Armi all'Ucraina: una prospettiva legale

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  Matteo Gabutti
  16 maggio 2022
  9 minuti, 29 secondi

Fin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il supporto militare a Kiev è divenuto un tema centrale per i Paesi del blocco occidentale. Finora la NATO ha risposto essenzialmente con la fornitura di armi e di intelligence a sostegno dell’esercito ucraino nel conflitto, senza tuttavia parteciparvi in prima persona. Ciononostante, il Cremlino ha ripetutamente minacciato conseguenze inenarrabili per chiunque interferisca con la sua “operazione militare speciale,” mentre una strategia di distruzione mutua assicurata (MAD), eredità della Guerra Fredda, sembra essere in rispolvero.

In questo clima di tensione, concetti quali neutralità e cobelligeranza vengono spesso usati e abusati per accusare il fronte avversario o difendere il proprio. In tal senso, il diritto internazionale può offrire un barlume di chiarezza. Quali conseguenze legali attendono il supporto occidentale all’Ucraina? I Paesi NATO sono diretti partecipanti al conflitto? E ancora, la Russia è legittimata a ricorrere all’autodifesa contro gli Stati Uniti, l’UE o l’Italia? Questi sono i principali interrogativi a cui cercheremo di rispondere in questo articolo.

Neutralità

La consegna di armi all’Ucraina infrange la neutralità dei Paesi fornitori, segnandone dunque l’entrata in guerra? Come spiegato dal Dr. Michael Schmitt, una tale domanda si basa su una premessa errata. Uno Stato che violi le norme del diritto di neutralità – applicabili solo durante un conflitto armato internazionale (IAC) –, infatti, non diventa ipso facto parte attiva del conflitto.

Stando alle norme delle Convenzioni dell’Aja del 1907, il principio di neutralità prevede la totale astensione di uno Stato da un conflitto, anche riguardo alla fornitura di armi a sostegno di una fazione contro un’altra. Secondo la maggioranza degli esperti, queste regole avrebbero assunto un carattere consuetudinario che le renderebbe vincolanti anche per quei Paesi che non hanno ratificato le Convenzioni. Tuttavia, le consuetudini del diritto internazionale non sono statiche. Al mutare dei loro elementi costitutivi, ovvero la reiterazione di un certo comportamento (usus) e la convinzione che questo sia giuridicamente obbligatorio (opinio iuris), le consuetudini stesse si modificano. Nel nostro caso, l’evoluzione del diritto internazionale avrebbe condotto alla nozione di “neutralità qualificata.”

Sotto questa luce, un Paese neutrale avrebbe diritto a supportare Stati belligeranti che siano vittime di una guerra di aggressione. Questa interpretazione, seppur opinabile, è riconciliabile con il sistema delle Nazioni Unite, poiché prioritizza le decisioni del Consiglio di Sicurezza agente sotto il Capitolo VII dello Statuto dell’ONU rispetto a una cieca e assoluta imparzialità, così che uno Stato possa essere autorizzato a fornire assistenza ad un belligerante senza perdere la propria neutralità. Inoltre, si potrebbe sostenere che il principio di neutralità qualificata valga anche senza l’autorizzazione dell’ONU, seguendo la logica dell’Art. 51 sull’autodifesa, secondo cui tale diritto può essere esercitato autonomamente fino all’intervento del Consiglio di Sicurezza. In tal modo, ci si svincolerebbe dall’attuale cul-de-sac, in cui il Paese quasi unanimemente condannato come aggressore, la Russia, essendo membro permanente del Consiglio, oppone il veto al meccanismo di applicazione del Capitolo VII.

Detto ciò, vi sono alcune forme di assistenza militare che violano il principio di neutralità. Per esempio, fornire il proprio territorio alle truppe di un belligerante come rampa di lancio per attaccare l’avversario – come sta facendo la Bielorussia – difficilmente costituisce un atteggiamento neutrale. D’altro canto, secondo Schmitt e altri, l’assistenza militare finora fornita all’Ucraina, e dunque alla vittima dell’aggressione russa, rientrerebbe nei limiti della neutralità qualificata.

Cobelligeranza

La sola effrazione di tali limiti da parte di uno Stato, in ogni caso, non ne comporterebbe l’entrata in guerra. Per esempio, se dei soldati russi ripiegassero in Moldova e il governo di Chişinău si rifiutasse d'internarli come un Paese neutrale sarebbe tenuto a fare, la Repubblica di Moldavia violerebbe il diritto di neutralità, ma non diverrebbe un cobelligerante a fianco della Federazione Russa. Invece, poiché Minsk si è offerta come base di lancio delle operazioni militari contro Kiev, divenendo così direttamente e consapevolmente coinvolta nei danni inferti all’Ucraina da Mosca, la Bielorussia non solo ha violato il principio di neutralità, ma è anche divenuta parte attiva del conflitto. Lo stesso si direbbe dei Paesi NATO se offrissero le proprie basi all’Ucraina per lanciare attacchi arei contro la Russia.

