A cura di Francesca Alfonzi e Michela Rivellino
A circa un mese dall’invasione russa dell’Ucraina, le autorità di Mosca continuano a guidare attacchi brutali ed indiscriminati contro obiettivi militari, ma anche infrastrutture civili ed aree residenziali, in piena violazione del diritto internazionale umanitario. Oltre a seminare innumerevoli vittime militari e civili sul campo di battaglia, nonché a generare conseguenze drammatiche per la popolazione ucraina, l’approccio violento e imperialistico di Vladimir Putin colpisce direttamente i cittadini russi. Si tratta di una seconda invasione guidata dal leader del Cremlino contro la sua stessa popolazione, un’aggressione più radicata e silenziosa che mira a costruire un muro di silenzio, repressione e disinformazione all’interno dei confini e che viola, giorno per giorno, i diritti di espressione, stampa e manifestazione pacifica.
Il diritto all’informazione
Le strategie di repressione e manipolazione mediatica adottate dal presidente Putin nei confronti della popolazione russa sono tutt’altro che recenti. Al contrario, esse sono ricorrenti e assumono tratti tipici di numerosi altri regimi autoritari e dittatoriali. Tuttavia, tali misure di controllo sono state drasticamente incrementate e rafforzate in Russia a partire dalla cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina, con l’obiettivo di silenziare i dissidenti e generare un consenso forzato nell’opinione pubblica. A tal proposito, Putin ha imposto agli organi di stampa nazionali la diffusione della propaganda del Cremlino, promuovendo una narrazione parziale e distorta del conflitto in corso. Inoltre, è stato introdotto il nuovo articolo 207.3 del Codice penale della Federazione Russa, relativo alla diffusione consapevole di “fake news” sulle operazioni dell’esercito, per la quale si incorrerebbe alla responsabilità penale, incluso il rischio di 15 anni di carcere. È in questa atmosfera di paura che il Cremlino esercita il proprio potere mediatico, attraverso il quale solo le fonti di controllo statale sono autorizzate a pubblicare informazioni con l’incarico di giustificare, nonché celebrare le operazioni russe in Ucraina. Mentre siti internet, radio e giornali indipendenti vengono messi a tacere, i canali ufficiali Pervyj kanal e Rossiya 1 raccontano di una operazione di smilitarizzazione, “difesa dei civili” e delle repubbliche riconosciute da Putin, nonché denazificazione dell’Ucraina.
Anche in rete l’informazione libera è stata fortemente manomessa dal sistema, rendendo il cyberspazio ricco di limitazioni e insidie. Tra attacchi informatici di vario tipo, pagine web e social media oscurati, i cittadini russi si trovano a dover fronteggiare quotidianamente una manipolazione del proprio pensiero libero. A tal proposito, l’agenzia federale per la censura dei media e delle telecomunicazioni Roskomnadzor, oltre ad aver limitato l’uso di Instagram, Facebook e Twitter, ha vietato la ricerca di numerosi termini quali “invasione” “vittime civili” “assalto” e “guerra”, al fine di proteggere l’inconsistente e fragile reputazione russa.
Nel tentativo di aggirare tali ostacoli, numerosi residenti hanno iniziato a fare uso del Virtual Private Network (VPN) al fine di garantirsi l’accesso a quei siti web oscurati dal governo. Secondo i dati forniti da Atlas VPN e Sensor Tower, le principali App VPN hanno rilevato oltre sei milioni di download collettivi nell’ultimo mese, registrando un aumento della richiesta di VPN superiore al 2000% sul territorio russo.
