Nello scorso articolo sull’argomento, abbiamo parlato di come molti Stati si siano ormai interessati al mondo di crescente rilevanza delle criptovalute, e di come la situazione che per molti sembra ancora di poco conto stia in realtà iniziando ad avere effetti macroscopici sulle società e le vite delle persone. Ci siamo focalizzati sugli entusiasti delle cripto, quell’entusiasmo che rasenta il fanatismo e non accetta critiche e che spesso nelle sue espressioni più estreme tende quasi al ridicolo. Tuttavia, abbiamo visto come dietro questa apparenza farsesca si celino decisioni che hanno un impatto economico e sociale importante su intere popolazioni, e che quindi non vanno sottovalutate. Oggi invece la nostra attenzione è invece rivolta ad un approccio diametralmente opposto, quello dei Paesi che vedono le valute digitali private come una minaccia alla propria stabilità e autorità e preferiscono proibirle per aprire la strada ad una versione centralizzata e controllata dallo Stato.
La Cina contro le criptovalute
La Cina, precursore anche in questo caso delle tendenze di mercato, già a settembre ha dichiarato tutte le transazioni con criptovalute illegali, intensificando la repressione del Bitcoin e di altre cripto mentre si prepara a rilasciare la propria valuta digitale, lo e-yuan, forse già nel 2022.
Pechino ha così aggiunto un altro tassello alla serie di restrizioni sempre più dure contro quello che vede da tempo come un mezzo di “disturbo dell’ordine economico e finanziario” e come veicolo di attività illegali come riciclaggio di denaro, evasione fiscale e frode.
Ma dietro alle preoccupazioni del governo cinese sull’illegalità e l’effetto distorsivo delle cripto (peraltro le stesse criticità evidenziate dagli esperti sull’utilizzo in massa del Bitcoin a El Salvador che abbiamo visto nello scorso articolo), si cela anche la paura di perdere un controllo capillare sull’economia che i burocrati cinesi hanno faticosamente raggiunto: le criptovalute già prima della pandemia erano utilizzate per aggirare i controlli di Pechino, e questa fuga di capitali di fatto creava i presupposti per una più libera circolazione del capitale, in aperto contrasto alla politica fiscale del governo. Inoltre, è anche chiara la volontà di controllo su un ambito finora ampiamente deregolamentato, che ha portato la Cina ad accelerare l’adozione della propria valuta digitale pienamente centralizzata e quindi a reprimere le valute private che le farebbero competizione.
L’impatto diretto di questa proibizione sarà per ora limitato, dal momento che la Cina da sola ha un’influenza relativa sui mercati delle valute digitali. Tuttavia, la mossa del governo cinese ha creato un precedente che il resto del mondo non sta tardando a seguire.
L’India contro le criptovalute
In India, infatti, dopo un anno in cui già si presagiva l’inasprimento delle sanzioni, la mossa cinese ha convinto anche i più timorosi e a fine anno si è arrivati ad una vera e propria legge volta a proibire sia le transazioni sia il possesso di criptovalute private, mentre si cerca anche qui di creare un quadro di implementazione della valuta digitale ufficiale.
Il mercato delle cripto indiano era esploso dopo una decisione della Corte Suprema che aveva dichiarato una precedente interdizione incostituzionale nel marzo 2020, crescendo di oltre il 600% in un anno e superando i 15 milioni di fruitori nella sola India nel giugno 2021 (secondo una ricerca di Chainalysis). Tuttavia, anche a fronte di investimenti per un valore di 6,6 miliardi di dollari nel Paese, le voci critiche nel governo e nella banca centrale indiana non hanno fatto che intensificarsi: il primo ministro Narendra Modi ha sottolineato come quelli che per molti sono la forza delle cripto, ovvero decentralizzazione e anonimato, siano in realtà elementi molto pericolosi e proni ad essere utilizzati per scopi criminosi, specialmente se queste valute dovessero essere utilizzate su larga scala. Allo stesso modo, la banca centrale ha a più riprese espresso le sue preoccupazioni verso criptovalute private come Bitcoin, Ethereum e altre, citando come problemi primari i rischi per la sicurezza e la stabilità finanziaria della nazione.
