconoscimento generale dei valori del Panafricanismo.

Dopo circa sei e quattro anni dall'adozione, rispettivamente, dell'Agenda 2063 e dell'Agenda 2030, a che punto siamo?

Nonostante gli sforzi degli attori coinvolti (Unione Africana, singoli Governi, Organizzazioni Internazionali, etc.), la situazione non si sta sviluppando nel migliore dei modi:

  • il PIL pro capite medio africano è di soli 2000 dollari
  • la speranza di vita è di soli 53,9 anni
  • la mortalità infantile, principalmente nell'Africa sub-sahariana, è ancora terribilmente alta (Repubblica Centrafricana ottantotto per mille, Sierra Leone ottantadue per mille, etc.)
  • oltre il 40% della popolazione vive in condizioni di povertà
  • oltre il 20% degli africani sono sottoalimentati (circa un terzo delle persone denutrite dell'intero pianeta)
  • la crescita economica media annua tra il 2000 e il 2016 si è attestata al 4,6%, a fronte però di una redistribuzione della ricchezza ancora troppo lenta e frammentata
  • altissima dipendenza dalle esportazioni di materie prime (presenti in grandi quantità) e semilavorati a basso valore aggiunto
  • fenomeno migratorio molto significativo, soprattutto delle giovani generazioni, sia extra che intra-africano

Le motivazioni di tutto ciò chiamano in causa sia aspetti “interni” che “esterni”. Per quanto riguarda i primi, sono da sottolineare le debolezze strutturali di molte Nazioni del continente, la mancanza di istituzioni forti nella maggior parte dei Paesi, le profonde differenze (economiche, sociali, politiche e ambientali) tra uno Stato e l'altro, una corruzione spesso dilagante (a tutti i livelli), un ascensore sociale sostanzialmente fermo e l'onnipresenza di conflitti (etnici o di altra natura) che lacerano e minano la possibilità di una convivenza civile.

Per quanto riguarda i secondi, segnalo la questione che ritengo ancora la più significativa: le molteplici disparità nelle relazioni fra le regioni più sviluppate del mondo e il continente africano. Molti studiosi parlano di neocolonialismo, cioè di una rinnovata e massiccia presenza di varie potenze mondiali e delle loro imprese nelle Nazioni africane (con grandi vantaggi per le prime a scapito delle seconde).

A questo proposito, un esempio chiarificatore è quello inerente la “Convenzione di Cotonou”, ossia un accordo fra l'Unione Europea e il “Gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico” (ACP), di durata ventennale e da rinnovare proprio nel 2020.

Come sottolineato da vari analisti, infatti, essa presenta delle criticità tali da non permettere la piena attuazione dei condivisibili articoli che la compongono (con conseguenti e indubbi vantaggi per la parte europea). Fra le varie problematiche, le seguenti sono tra le più significative:

  • gli investimenti europei, promessi per lo sviluppo economico e sociale, sono spesso serviti al solo controllo del fenomeno migratorio
  • sostanziale mancanza di equità nei contributi al Fondo istituito con tale Convenzione

Per dirla con le parole del report 2017 del “Centro europeo per la gestione delle politiche per lo sviluppo” (Ecdpm):

“C’è un grosso gap tra le lodevoli disposizioni dell’accordo (riguardo al rispetto dei diritti umani e la democrazia, il dialogo politico, la partecipazione di attori non statali, le migrazioni, il management condiviso, la coerenza delle politiche per lo sviluppo, etc.) e la pratica effettiva”.

In conclusione, dunque, è da sottolineare come l'Africa si possa considerare come un continente ancora “contraddittorio”: da un lato se ne riconoscono le enormi problematiche, mentre dall'altro le infinite potenzialità e ricchezze.

L'Agenda 2063 e quella 2030 sono delle basi teoriche solide e all'altezza degli sviluppi che questa splendida terra merita.

Ad oggi, purtroppo, le aspettative da esse suscitate non hanno ancora trovato una risposta positiva e soddisfacente.

Il tempo stringe e tutti gli attori coinvolti devono prendere atto dei problemi emersi e agire per risolverli, senza visioni ed azioni miopi e lesive dell'interesse generale.

A cura di Alessandro Fanetti

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Africa #agenda2030 Convenzione di Cotonou ACP Panafricanismo Unione Africana #commonafricanposition