Il diritto alla protesta pacifica
Neanche 24 ore dopo l’invasione della Russia in Ucraina il mondo si è tinto di giallo e blu. Così come l’Empire State Building o il Colosseo, molti altri monumenti a partire dall’America, passando per l’Europa e arrivando in Australia, sono stati illuminati dai colori della bandiera ucraina. Questa è solo una delle dimostrazioni di solidarietà a cui abbiamo avuto modo di assistere, infatti, oltre a raccolte di beni di prima necessità e di aiuti umanitari, sono state organizzate innumerevoli manifestazioni a favore della pace. La popolazione russa non si è tirata indietro, con l’unica differenza che il governo non ha accolto di buon grado queste proteste non-violente: secondo l'ODV-info, un’organizzazione non-governativa russa che monitora i diritti umani e che combatte da anni la persecuzione politica, circa 15.000 abitanti della Federazione Russa sono stati arrestati e trattenuti dalle forze di polizia perché stavano manifestando - pacificamente - contro “l’operazione speciale in Ucraina”.
Affermando che ‘i cittadini della Federazione Russa hanno diritto di riunirsi [...] senza armi, di tenere raduni, incontri e dimostrazioni, [...]’, l’Art.31 della Costituzione firmata da Putin sancisce di fatto il diritto alla protesta pacifica. Malgrado ciò, indipendentemente dal sesso o dall’età, chiunque abbia mostrato il proprio dissenso verso le decisioni del Cremlino è stato vittima di una repressione brutale. Realmente non è nemmeno necessario prendere parte ad una protesta per subire trattamenti degradanti e inumani: il semplice indossare una spilla, pubblicare un tweet ‘ambiguo’ o avere con sé la bandiera della nazione ‘sbagliata’ corrisponde ad un rischio altissimo. Insulti verbali e minacce, maltrattamenti e violenza fisica, tortura dell’annegamento simulato (“waterboarding’’) e strangolamento, sequestro di documenti e privazione di acqua e cibo sono solo alcune delle conseguenze a cui i manifestanti vanno incontro ogni giorno. Ma, nonostante questo, i cittadini russi non si sono lasciati intimidire: sono infatti innumerevoli gli individui che continuano a combattere per i valori in cui credono.
Tra le tante figure significative emerse durante queste manifestazioni si trova l’artista russa Elena Andreevna Osipova. La signora, nata nel 1945 a San Pietroburgo, a causa dell’assedio di Leningrado (1942-1945), ha dovuto convivere con le conseguenze e le ripercussioni della guerra fin dall’infanzia. Dopo aver frequentato l'Accademia statale di arte, ha lavorato come insegnante per circa 30 anni e nel 2015 ha allestito la sua prima mostra di manifesti e dipinti presso la sede pietroburghese di Open Russia. Il suo impegno pubblico come attivista inizia nel 2002 e ha come soggetto principale le deficienze del governo russo. Arrestata per la prima volta nel 2007 perché manifestava contro le politiche di Vladimir Putin, quando il 24 febbraio scorso le truppe russe sono entrate a Kiev ha sentito la necessità di opporsi a questa nuova ondata di violenza e nonostante la consapevolezza di quelle che sarebbero state le conseguenze delle sue azioni ha sentito la necessità di esprimere il suo dissenso. Elena è una donna forte, ed è proprio perché la sua vita è stata caratterizzata da battaglie che non ha mai smesso di lottare per il mondo in cui crede: le sue foto e il suo coraggio hanno fatto il giro del mondo e, così come tanti altri, è presto diventata uno dei simboli dell’opposizione russa.
E’ evidente che l'approccio del Cremlino non si è limitato alla manipolazione mediatica e ad un’alterazione delle informazioni che circolano nel paese ma sta mettendo in atto una vera e propria repressione dell’opinione pubblica attraverso qualsiasi mezzo a disposizione. Questo però non è ancora riuscito a fermare la protesta russa, una protesta coraggiosa e ostinata che simbolizza il motto ‘‘sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo’’.
Fonti consultate
https://www.punto-informatico.it/vpn-russia-aumentata-2000-richiesta/
https://www.nytimes.com/2022/03/04/world/europe/russia-censorship-media-crackdown.html
Redazione