La legge, che prevede la criminalizzazione di possesso, emissione, scambio e trasferimento di criptovalute, sarà una delle più severe in materia e ancora più dura di quella cinese, che proibisce il mining e le transazioni ma non il possesso.
Il mondo contro le criptovalute
L’India così facendo si mette in coda a una serie sempre più importante di Paesi che tentano di arginare queste valute che minano il monopolio di conio dello Stato e al contempo proporre delle alternative più “sicure” e centralizzate. Cina e India sono casi eclatanti, ma in realtà molti Stati del Sud-Est asiatico si stanno interrogando su come regolamentare il mercato delle criptovalute e pensano a monete digitali ufficiali. Altri attori internazionali tentano di dare spinte più gentili verso la centralizzazione delle valute digitali, come l’UE che ha in programma un digital euro per il 2025 o gli USA che già stanno implementando un e-dollar, senza proibire in toto le criptovalute ma dando uno spazio sempre maggiore alle alternative. E anche se ogni nazione singolarmente non ha una grande influenza sul mercato enorme, globalizzato e decentralizzato delle criptovalute, un’azione simultanea a livello internazionale contro le cripto può creare i presupposti per un ridimensionamento importante del mercato già di per sé molto volatile.
E’ quindi chiaro che, al netto dell’entusiasmo e delle proposte futuristiche che abbiamo visto nello scorso articolo, è in atto una tendenza globale più ostile che favorevole alle criptovalute, propendendo per una visione più statalista che renda anche questo ambito della trasformazione digitale più regolamentato, sicuro e controllato dai governi e dalle istituzioni bancarie. Ci sono molti che guardano con fiducia a queste regolamentazioni, che potrebbero rendere accessibili a tutti i vantaggi della tecnologia blockchain e delle valute digitali, minimizzando al contempo i rischi distorsivi sull’economia e impedendone un uso spregiudicato o criminale. Tuttavia, anche le valute digitali di Stato hanno dei rischi (che abbiamo elencato in questo articolo), non ultimo il fatto che i governi avrebbero troppo potere sul comportamento economico dei propri cittadini, con scenari non troppo rosei se si pensa a governi autoritari con un tale potere di monitoraggio e controllo sulla popolazione.
L’incubo degli entusiasti delle cripto sta quindi diventando realtà, mentre anche questa frontiera sta venendo pian piano domata dall’intervento statale. Se il cambiamento sarà in meglio o in peggio, i dati attuali non ci permettono di saperlo con certezza. Quel che è certo è che l’atteggiamento verso le cripto sta cambiando nei luoghi di potere, e dovremo prendere sempre più seriamente l’argomento se non vorremo ritrovarci in balia di altri nelle nostre scelte economiche future.
Davide Bertot
IT
Davide Bertot, torinese classe 2000, è fortemente interessato alle relazioni internazionali, alla politica e al management. Attualmente studente di laurea magistrale in European Affairs - Management and Public Affairs presso IEP SciencesPo Paris, collabora con Mondo Internazionale come Caporedattore per le aree tematiche "Economia e Innovazione" e "Ambiente e Sviluppo", contribuisce come autore e EU project manager per altre associazioni ed è volontario presso Croix Rouge SciencesPo. Ragazzo intraprendente, pragmatico, curioso e sempre pronto ad imparare, spera un giorno di poter lavorare nelle istituzioni europee e dare il suo contributo per il miglioramento della società. Studia e lavora con la politica e il management perché crede nell'innovazione, nella capacità delle persone di avere un impatto e nella necessità di parlare dei problemi e lavorare insieme per risolverli.
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Davide Bertot, born in Turin in 2000, is strongly interested in the fields of international relations, politics, and management. Currently a graduate student of European Affairs - Management and Public Affairs at IEP SciencesPo Paris, he works with Mondo Internazionale as Chief Editor for the sections "Economy and Innovation" and "Environment and Development", gives his contribution as writer and EU project manager for other associations, and volunteers at Croix Rouge SciencesPo. Resourceful, pragmatic, curious, and a fast-learner, he hopes one day to work in the European institutions and do his part to improve our society. He studies and works with politics and management because he believes in innovation, in the people's capacity to have an impact, and in the need to acknowledge problems and work together to fix them.