La cronaca di quella notte è divenuta storia: i berlinesi si affollarono ai piedi del muro e, euforici, lo assaltarono cercando di distruggerlo con picconi e martelli, si arrampicarno, festeggiarono sotto la Porta di Brandeburgo, si abbracciarono, attraversarono varchi rimasti chiusi per decenni per riunirsi ai propri concittadini. Accanto a loro, soldati sopraffatti dalla folla, colti alla sprovvista che, incredibilmente, non intervennero ad impedire spostamenti fino a quel momento vietati.
Il 9 novembre 1989 è stato il giorno in cui il Muro di Berlino ha smesso di essere un confine invalicabile, la concreta e tangibile rappresentazione della divisione dell’Europa, della Guerra fredda e della contrapposizione politica ed ideologica tra il mondo capitalista e quello comunista, tra la democrazia e il totalitarismo.
Gli avvenimenti di quella notte furono repentini e inaspettati, ma originarono da una serie di vicende e decisioni politiche che avevano avuto inizio qualche tempo prima. Nel maggio di quell’anno, in un contesto di fermento generale nel blocco comunista, l’Ungheria aveva deciso di aprire i propri confini. Ciò aveva consentito a migliaia di cittadini tedeschi orientali di riversarsi ad ovest nei mesi successivi, passando per l’Austria: l’ennesimo colpo alla reputazione della Germania comunista che, proprio per evitare le fughe verso l’Occidente attraverso la capitale, aveva eretto il muro nel 1961.
Alla fine di settembre erano iniziate una serie di dimostrazioni contro il regime che avevano spinto il Presidente, Erich Honecker, a dimettersi. Egon Krenz lo aveva subito sostituto e il nuovo Governo aveva iniziato a pensare, per alleviare le tensioni, ad una serie di riforme sulla libertà di viaggio, una delle rivendicazioni dei dimostranti.
La sera del 9 novembre venne convocata una conferenza stampa, per dare la notizia che sarebbe stata introdotta una riforma che avrebbe garantito la liberalizzazione dei visti di uscita: ai cittadini della Germania dell’est sarebbe bastato farne domanda per poterli ricevere e lasciare temporaneamente il Paese. Il portavoce del Governo, Schabowski, interrogato da un giornalista dell’ANSA sul momento dell’entrata in vigore della legge, rispose, leggermente esitante: «A quanto ne so, da subito». I media occidentali si focalizzarono immediatamente sull’informazione che la Germania orientale aveva appena aperto i confini e la risposta della popolazione non si fece attendere: i berlinesi iniziarono ad accalcarsi ai piedi del muro per verificare la notizia con i loro occhi. Le guardie di confine, che fino a poche settimane prima avevano avuto ordine di sparare a coloro che cercavano di andare ad ovest, non sapendo inizialmente cosa fare, dissero alle persone di tornare il giorno successivo; poi, sopraffatte dal numero di cittadini che si erano presentati, iniziarono ad aprire i varchi uno ad uno per far passare la folla e allentare la pressione: la rivoluzione era cominciata.
In realtà, quando Schabowski aveva annunciato la liberalizzazione dei visti, alludeva semplicemente ad una ordinaria riforma: la nuova legge sarebbe dovuta entrare regolarmente in vigore la mattina successiva, quando i cittadini della Repubblica Democratica avrebbero potuto iniziare a fare domanda per i visti e, solo successivamente, recarsi ad ovest; tutto ciò che successe dopo fu la conseguenza di un vero e proprio errore di comunicazione.
Ormai, però, Berlino era in festa: una moltitudine di cittadini si era riunita nei pressi del muro, le persone passavano da una parte all’altra liberamente, le Trabant della Repubblica Democratica giravano per le strade dell’ovest, i berlinesi occidentali davano il benvenuto ai propri concittadini offrendo loro da bere e la gente si abbracciava, intonando “die Mauer ist weg”: il muro è sparito, non c’è più. Ormai nessuno aveva più paura di sfidare quel confine e il flusso continuò per ore, durante le quali migliaia di persone attraversarono quella frontiera che, fino a poche ore prima, aveva diviso in due la città, la Germania, l’Europa. I media di tutto il mondo seguivano da vicino gli eventi, chiedendosi se quella notte fosse l’inizio di un cambiamento epocale o se si trattasse di un fuoco di paglia. La storia avrebbe confermato la prima opzione.
Nelle prime ore della mattina del 10 novembre, i cittadini di Berlino est tornarono a casa propria: avevano visitato l’altro lato della città ma, per il momento, nessuno metteva ancora in dubbio la propria quotidianità e si doveva tornare al lavoro. La festa continuò nei giorni successivi: stupefatti, i tedeschi orientali affluivano a migliaia in quella parte di città che era stata nascosta ai loro occhi per quasi 30 anni, osservando le vie ricche di negozi, luci, ristoranti e bar, i quali offrivano loro da bere per accoglierli. I berlinesi continuarono a demolire il muro pezzo a pezzo nelle settimane seguenti, ed esso fu ufficialmente e definitivamente distrutto nel 1991, con l’intervento delle autorità: oggi ne rimangono in piedi alcuni, simbolici, pezzi. La riunificazione della Germania, che non era in alcun modo nei piani di nessuno quella notte, avvenne dopo neanche un anno, il 3 ottobre del 1990. La Guerra fredda si concluse definitivamente nel 1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma il colpo di grazia le fu dato a Berlino, quel 9 novembre.
Chiara Vona
Si è laureata in Relazioni Internazionali, con una tesi sulle trasmissioni radiofoniche americane verso i Paesi del blocco orientale durante la Guerra fredda e, attualmente, lavora nell'ambito della comunicazione.
In Mondo Internazionale è Segretario di Mondo Internazionale Academy e redattrice per "AccadeOggi" ed "EuropEasy".
She graduated in International Relations with a dissertation about American International broadcasting towards the communist bloc during the Cold War and, currently, she works in communications.
Within Mondo Internazionale, she is Secretary of the Mondo Internazionale Academy and she writes for "It Happens Today" and "EuropEasy".