Pertanto, ciò che renderebbe un Paese un cobelligerante non è una violazione di neutralità in sé, quanto piuttosto le specifiche azioni che sottendono tale violazione. Per essere parte di un IAC (conflitto armato internazionale), dunque, occorrerebbe commettere degli “atti di guerra.” Sempre secondo Schmitt, questi ultimi corrisponderebbero a ogni azione che porti allo scoppio di un IAC, a partire dall’intervento delle forze armate in questioni inter-statali, stando alla soglia relativamente bassa del commentario all’Art. 2 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 – i quattro vangeli del diritto umanitario o ius in bello, ovvero il corpo di norme che regolano i conflitti armati internazionali (IAC) e non-internazionali (NIAC). Perciò, se i Paesi NATO avessero implementato una no-fly zone sull’Ucraina come richiesto da Zelensky, scontrandosi inevitabilmente con l’aviazione russa, sarebbero certamente divenuti parte del conflitto.

Come sottolineato dal Dr. Alexander Wentker, inoltre, non è strettamente necessario che il comportamento di uno Stato possa innescare un nuovo conflitto affinché sia considerato parte di un conflitto già in corso. Se infatti un Paese belligerante e un altro che lo supporti sono sufficientemente coordinati nell’infliggere danni al loro comune avversario, i due possono a tutti gli effetti essere considerati come co-belligeranti. Dunque, se il blocco occidentale fosse direttamente coinvolto nella pianificazione e fornisse un’assistenza essenziale per la realizzazione di specifiche operazioni militari ucraine, lo si potrebbe considerare come parte del conflitto. Ne consegue che la mera fornitura di armi non basti a creare una diretta connessione operativa, necessaria per fare dei Paesi NATO dei cobelligeranti di Kiev.

Ius ad bellum

Se anche la NATO entrasse a far parte del conflitto, i Paesi membri sarebbero tenuti ad agire secondo le norme del diritto umanitario – con tutte le relative conseguenze per l’applicazione di certi diritti umani quali il diritto alla vita –, ma la Russia non potrebbe comunque ricorrere ad un uso legittimo della forza contro di loro. Quest’ultimo non è infatti regolato dalle norme dello ius in bello, ma da quelle dello ius ad bellum.

A tal proposito, il rifornimento di armi ad uno Stato vittima di aggressione, pur rientrando nella giurisdizione dell’Art. 2(4) dello Statuto dell’ONU – espressione della proibizione dell’uso della forza –, difficilmente lo violerebbe. Poiché è stata oggetto di un attacco armato da parte della Russia, infatti, l’Ucraina gode del diritto di legittima difesa, anche nella forma di assistenza con la forza da parte di altri Stati. Come evidenziato dall’Art. 21 degli Articoli sulla Responsabilità dello Stato del 2001, “l’illiceità di un atto è esclusa se l’atto costituisce una misura lecita di legittima difesa.” Dunque, il sostegno dello sforzo bellico ucraino, necessario e proporzionale all’attacco russo, non sembrerebbe violare neanche questa dimensione del diritto internazionale.

In assenza di drammatiche conseguenze legali, pertanto, ciò che preoccupa maggiormente sono le implicazioni politiche dell’invio di armi a Kiev da parte dei Paesi NATO, dalle contestazioni dell’opinione pubblica occidentale alla strumentalizzazione propagandistica che ne fa il Cremlino nell’evocare una nuova inquietante Guerra Fredda.

Fonti consultate per il presente articolo

Bianchi A, ‘L’Italia è Il Quarto Paese Che Ha Fornito Più Aiuti Militari All’Ucraina’ (EuropaToday21 April 2022) <https://europa.today.it/attualita/italia-sostegno-militare-ucraina-armi.html> accessed 13 May 2022

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Cohen J, ‘Ukraine Receives Weapons Support from around the World’ (The Conversation6 May 2022) <https://theconversation.com/ukraine-receives-weapons-support-from-around-the-world-182266> accessed 10 May 2022

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ICRC Commentary of 1960 on the Geneva Convention (III) relative to the Treatment of Prisoners of War 1949

Progetto di Articoli sulla responsabilità dello Stato 2001

Statuto delle Nazioni Unite 1945

V Convenzione dell’Aja 1907 concernente i diritti e i doveri delle Potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra 1907


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L'Autore

Matteo Gabutti

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Matteo Gabutti è uno studente classe 2000 originario della provincia di Torino. Nel capoluogo piemontese ha frequentato il Liceo classico Massimo D'Azeglio, per poi conseguire anche il diploma di scuola superiore statunitense presso la prestigiosa Phillips Academy di Andover (Massachusetts). Dopo aver conseguito la laurea in International Relations and Diplomatic Affairs presso l'Università di Bologna, al momento sta conseguendo il master in International Governance and Diplomacy offerto alla Paris School of International Affairs di SciencesPo. All'interno di Mondo Internazionale ricopre il ruolo di autore per l'area tematica Legge e Società, oltre a contribuire frequentemente alla stesura di articoli per il periodico geopolitico Kosmos.

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Matteo Gabutti is a graduate student born in 2000 in the province of Turin. In the Piedmont capital he has attended Liceo Massimo D'Azeglio, a secondary school specializing in classical studies, after which he also graduated from Phillips Academy Andover (MA), one of the most prestigious preparatory schools in the U.S. After his bachelor's in International Relations and Diplomatic Affairs at the University of Bologna, he is currently pursuing a master's in International Governance and Diplomacy at SciencesPo's Paris School of International Affaris. He works with Mondo Internazionale as an author for the thematic area of Law and Society, and he is a frequent contributor for the geopolitical journal Kosmos.

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