Effetti della pornografia per l'educazione sessuale

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  Redazione
  28 ottobre 2021
  4 minuti, 19 secondi

È veramente funzionale un approccio che censuri e nasconda l’esistenza del porno? La pornografia è veramente così negativa? O potrebbe essere pedagogica, usandola come strumento didattico per un’educazione sessuale e affettiva, che potrebbe dare gli strumenti giusti per guardare o evitare i porno?

Oggi il web è il principale mezzo per l’educazione sessuale utilizzato da persone adolescenti e adulte, che cercano di soddisfare le loro curiosità sessuali nei siti generali o specifici, nei blog, nei social e nei film porno (secondo le statistiche rilasciate da YouPorn, l’85% degli uomini e il 41% delle donne hanno ammesso di aver visitato almeno una volta un sito di natura pornografica, mentre il 90% dei ragazzi dagli 8 ai 16 anni hanno visto almeno un video porno su pc o smartphone).

È proprio il materiale pornografico ad essere maggiormente utilizzato come fonte informativa, principalmente per due fattori: il facile accesso ad Internet e la mancanza di un’educazione sessuale nelle scuole e in famiglia.

Non sarebbe, dunque, più funzionale un’educazione alla pornografia utilizzata anche come strumento didattico?

Esiste già un approccio, definito porno-pedagogico, che ha come obiettivi l’elaborazione e la contestualizzazione delle immagini, per rendere le persone più consapevoli di ciò che andranno a “consumare”. In questo modo si favorisce una crescita verso il benessere psico-sessuale e una prevenzione di comportamenti disfunzionali (pornodipendenza, false rappresentazioni della sessualità, ansia da prestazione, non distinguere la finzione dalla realtà, sviluppo di un linguaggio sessualizzato ed osceno).

Certamente, questo nuovo metodo apre nuove sfide sul come educare alla sessualità attraverso la pornografia, senza mai perdere di vista la persona, sia essa adolescente o adulta, etero, omosessuale, bisessuale, trans o queer.

Cos’è la pornografia? Quanti tipi ne esistono?

Essa è la rappresentazione esplicita dell’atto sessuale, con focalizzazione sui genitali, tanto che si lascia poco spazio all’immaginazione. Va precisato che nel mondo scientifico si definisce “pornografia” quel materiale erotico che è stato appositamente progettato e prodotto per l’eccitazione sessuale.

Il più conosciuto è il porno mainstream, ossia quello industriale, violento, irrispettoso e pericoloso ove, ad essere preso in considerazione è solo il piacere maschile, rappresentato in un modo specifico per costruire una sola immagine di uomo, quella del “dominatore”, bianco, etero, cis, possibilmente benestante. Le figure femminili sembrano dedite esclusivamente a dare piacere all’uomo, degradate, relegate a un ruolo passivo in cui il loro godimento non è quasi mai contemplato e con una prevalenza di rapporti penetrativi. Le persone nere sono state a lungo ricondotte all’idea dell’“uomo-animale dagli istinti selvaggi incontrollabili e il pene enorme”, una rappresentazione razzista e lontana dalla realtà. La pornografia mainstream è un dispositivo di potere culturale, sociale e politico facile da smascherare ma difficilissimo da smantellare, per la sua capacità di radicarsi e sedimentarsi.

Abbiamo bisogno di una rappresentazione di tutti i corpi e dei loro relativi desideri, rendendo la pornografia più inclusiva e capace di decostruire gli stereotipi.

Proprio per queste esigenze, negli anni ’80 iniziano le sperimentazioni sul post-porno, ovvero un altro porno possibile, che ha come obiettivo il decostruire l’immaginario pornografico tradizionale, macista, razzista, sessista e abilista, dando voce e dignità sessuale a tutti i soggetti esclusi, marginalizzati e umiliati da esso, per superare la sessualità normativa e la binarietà uomo-donna, facendo un uso politico della pornografia. In questi termini, il concetto di pornografia è contro-narrante poiché sono proprio le soggettività oppresse a dare una nuova narrazione di sé stesse e dei propri corpi.

Sempre negli anni ’80 nasce anche il porno femminista, grazie a Candide Royalle, ex attrice porno, fondatrice della casa di produzione “Femme Productions”, con l’obiettivo di introdurre rappresentazioni più realistiche, sane e meno grottesche o degradanti nei confronti della componente femminile e non solo. Si propone, infatti, di essere inclusivo, dando visibilità a pratiche, persone, corpi, identità di genere e orientamenti sessuali che solitamente vengono esclusi e che diventano soggetti attivi. Al centro vi è rappresentato il piacere di donne, lesbiche, gay, trans, intersessuali, queer, corpi non bianchi, non binari, deformi, disabili, mutilati, malati oncologici, che solo con la loro presenza decostruiscono ogni stereotipo e narrazione tossica (tipica del mainstream). Un porno che ambisce ad essere anche etico. Una delle principali rappresentatrici è la regista e produttrice cinematografica Erika Lust che si basa su specifici principi: importanza del piacere femminile, rappresentazione della diversità, pagamenti adeguati per ogni professionista coinvolta/o, lavoro appagante e ambiente sicuro, consenso di tutte/i prima di girare ogni scena, atmosfera rilassante.

È dunque possibile usare il materiale pornografico per educare alla sessualità?

La risposta è sì, in un’ottica in cui si utilizzi come strumento didattico per avviare una discussione essenziale e necessaria sulla sessualità sia a scuola che in famiglia, che faccia conoscere e capire cosa è il piacere, il desiderio, le pratiche sessuali, la violenza, le emozioni, i sentimenti, l’affetto, il rispetto per sé e per le/gli altre/i, l’importanza del consenso, gli orientamenti sessuali e le identità di genere.

A cura di Irene Ghirotto

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